Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12758 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/06/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 26/06/2020), n.12758

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26822/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

contro

P.A. (C.F.) PA.SA.(C.F.);

– intimati –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio,

n. 1050/2018 in data 20 febbraio 2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 29 gennaio 2020 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

Fatto

RILEVATO

Che:

Il contribuente P.A., ex legale rappresentante della PEP SNC di PA.SA. E P.A. ha impugnato, unitamente al terzo PA.SA., un avviso di accertamento relativo a IRAP e IVA per l’anno di imposta 2008 relativamente a società di persone successivamente cancellata dal Registro delle Imprese.

La CTP di Roma ha dichiarato inammissibile il ricorso in quanto avviso di accertamento indirizzato verso una società estinta, osservando, tuttavia, che l’atto impugnato era stato notificato ai contribuenti anche quali soci.

La CTR del Lazio, con sentenza del 20 febbraio 2018, ha dichiarato inammissibile l’appello, osservando che l’avviso di accertamento non poteva essere diretto nei confronti della società, bensì nei confronti dei soci personalmente e, in ogni caso, nei limiti in cui fossero stati distribuiti utili in sede di bilancio finale di liquidazione, circostanza che non è stata nè allegata, nè provata.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a un unico motivo; gli intimati non si sono costituiti in giudizio.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1 – Con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 2291,2312,2495 c.c., nonchè al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 65, comma 4, nella parte in cui la sentenza ha ritenuto che la sentenza fosse stata notificata nei confronti della società e non dei soci; riproduce per specificità sia gli avvisi di accertamento, nella parte in cui gli stessi riportano anche la qualifica di soci dei contribuenti, sia le cartoline di notificazione ai soci. Deduce, inoltre, il ricorrente che, all’esito della cancellazione della società di persone, i soci divengono successori nelle posizioni debitorie della società estinta e che l’avviso di accertamento possa essere notificato ai soci indipendentemente dal riparto nel bilancio finale di liquidazione, costituendo tale elemento mero limite di esigibilità della pretesa del creditore (nella specie, dell’Ufficio).

1.1 – Il ricorso è fondato, posto che all’atto della cancellazione di una società, per i rapporti facenti capo a questa e ancora pendenti dopo la cancellazione dal registro delle imprese si determina un fenomeno successorio in capo ai soci, anche per i debiti non definiti in sede di bilancio finale di liquidazione, nei quali essi succedono ciascuno nei limiti della quota di partecipazione (Cass., Sez. V, 11 giugno 2019, n. 15637; Cass., Sez. I, 4 luglio 2018, n. 17492; Cass., Sez. U., 12 marzo 2013, n. 6070).

1.2 – Fondata è anche la censura in relazione alla sentenza di appello, nella parte in cui ha ritenuto che l’avviso potesse essere diretto contro i soci “nei limiti in cui risultassero distribuiti utili in sede di bilancio finale di liquidazione”, posto che – sulla scorta dell’insegnamento delle Sezioni Unite – “il successore che risponde solo intra vires dei debiti trasmessigli non cessa, per questo, di essere un successore; e se il suaccennato limite di responsabilità dovesse rendere evidente l’inutilità per il creditore di far valere le proprie ragioni nei confronti del socio, ciò si rifletterebbe sul requisito dell’interesse ad agire (ma si tenga presente che il creditore potrebbe avere comunque interesse all’accertamento del proprio diritto, ad esempio in funzione dell’escussione di garanzie) ma non sulla legittimazione passiva del socio medesimo” (per esteso, Cass., Sez. U., 12 marzo 2013, n. 6070).

1.3 – Benchè questo principio sia negato da parte della giurisprudenza successiva che, richiamandosi a Cass., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7676 (precedente la richiamata pronuncia delle Sezioni Unite), afferma che la sussistenza di un residuo attivo di liquidazione sia fatto costitutivo della domanda proposta nei confronti dei soci quali legittimati a contraddire alla domanda proposta nei confronti della società (Cass., Sez. V, 26 giugno 2015, n. 1325ò; Cass., Sez. I, 22 giugno 2017, n. 15474; Cass., Sez. I, 6 dicembre 2019, n. 31933), tale principio è seguito dalla giurisprudenza maggioritaria, secondo cui il limite di responsabilità degli stessi di cui all’art. 2495 c.c. non incide sulla loro legittimazione processuale ma, al più, sull’interesse ad agire dei creditori sociali, interesse che, tuttavia, non è di per sè escluso dalla circostanza che i soci non abbiano partecipato utilmente alla ripartizione finale, potendo, ad esempio, sussistere beni e diritti che, sebbene non ricompresi nel bilancio di liquidazione della società estinta, si siano trasferiti ai soci (Cass., Sez. V, 8 marzo 2017, n. 5988; Cass., Sez. V, 7 aprile 2017, n. 9094; Cass., Sez. V, 16 giugno 2017, n. 15035; Sez. V, 24 gennaio 2018, n. 1713; Cass., Sez. V, 19 aprile 2018, n. 9672; Cass., Sez. VI, 5 giugno 2018, n. 14446; Cass., Sez. V, 16 gennaio 2019, n. 897; Cass., Sez. V, 18 dicembre 2019, n. 33582).

1.3.1 – Tale interpretazione appare condivisibile, posto che, come statuito dalle Sezioni Unite, il creditore potrebbe avere interesse al mero accertamento del diritto e che l’eventuale insussistenza di attivo distribuito potrebbe incidere sulla esigibilità del credito in fase esecutiva.

2 – La sentenza impugnata non si è attenuta a tale principio per cui va cassata, con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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