Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12756 del 25/05/2010
Cassazione civile sez. II, 25/05/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 25/05/2010), n.12756
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –
Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –
Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
ASSESSORATO COOPERAZIONE COMMERCIO ARTIGIANATO E PESCA DELLA REGIONE
SICILIA, in persona dell’Assessore pro tempore, rappresentato e
difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui
uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato;
– ricorrente –
contro
COOPERATIVA AGRICOLA VALLE DEL DITTANIO a r.l., in persona del legale
rappresentante pro tempore;
– intimata –
avverso la sentenza del Giudice di pace di Mascalucia n. 421/05,
depositata in data 29 novembre 2005.
Udita, la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
28 gennaio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;
lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LO VOI Francesco, il quale ha chiesto l’accoglimento
del ricorso per manifesta fondatezza dei motivi;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale in
persona del Dott. LECCISI Giampaolo, che si è riportato alle
conclusioni scritte.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata in data 29 novembre 2005, il Giudice di pace di Mascalucia accoglieva l’opposizione proposta dalla Cooperativa Agricola Valle del Dittanio a r.l. avverso l’ordinanza-ingiunzione emessa dall’Assessorato Regionale Cooperazione, Commercio, Artigianato e Pesca della Regione Sicilia n. 75 del 18 aprile 2005, notificata in data 11 maggio 2005 e relativa a un processo verbale di accertamento del 9 marzo 2000.
Il Giudice rilevava che l’ordinanza era stata emessa in violazione del termine stabilito in via generale dalla L. n. 241 del 1990, art. 2, applicabile nel caso di specie posto che la L. n. 689 del 1981, art. 18, non prevede alcun termine per l’adozione dell’ordinanza- ingiunzione.
Per la cassazione di questa sentenza ricorre l’Assessorato Regionale Cooperazione, Commercio, Artigianato e Pesca della Regione Sicilia sulla base di un unico motivo; l’intimata non ha svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, l’Amministrazione ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4.
Dopo aver ricordato che in sede di opposizione la Cooperativa aveva sostenuto tre motivi di opposizione, e precisamente intervenuta prescrizione del diritto di emettere l’ordinanza, mancata audizione del legale rappresentante della Cooperativa e contraddittorietà e illegittimità della motivazione dell’ordinanza, l’Assessorato rileva che il Giudice di pace ha accolto l’opposizione per un motivo – la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 2 – non dedotto dall’opponente e che certamente il medesimo giudice non avrebbe potuto rilevare d’ufficio.
Il ricorso è manifestamente infondato e va pertanto rigettato.
Dalla sentenza impugnata emerge, infatti, che l’opponente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza-ingiunzione opposta deducendo: 1) intervenuta prescrizione; 2) violazione della L. n. 689 del 1981, art. 18 – mancata audizione della parte; 3) contraddittorietà e/o illogicità della motivazione; 4) legittimità del comportamento tenuto dalla Cooperativa Agricola Valle del Dittaino a r.l..
Il Giudice di pace ha rilevato che la violazione è stata accertata il 9 marzo 2000, con verbale notificato alla Cooperativa il successivo 5 giugno, e che l’ordinanza opposta recava la data 18 aprile 2005 ed era stata notificata in data 11 maggio 2005. Ha quindi rilevato in primo luogo che l’ordinanza è stata emessa a ben oltre cinque anni dalla data dell’accertamento, in un momento in cui, cioè, il diritto dell’amministrazione era prescritto ai sensi della L. n. 241 del 1981, art. 28. Ha comunque soggiunto che risultava violato, nel caso di specie, la L. n. 241 del 1981, art. 2, sul rilievo che l’ordinanza avrebbe dovuto essere emessa nel termine di trenta giorni. Orbene, nel mentre tale seconda argomentazione è certamente errata, dal momento che il termine di cui all’art. 2 citato non trova applicazione nel procedimento sanzionatorio disciplinato dalla L. n. 689 del 1981, ed è stata emessa a prescindere da una specifica deduzione dell’opponente, la prima argomentazione – essere cioè l’ordinanza stata emessa ad oltre cinque anni dalla data di accertamento dell’illecito – è corretta e risponde alla specifica deduzione dell’opponente della intervenuta prescrizione dell’illecito.
L’amministrazione ricorrente limita le proprie censure alla pretesa violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., con riferimento alla ritenuta violazione della L. n. 241 del 1990, art. 2, ma trattasi di censura inidonea a scalfire la sentenza impugnata laddove essa ha accertato che l’ordinanza-ingiunzione è stata emessa a distanza di oltre cinque anni dall’illecito, quando il diritto dell’amministrazione era prescritto.
Il ricorso deve quindi essere rigettato.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’intimata svolto attività difensiva.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2010