Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12757 del 06/06/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12757 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: NAPOLITANO LUCIO

SENTENZA

sul ricorso 18171-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

BMD DI ANGELO RAFFAELE BUONO & C. SRL in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA FRANCESCO DE SUPPE 24, presso
lo studio dell’avvocato LAZZARA ANTONIO,
rappresentato e difeso dall’avvocato DI PEDE GIUSEPPE

Data pubblicazione: 06/06/2014

FAUSTO giusta delega a margine;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 60/2007 della COMM.TRIB.REG.
di POTENZA, depositata il 16/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

NAPOLITANO;
udito per il ricorrente l’Avvocato MADDALO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 02/04/2014 dal Consigliere Dott. LUCIO

R.G.N.

Svolgimento del processo
L’Agenzia delle Entrate — Ufficio di Matera — notificò in data 24.12.2004 alla

18171/2008

società BMD di Angelo Raffaele Buono & C. S.r.l., in persona del suo legale
rappresentante pro-tempore, avviso di recupero del credito d’imposta per
investimenti in aree svantaggiate, ex art. 8 della L. n. 388/2000, contestandone

processo verbale di constatazione da parte di funzionari dello stesso Ufficio.
La CTP di Matera, dinanzi alla quale l’atto di recupero fu impugnato dalla
società, accolse il ricorso in relazione al primo motivo d’impugnazione, con il
quale la società aveva dedotto l’insussistenza di uno specifico riferimento
normativo in grado di qualificare l’atto impugnato, l’irritualità della
contestazione e la non diretta impugnabilità dell’atto con riferimento all’art.
19 del D. Lgs. n. 546/1992.
L’appello dell’Ufficio avverso detta pronuncia fu rigettato dalla CTR della
Basilicata, con sentenza n. 60/1/07 depositata il 16 maggio 2007,
sostanzialmente condividendo le ragioni esposte dal giudice di prime cure,
aggiungendo, peraltro, pur ritenendo l’esame nel merito

“superato ed

assorbito dall’annullamento dell’atto per mancata previsione normativa”,che

il credito d’imposta utilizzato in conseguenza della costruzione di locali
ricadenti nella struttura produttiva e ad essa collegati non potesse ritenersi
destinato a finalità estranee all’impresa, né i locali utilizzati promiscuamente
allorquando il fruitore fosse “persona non diversa dall’imprenditore”.
Avverso detta sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione
affidato a tre motivi, al quale la società resiste con controricorso.
Motivi della decisione

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l’indebita utilizzazione per l’anno 2002, sulla base dei rilievi emersi in sede di

1. Devono essere preliminarmente esaminate, in ordine logico, le eccezioni
con le quali la società controricorrente ha dedotto l’inammissibilità del ricorso
per cassazione dell’Amministrazione finanziaria.
1.1. In primo luogo l’inammissibilità del ricorso è stata riferita al vizio di
notifica del ricorso per cassazione, notificato alla società presso la sede della

dott. Domenico Domenichiello, e non al domicilio eletto presso il difensore
nominato nel giudizio d’appello avv. Giuseppe Fausto Di Pede con le
controdeduzioni con le quali la società si era costituita in appello per resistere
al gravame proposto dall’Ufficio.
Osserva la Corte, pur dandosi atto che tale elezione di domicilio non è
indicata dalla sentenza oggetto di ricorso per cassazione, che – anche
assumendo per certo che l’elezione di domicilio sia legittimamente avvenuta,
non potendo porsi a carico della parte eligente alcun onere ulteriore oltre a
quello risultante dal proprio atto di costituzione in giudizio ritualmente
depositato presso la segreteria della CTR (cfr. Cass. civ. sez. V 31 marzo
2006, n. 7646) – la notifica del ricorso per cassazione eseguita presso la sede
della società, non comporta inesistenza della notifica stessa, ma nullità,
suscettibile, quindi, di essere sanata, con effetto ex tunc, dalla rinnovazione
della notifica ai sensi dell’art. 291 c.p.c. (cfr. Cass. civ. sez. unite 22 luglio
2002, n. 10696; Cass. civ. sez. V 27 settembre 2011, n. 19702), senza che
rilevi, quindi, che alla rinnovazione si provveda posteriormente alla scadenza
del termine per impugnare.
Nel caso di specie, ove peraltro la società BMD si è regolarmente costituita, la
nullità deve intendersi sanata in forza del generale principio di cui all’art. 156
30 comma c.p.c., avendo comunque l’atto conseguito il proprio scopo.
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stessa e presso lo studio del difensore costituito nel giudizio di primo grado,

1.2. Del pari va disattesa l’ulteriore eccezione d’inammissibilità del ricorso
formulata dalla società controricorrente.
Quest’ultima eccepisce, infatti, che sulla questione di merito, in punto di
spettanza o meno dell’agevolazione di cui all’art. 8 della L. n. 388/2000, si
sarebbe formato il giudicato interno, per non avere l’Amministrazione, in sede

ordine alle argomentazioni addotte a sostegno dell’ accoglimento del primo
motivo di ricorso formulato dalla società, neppure riproposto, quanto meno a
mezzo di richiamo alla propria difesa nel primo grado di giudizio, le proprie
eccezioni volte a contestare, nel merito, la sussistenza dei presupposti per
l’attribuzione del credito d’imposta.
Premesso che l’eccezione di giudicato interno può essere sollevata per la
prima volta dinanzi al giudice di legittimità, come da indirizzo costante della
giurisprudenza di questa Corte, deve tuttavia rilevarsi che la controricorrente
non ha riportato testualmente la sentenza di primo grado (che non avrebbe
pronunciato sulle questioni di merito in quanto ritenute assorbite) né il ricorso
in appello dell’Amministrazione finanziaria, che non avrebbe riproposto le
questioni, come dovuto, ex art. 56 del D. Lgs. n. 546/1992 e 346 c.p.c., onde
porre la Corte in condizione — giusta il principio di autosufficienza — di potere
valutare la fondatezza o meno dell’eccezione alla stregua del contenuto del
controricorso.
L’eccezione va pertanto disattesa.
2. Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia il vizio di violazione
dell’art. 19 1° comma lett. h) del D. Lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360
1° comma n. 3 c.p.c., censurando come erronea la statuizione in diritto della
sentenza impugnata, nella parte in cui ha affermato che ‘fino allo 01 gennaio
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di appello, con il quale si era limitata a censurare la decisione impugnata in

2005 nella legislazione finanziaria non era prevista assolutamente la
possibilità di formazione di atto c.d. avviso di recupero cosicché ove mai si
fosse verificata la necessità di recuperare un credito d’imposta non spettante
da parte dell’Amministrazione, si sarebbe dovuto procedere mediante il
meccanismo dell’accertamento”, non avendo la CTR considerato che

19 1° comma lett. h) del D. Lgs.. n. 546/1992, comportando esso, di fatto, la
revoca di un’agevolazione di cui la società poteva usufruire in presenza dei
soli requisiti stabiliti dalla legge, e che l’atto, comunque denominato, deve
essere preso in considerazione per quella che è la sua funzione tipica, non
essendovi dubbio che l’espressione “avviso di accertamento del tributo” di
cui alla lettera a) includa tutti gli atti di accertamento, ancorché diversamente
denominati dal legislatore.
2.1. Il motivo è fondato e va accolto.
Questa Corte (cfr. Cass. civ. sez. V 20 dicembre 2013, n. 28543; Cass. civ.
sez. V ord. 7 aprile 2011, n. 8033; Cass. civ. sez. V 3 febbraio 2009, n. 4968)
ha già avuto modo di affermare il principio, cui questo collegio intende dare
continuità, secondo cui “in tema di contenzioso tributario, l’avviso di
recupero del credito d’imposta indebitamente compensato, oltre ad avere una
funzione informativa dell’insorgenza del debito tributario, costituisce una
manifestazione della volontà impositiva da parte dello Stato al pari degli
avvisi di accertamento o di liquidazione ed è, come tale, impugnabile dinanzi
alle commissioni tributarie ai sensi dell’art. 19 del D. Lgs. n. 546/1992, anche
se emesso anteriormente all’entrata in vigore della L. 30 dicembre 2004 n.
311, che ha espressamente annoverato l’avviso di recupero quale titolo per la
riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in compensazione”.
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l’impugnabilità dell’atto doveva comunque essere affermata ai sensi dell’art.

L’affermazione in diritto resa dalla sentenza impugnata, come testualmente
riportata sub 2, è dunque erronea, perché, nella fattispecie in esame – nella
quale l’atto denominato come avviso di recupero del credito d’imposta
indebitamente utilizzato, è stato notificato anteriormente all’entrata in vigore
(1.1.2005) della L. n. 311/2004 che, all’art. 1 comma 421, ha espressamente

indebitamente utilizzati in compensazione – disconosce che esso è pur sempre
manifestazione della volontà impositiva da parte dello Stato, che trovava
all’epoca comunque la sua fonte normativa primaria in forza degli artt. 31 e
41 bis del D.P.R. n. 600/1973.
3. Ugualmente è fondato il secondo motivo, con il quale l’Amministrazione
finanziaria denuncia il vizio di violazione dell’art. 40 2° comma del TUIR
(vecchia numerazione, attuale art. 43), in relazione all’art. 360 1° comma n. 3
c.p.c., con riferimento alla statuizione con la quale la sentenza impugnata ha
affermato la legittimità dell’utilizzazione del credito d’imposta per la
costruzione di locali “ricadenti e collegati alla struttura produttiva” che “non

possono ritenersi destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa né
utilizzati promiscuamente allorquando il fruitore sia persona non diversa
dall’imprenditore”, con ciò violando il concetto di strumentalità – cui, assieme
a quello della novità, è legata l’agevolazione in esame – concetto che
presuppone, secondo la richiamata norma del TUIR, per quanto qui interessa,
che possano essere considerati strumentali i soli immobili utilizzati
esclusivamente per l’esercizio dell’impresa commerciale da parte del
possessore.
Non vi è, infatti, nella sentenza impugnata, neppure nella parte narrativa,
alcun riferimento alle circostanze che in fatto hanno determinato, a seguito del
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annoverato l’avviso di recupero quale titolo per la riscossione dei crediti

ESENTE DA REGISTCAZIOlie
26/4/19$6
AI SENSì DR, D
– N.5
N. 131
MATERIA TRIBUTARA
processo verbale di constatazione, l’emissione dell’avviso di recupero,
omissione cui non può, ovviamente supplire, lo sforzo ricostruttivo compiuto
dalla società nel proprio controricorso (pagg. 12 e ss.).
Ciò comporta che, in contrasto con il disposto dell’art. 40 2 ° comma (vecchia
numerazione) del TUIR (attuale art. 43) la sentenza impugnata abbia ritenuto

l’utilizzatore dell’immobile sia persona non diversa dall’imprenditore,
indipendentemente dall’accertamento della destinazione esclusiva
dell’immobile per l’esercizio dell’impresa commerciale da parte del
possessore, soltanto in presenza della quale può essere ritenuta la
strumentalità — per gli effetti di cui all’art. 8 2 ° comma della L. n. 388/2000 —
del nuovo bene all’attività d’impresa.
4. L’accoglimento dei motivi sopra esposti comporta – restando assorbito il
terzo, con il quale la ricorrente ha denunciato il vizio di motivazione
apparente, in violazione dell’art. 132 2 ° comma n. 4 c.p.c. in relazione all’art.
360 1 ° comma n. 4 c.p.c. – la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio
per nuovo esame a diversa sezione della CTR della Basilicata che, attenendosi

in ogni caso sussistente il requisito della strumentalità nel caso in cui

ai principi di diritto innanzi enunciati, provvederà anche in ordine alle spese
DEPOgrATO 44 CANCELLERIA
61U. 314
del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al primo ed al secondo motivo,
dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi
accolti e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, a
diversa sezione della CTR della Basilicata.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 2 aprile 2
er estensore
Il Ct siglier,
,

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