Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12757 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/06/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 26/06/2020), n.12757

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23080/2018 R.G. proposto da:

F.M. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’Avv. ANGELO

PISANI, elettivamente domiciliato in Milano, Galleria Strasburgo, 2;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, RISCOSSIONE – ADER (C.F. (OMISSIS)), in

persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia, n. 317/2018 in data 26 gennaio 2018;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 29 gennaio 2020 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

Fatto

RILEVATO

che:

Il contribuente ha impugnato alcune intimazioni di pagamento per Irpef, addizionali del periodo 2001 – 2003, nonchè per imposta di registro dell’anno di imposta 2006, deducendo nullità/inesistenza delle notificazioni delle cartelle cui si riferivano gli atti impugnati.

La CTP di Milano ha rigettato il ricorso della contribuente e la CTR della Lombardia, con sentenza in data 26 gennaio 2018, ha rigettato l’appello del contribuente, ritenendo utilizzabili i documenti prodotti, osservando, quanto i documenti prodotti dal Concessionario per la riscossione – per quanto prodotti in copia che non vi fosse stato disconoscimento di conformità all’originale essendovi stata una contestazione “preventiva e generica”, con conseguente utilizzabilità degli stessi; ha, infine, ritenuto il giudice di appello correttamente notificate le cartelle, in forza della produzione dell’avviso di ricevimento.

Propone ricorso per cassazione parte contribuente affidato a quattro motivi; resiste con controricorso l’Agente della Riscossione.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che

1 – Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione di legge in relazione al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 11, per avere la sentenza impugnata ritenuto legittimamente prodotta la documentazione da parte dell’Ufficio, essendosi l’Agenzia della Riscossione avvalsa di avvocati del libero foro, laddove il D.Lgs. cit., art. 11, comma 2, vieta tale possibilità alla suddetta Agenzia nelle cause successive al 1 gennaio 2016, con conseguente inutilizzabilità delle difese svolte.

1.1 – Il primo motivo si presta a una declaratoria di inammissibilità, posto che la questione non risulta tracciata nella sentenza e il ricorrente non ha fornito nel ricorso indicazioni per ritenere, previa riformulazione del motivo stesso come nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., che la questione sia stata affrontata nei precedenti gradi di giudizio, sia avuto riguardo alla possibilità per l’amministrazione di costituirsi tramite difensori del libero foro, sia con riferimento all’effetto giuridico della inutilizzabilità degli atti prodotti in giudizio.

1.2 – Il motivo è, tuttavia, infondato, posto che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 2, si riferisce alla rappresentanza processuale dell’Agente della riscossione, ossia alla capacità e alla legittimazione a stare in giudizio dell’organo che rappresenta l’ente, laddove la difesa tecnica è disciplinata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, successivo art. 12, norma estranea al parametro normativo invocato dal ricorrente. Si osserva come sia principio condiviso da questa Corte quello secondo cui la rappresentanza processuale può essere assunta dal dirigente dell’Ufficio, ovvero da un delegato a sottoscrivere l’atto difensivo (Cass., Sez. V, 14 ottobre 2015, n. 20628), delega, peraltro, la cui esistenza non è contestata nella specie. Parimenti, l’avvalimento di un avvocato del libero foro mediante conferimento di procura alle liti è circostanza meramente organizzativa (Cass., Sez. V, 24 settembre 2015, n. 18936) e consentita nei gradi di merito (Cass., Sez. U., 19 novembre 2019, n. 30008).

In ogni caso, si osserva che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 2, è norma espressamente richiamata dal D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 1, comma 8, convertito dalla L. 1 dicembre 2016 n. 225, laddove prevede che per il patrocinio davanti alle commissioni tributarie continui ad applicarsi il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 2.

2 – Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23 e 32, nonchè violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa valutazione delle difese di merito proposte in appello; deduce il ricorrente l’inutilizzabilità della documentazione prodotta a causa della tardiva costituzione dell’Agenzia, trattandosi di documentazione prodotta oltre il termine di cui al D.Lgs. cit., art. 32, comma 1.

2.1 – Il motivo è infondato, posto che nel processo tributario la violazione del termine previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 23, per la costituzione in giudizio della parte resistente comporta esclusivamente la decadenza dalla facoltà di proporre eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio e di proporre istanza per la chiamata di terzi; sicchè permane il diritto dello stesso resistente di negare i fatti costitutivi dell’avversa pretesa, di contestare l’applicabilità delle norme di diritto invocate e di produrre documenti ai sensi del D.Lgs. cit., artt. 24 e 32 (Cass., Sez. V, 30 gennaio 2019, n. 2585, Cass., Sez. V, 1 aprile 2015, n. 6734, Cass., Sez. V, 28 settembre 2005, n. 18962), in considerazione del fatto che il D.Lgs. cit., art. 32, consente il deposito di documenti nel termine di venti giorni liberi prima della data di trattazione e del fatto che la costituzione in giudizio, come risulta dalla sentenza impugnata, è avvenuta in data 9 luglio 2015, a fronte della trattazione della causa in data 15 luglio 2016.

3 – Con il terzo e pluriarticolato motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 215 c.p.c. ed all’art. 2719 c.c., nonchè violazione dell’art. 112 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che non vi sia stato disconoscimento della documentazione prodotta in copia dal concessionario.

Deduce il ricorrente di avere disconosciuto la documentazione prodotta in copia, con conseguente onere del concessionario di produrre in giudizio gli originali delle relate di notificazione; deduce, inoltre, che l’agente della riscossione avrebbe prodotto fotocopie di relate disgiunte dalle cartelle, laddove vi è onere di provar la notificazione dell’atto nella sua integralità, dimostrando che il plico raccomandato sia relativo al contenuto dell’atto stesso; deduce, infine, come per due delle cartelle di pagamento la notificazione sarebbe stata eseguita al portiere senza la comunicazione di avvenuta notifica (CAN) e come non sia stato rispettato l’ordine di eseguire le ricerche come previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26.

3.1 – Il terzo motivo, sotto il primo profilo, è infondato, posto che non è stata censurata la statuizione della sentenza impugnata, secondo cui la contestazione del contribuente fosse “generica” e “preventiva”. Ne consegue che la mera difesa del contribuente non può costituire rituale disconoscimento ai fini del combinato disposto dell’art. 214 c.p.c. e dell’art. 2719 c.c., stante il fatto che il disconoscimento delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio impone, sotto pena di inefficacia e pur senza vincoli di forma, che la contestazione della conformità delle stesse all’originale venga compiuta mediante una dichiarazione che evidenzi in modo chiaro e univoco sia il documento che si intende contestare (Cass., Sez. I, 27 febbraio 2017, n. 4912), sia gli aspetti differenziali di quello prodotto rispetto all’originale, non essendo invece sufficienti nè il ricorso a clausole di stile nè generiche asserzioni (Cass., Sez. V, 20 giugno 2019, n. 16557; Cass., Sez. V, 19 agosto 2004, n. 16232). In assenza di rituale disconoscimento la copia fotostatica non autenticata si ha, pertanto, per riconosciuta, tanto nella sua conformità all’originale quanto nella scrittura e sottoscrizione (Cass., Sez. VI, 13 giugno 2014, n. 13425).

3.2 – Sotto gli altri profili il motivo è inammissibile, sia in quanto non vi è traccia nè nella sentenza, nè nel ricorso dell’eventuale trattazione di tali questioni, sia in quanto non è stata censurata specificamente l’affermazione compiuta dal giudice di appello, nella parte in cui ha ritenuto correttamente compiuta la notificazione “effettuata direttamente da parte dell’agente della riscossione a mezzo del servizio postale”. Le censure si traducono, pertanto, in un inammissibile nuovo giudizio di fatto circa la corretta esecuzione della notificazione.

3.3 – Il motivo, in ogni caso, è infondato nel merito, posto che qualora la notifica della cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 1, mediante invio diretto da parte del concessionario di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della L. n. 890 del 1982, con modalità semplificata e senza necessità di invio della CAN (Cass., Sez. VI, 13 giugno 2016, n. 12083; Cass., Sez. VI, 12 novembre 2018, n. 28872; Cass., Sez. VI, 10 aprile 2018, n. 10037), come anche del rispetto dell’ordine delle ricerche richiesto dalle norme processuali di diritto comune.

4 – Con il quarto motivo si deduce omesso esame di un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o anche rilevabile di ufficio, deducendo come il giudice di appello non si sia pronunciato sulla questione della prescrizione quinquennale dei tributi erariali, non potendo trasformare la cartella notificata la natura quinquennale della prescrizione dei tributi sottostanti in prescrizione ordinaria, trattandosi di effetto proprio dell’actio iudicati.

4.1 – Il motivo è inammissibile per un triplice ordine di ragioni, in primo luogo non essendo stato formulato secondo le indicazioni dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, mancando l’indicazione del fatto omesso, del luogo processuale in cui il fatto sarebbe stato discusso e della sua decisività, nonchè non redatto nelle forme dell’art. 348-ter c.p.c., comma 5, trattandosi di “doppia conforme” (dovendosi indicare anche le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse: Cass., Sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26774), in secondo luogo in quanto non possono dedursi come omesse valutazioni di fatti storici le questioni di diritto, in terzo luogo in quanto non sono indicati i tributi oggetto di intimazione in cartella che godrebbero della prescrizione quinquennale.

5 – Il ricorso va, pertanto rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna F.M. al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore dell’AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE – ADER, che liquida in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento degli ulteriori importi a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, se dovuti.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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