Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1276 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. trib., 22/01/2021, (ud. 18/09/2020, dep. 22/01/2021), n.1276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10475/2012 R.G. proposto da:

Dalilauto s.n.c. di F.M. & c. (C.F. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, F.M. (C.F.

(OMISSIS)) e V.V. (C.F. (OMISSIS)), tutti rappresentati

e difesi dall’avv. Tullio Elefante, elettivamente domiciliati presso

il suo studio, in Roma via Cardinal de Luca 10.

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello

Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via

dei Portoghesi 12.

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 189/01/2011 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata il giorno 26 ottobre 2011.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 18

settembre 2020 dal Consigliere Giuseppe Fichera.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Dalilauto s.n.c. di F.M. & c. e i suoi soci F.M. e V.V. impugnarono separatamente gli avvisi di accertamento spiccati dall’Agenzia delle Entrate, in relazione alle maggiori imposte sui redditi ed all’IVA, dovute nell’anno 2004 per effetto di taluni acquisti di beni ritenuti solo fittizi.

Riuniti i ricorsi, le doglianze vennero accolte parzialmente in primo grado, con il riconoscimento della deducibilità dei costi inerenti alle fatture relative ad operazioni soggettivamente inesistenti; l’Agenzia delle Entrate formulò quindi appello principale, mentre la Dalilauto s.n.c. di F.M. & c., F.M. e V.V. proposero quello incidentale innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che con sentenza depositata il 26 ottobre 2011 accolse il gravame principale, respingendo invece l’incidentale.

Avverso la detta sentenza, Dalilauto s.n.c. di F.M. & c., F.M. e V.V. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, mentre l’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in quanto il giudice d’appello ha motivato in maniera insufficiente circa la prova della conoscenza da parte della cessionaria della frode fiscale ordita dalla cedente, basandosi su elementi di prova tratti da una sentenza resa su fattispecie diversa da quella portata al suo esame.

2. Con il secondo motivo deducono ulteriore vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo la commissione tributaria regionale omesso di spiegare perchè le operazioni oggetto di verifica fiscale dovevano ritenersi soggettivamente inesistenti, nonostante fosse pacifico l’avvenuto acquisto delle autovetture e tale attività rientrasse in quella tipica esercitata dalla società ricorrente.

2.1. I primi due motivi, connessi per l’oggetto, possono trovare esame congiunto e sono inammissibili.

Lamentando taluni vizi della motivazione, in realtà, i ricorrenti intendono sottoporre ad un nuovo esame nel merito, inammissibile in sede di legittimità, l’accertamento, cui è giunta la commissione tributaria regionale, in ordine alla conoscenza da parte della società cessionario della frode fiscale ordita dalla cedente Auto Stile s.r.l., tramite soggetti intermediari sostanzialmente inesistenti, valorizzando una serie di circostanze indiziarie, neppure seriamente contestate nei motivi in esame (quali il ridotto prezzo pagato, la natura fittizia degli società, i singolari rapporti telefonici intrattenuti dal legale rappresentante della cessionaria con quello della cedente), compiutamente illustrate nella sentenza impugnata.

2.2. Al contrario, poi, di quanto affermato dai contribuenti, il giudice di appello non ha posto a fondamento della decisione le risultanze probatorie emergenti da altro giudizio – definitosi con sentenza passata in giudicato -, che ha accertato il concorso della società odierna ricorrente in altri atti di frode diversi di quelli per cui è processo, ma ha semplicemente valorizzato, tra gli altri indizi, la circostanza che Dalilauto s.n.c. di F.M. & c. fosse stata, in annualità differenti, partecipe di altre “operazioni fraudolente” (id est le c.d. “frodi carosello”), della stessa natura rispetto a quelle accertate dall’amministrazione finanziaria con gli avvisi qui impugnati.

Nè può sostenersi che almeno uno degli indizi valorizzati dalla sentenza impugnata, sia stato tratto direttamente dagli incartamenti relativi al giudizio surrichiamato, dovendosi invece evidenziare come la circostanza che gli ordinativi effettuati dal legale rappresentante della ricorrente avvenissero solo tramite chiamate telefoniche, risulta ammessa dalla medesima già nel ricorso introduttivo dell’odierno processo (come trascritto a pag. 18 del ricorso per Cassazione: “Effettuare ordini telefonici denota al più, l’urgenza della richiesta ed una fiducia nel fornitore”).

Del resto, è decisivo osservare come sia sempre l’odierna ricorrente a riconoscere che gli avvisi di accertamento oggetto dei due distinti giudizi, pure riferiti ad annualità diverse, sono stati spiccati dall’Agenzia delle Entrate “con le medesime motivazioni e in relazione agli stessi fatti” (così le contrededuzioni depositate in appello, come riportate a pag. 36 del ricorso per Cassazione).

3. Con il terzo motivo lamenta la violazione del D.P.R. 31 ottobre 1986, n. 917, art. 110, poichè la sentenza di merito ha ritenuto indeducibili dai redditi i costi relativi alle operazioni soggettivamente inesistenti, nonostante si trattasse di esborsi effettivamente sostenuti dalla contribuente.

Il motivo è fondato, per le ragioni di cui si dirà.

E’ noto che secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, in tema di imposte sui redditi, ai sensi della L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4-bis, nella formulazione introdotta con il D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, comma 1, convertito con modificazioni dalla L. 26 aprile 2012, n. 44, che opera, in ragione del precedente comma 3, quale jus superveniens con efficacia retroattiva in bonam partem, sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una c.d. “frode carosello”), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell’ipotesi in cui l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo (da ultimo Cass. 12/12/2019, n. 32587; a partire da Cass. 17/12/2014, n. 26461).

Dunque, spetta al giudice di merito vagliare, alla luce della normativa sopravvenuta applicabile retroattivamente, se la contribuente avesse diritto alla deduzione dei costi sostenuti, ancorchè relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti.

4. In definitiva, dichiarati inammissibili i primi due motivi di ricorso ed accolto il terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso, accoglie il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 18 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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