Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12759 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/06/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 26/06/2020), n.12759

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 30390/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

Contro

B.N. (C. F. (OMISSIS)), rappresentata e difesa

dall’Avv. ROBERTO BOCCAGNA, elettivamente domiciliato presso lo

studio dell’Avv. ALESSANDRO GORACCI in Roma, Via R. Cadorna, 13;

– controricorrente –

nei confronti di:

AGENZIA DELLE ENTRATE E RISCOSSIONE ADER (C.F.), in persona del

Direttore pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania, n. 4808/2018 depositata in data 21 maggio 2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 29 gennaio 2020 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

Fatto

RILEVATO

Che:

La contribuente ha impugnato, in qualità di coobbligato e quale amministratore di fatto della società Al.Ce. Trasporti SRL, diversi avvisi di accertamento per IRES, IRAP, IVA relativi agli anni di imposta 2007 – 2011, già presi in carico dal concessionario della riscossione.

La CTP di Caserta ha accolto il ricorso della contribuente e la CTR della Campania, con sentenza in data 21 maggio 2018, ha respinto l’appello dell’Ufficio, ritenendo che non sussistono elementi per ritenere che la contribuente sia amministratore di fatto della Al.Ce. Trasporti SRL, non potendosi equiparare l’attività posta in essere dalla contribuente a quella di un amministratore di diritto.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a due motivi; la contribuente si è costituita con controricorso, l’Agente per la riscossione intimato non si è costituito.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1 – Va rigettata la preliminare eccezione di inammissibilità della controricorrente, essendo stato chiaramente evidenziato dal ricorrente il thema decidendum.

2 – Con il primo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, nella parte in cui la sentenza di appello ha ritenuto che l’Ufficio abbia riproposto gli elementi forniti agli agenti accertatori; deduce il ricorrente come in appello siano stati addotti diversi elementi in fatto che dimostrerebbero la natura di amministratore di fatto della contribuente e osserva che il giudice di appello, da un lato, non avrebbe dato conto della gravità degli elementi indiziari, dall’altro, non avrebbe argomentato in relazione ai singoli motivi di ricorso, ritenendo che non sia evidente l’iter logico seguito dal giudice di appello.

2.1 – Il motivo è infondato. Al riguardo si osserva come, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che possono essere esaminate e si convertono, all’evidenza, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, con conseguente nullità della sentenza – di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940); nel qual caso, la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, presuppone che la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598).

2.2 – Nella specie il giudice di appello, nel confermare la sentenza di primo grado, ha accertato la “totale carenza di elementi oggettivi di riscontro a quanto denunciato dalla Guardia di Finanza, avendo omesso l’Agenzia delle Entrate di produrre in atti ulteriori e nuovi elementi idonei ai pretesi fini”, rilevando “la totale mancanza di univoci e sufficienti elementi probatori in grado di equiparare (…) la presunta attività gestoria posta in essere dall’appellata a quella propria dell’amministratore di diritto”; motivazione dalla quale si evince il percorso logico seguito dal giudice di appello.

2.2 – Nè, del resto, potrebbe procedersi alla conversione del suddetto motivo quale violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, posto che non è stato indicato quale sarebbe stato il fatto storico omesso, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, oggetto di discussione tra le parti, che abbia carattere decisivo, tale che, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).

3 – Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nella parte in cui sono stati ritenuti non fondati i rilievi dell’Ufficio in relazione alla qualifica di amministratore di fatto della contribuente, allegando l’ufficio di avere addotto diversi elementi indiziari, erroneamente valutati dal giudice di appello.

3.1 – Il secondo motivo è inammissibile, condividendosi le osservazioni della controricorrente, in considerazione della circostanza che il motivo impinge nel giudizio in fatto compiuto dal giudice di appello, nella parte ha ritenuto non fornita la prova circa la qualifica di amministratore di fatto della società Al.Ce. Trasporti SRL da parte della contribuente.

3.2 – Il motivo è, comunque, infondato nel merito, posto che la sentenza impugnata ha ritenuto di escludere la sussistenza di un amministratore di fatto i assenza di elementi in grado di equiparare i poteri gestori della contribuente a quelli di un amministratore di diritto, conformemente all’insegnamento di questa Corte, secondo cui l’amministratore di fatto di una società di capitali, pur privo di un’investitura formale, è soggetto che esercita sotto il profilo sostanziale nell’ambito sociale un’influenza con poteri analoghi se non addirittura superiori a quelli spettanti agli amministratori di diritto (Cass. Sez. I, 18 settembre 2017, n. 21567).

4 – Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza in favore del controricorrente; nulla per le spese in relazione alla parte intimata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna l’AGENZIA DELLE ENTRATE al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore di B.N., che liquida in complessivi Euro 22.000,00, oltre 15% spese generali, IVA e CPA.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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