Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12760 del 19/05/2017
Cassazione civile, sez. VI, 19/05/2017, (ud. 11/04/2017, dep.19/05/2017), n. 12760
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 28160-2015 proposto da:
DOBANK S.P.A. con socio unico – C.F. (OMISSIS), P.I. (OMISSIS), in
persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in
ROMA, P.ZA B. CAIROLI 6, presso lo studio dell’avvocato PIERO GUIDO
ALPA, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
M.V., B.I., elettivamente domiciliati in ROMA,
PIAZZA ISTRIA 2, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA
TARANTINO, rappresentati e difesi dall’avvocato CLAUDIO PASQUALE
BRANCATI;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 101/2015 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,
depositata il 10/03/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’11/04/2017 dal Consigliere Dott. FALABELLA MASSIMO;
dato atto che il Collegio ha autorizzato la redazione del
provvedimento in forma semplificata, giusta decreto 14 settembre
2016, n. 136/2016 del Primo Presidente.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte osserva quanto segue.
M.V. e B.I. proponevano opposizione avverso un decreto ingiuntivo che intimava loro il pagamento della somma di Lire 200.375.166: importo preteso dalla Banca di Roma in ragione dello scoperto di due conti correnti.
Il Tribunale di Potenza, nel contraddittorio con il predetto istituto di credito, che si costituiva in giudizio, revocava il decreto ingiuntivo, accertando la nullità di due clausole: quella che quantificava gli interessi mediante rinvio ai c.d. “usi praticati su piazza” e quella che programmava la capitalizzazione trimestrale dei predetti interessi.
La Corte di appello di Potenza, giudicando del gravame proposto dalla banca, nella resistenza di M. e B., rigettava l’impugnazione con sentenza pubblicata il 10 marzo 2015. Per quanto qui rileva, il giudice distrettuale osservava che B.I., pur avendo prestato una garanzia a prima richiesta, ben poteva opporre al creditore la nullità del contratto che regolava il rapporto fondamentale per contrarietà a norme imperative, illiceità della causa o preordinazione dello stesso al conseguimento di un risultato vietato dall’ordinamento; spiegava, dunque, che il divieto di determinare gli interessi attraverso gli “usi praticati su piazza” e quello di pretendere, in mancanza di usi contrari, interessi anatocistici (salvo che per il periodo successivo alla proposizione della domanda giudiziale o in forza di accordo successivo alla scaderiza) erano presieduti da norme impera-tive e che, in conseguenza, la stessa non doveva rispondere del credito azionato da controparte.
Contro tale pronuncia ricorre per cassazione doBank s.p.a. (già Banca di Roma) facendo valere quattro motivi di impugnazione illustrati da memoria. Con controricorso resistono M.V. e B.I..
I motivi sono rubricati come segue.
Primo motivo: nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c.. Si deduce che B.I. non aveva mai proposto una eccezione di nullità delle clausole relative a interessi e capitalizzazione per contrasto con norme imperative e che la stessa non aveva mai dedotto che tale nullità si dovesse comunicare al contratto autonomo di garanzia.
Secondo motivo: nullità della sentenza per violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 2 e per violazione dei principi che presiedono alla distinzione tra eccezioni di merito in senso stretto e eccezioni di merito in senso lato. Si evidenzia, in proposito, che l’eccezione, non essendo rilevabile d’ufficio, non poteva essere sollevata per la prima volta nel giudizio di appello.
Terzo motivo: nullità della sentenza per violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, art. 183 c.p.c., comma 4 e art. 359 c.p.c.. Viene lamentato che, in ogni caso, la questione avrebbe dovuto essere sottoposta previamente al contraddittorio tra le parti.
Quarto motivo: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti. Il mezzo è incentrato sul rilievo per cui i giudici del merito non avrebbero riconosciuto ad essa banca il credito individuato dal consulente tecnico: segnatamente, la Corte di appello – secondo l’istante – non avrebbe preso in esame la censura svolta in tal senso nei confronti della pronuncia del Tribunale.
Avendo il relatore individuato una ipotesi di manifesta infondatezza del ricorso, si è fatto luogo alla fissazione dell’adunanza della Corte per la trattazione della causa in camera di consiglio.
Il Collegio, a norma dell’art. 380 bis c.p.c., comma 3, ritiene che non si ravvisi una evidenza decisoria tale da permettere la definizione del ricorso presso la c.d. sezione filtro, sicchè esso deve essere avviato alla discussione in pubblica udienza presso la sezione tabellarmente competente.
PQM
La Corte rimette la causa alla pubblica udienza della 1^ sezione civile.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 6^ Sezione Civile, il 11 aprile 2017.
Depositata in Cancelleria in 19 maggio 2017