Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12755 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 13/05/2021, (ud. 09/12/2020, dep. 13/05/2021), n.12755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23262-2019 proposto da:

MASSERIA LA JUVENTUS SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANDREA RUOCCO;

– ricorrente –

contro

PENELOPE SPV, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO DI TORRE ARGENTINA 11,

presso lo studio dell’avvocato DARIO MARTELLA, rappresentata e

difesa dall’avvocato PIETRO REFERZA;

– controricorrente –

contro

INTESA SANPAOLO SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 192/2019 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 21/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MAURO DI

MARZIO.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. – Masseria La Juventus S.r.l. ricorre per un mezzo, nei confronti di Intesa Sanpaolo S.p.A., contro la sentenza del 21 maggio 2019 con cui la Corte d’appello di Campobasso ha respinto il suo appello avverso sentenza del Tribunale di Latino di rigetto della sua domanda volta ad accertare che l’allora Banca dell’Adriatico S.p.A., nel quadro di un rapporto di conto corrente e mutuo ipotecario, aveva percepito interessi anatocistici non dovuti ed usurari, commissioni di massimo scoperto e spese anch’esse non dovute

2. Penelope SPV, società unipersonale a responsabilità limitata,

agendo in veste di cessionaria del credito, ha resistito con controricorso e depositato breve memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. – L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando la sentenza impugnata sull’assunto che essa avrebbe dovuto dichiarare illegittima la pratica degli interessi anatocistici sulle rate di mutuo scadute, non avendo fatto buon uso delle disposizioni previste dalla Delib. CICR del 2000, art. 3 in forza della quale “sui contratti di mutuo non è mai consentita la capitalizzazione degli interessi”. Secondo la società ricorrente, inoltre, la circostanza che la Corte d’appello avesse ritenuto inammissibile, prima che infondato, il motivo di appello non sarebbe rilevante, atteso che la nullità della relativa pratica anatocistica può essere rilevata anche d’ufficio. Ad ogni modo “la Corte d’appello è incorso in errore nel statuirne la inammissibilità, atteso che l’odierna ricorrente ha chiaramente denunciato nell’atto d’appello di legittimità della pratica anatocistica…”.

RITENUTO CHE:

4. – Il ricorso è inammissibile.

Esso, difatti, prescinde dalla ratio decidendi, che pure individua, giacchè, nonostante la consapevolezza della motivazione adottata dalla Corte d’appello, nel ritenere l’appello generico perchè mancante della componente critica volta a censurare la decisione di primo grado, la ricorrente si è limitata a riproporre la propria tesi, secondo cui la banca avrebbe praticato interessi anatocistici non dovuti, ma ha totalmente omesso di spiegare quale fosse la motivazione addotta dal Tribunale a fondamento del rigetto della domanda e quali argomenti critici, tali da soddisfare il requisito di specificità richiesto dall’art. 342 c.p.c., essa società avesse in proposito fatto valere con i motivi d’appello: così da attaccare la ratio decidendi posta a fondamento della sentenza d’appello, che, viceversa, non è neppure sfiorata dal motivo.

Nè rileva alcunchè il principio della rilevabilità d’ufficio della nullità, per l’ovvia ragione che detta nullità il Tribunale, come emerge dalla sentenza impugnata, ha escluso, mentre la Corte d’appello come si è vista ha osservato che detta statuizione non era stata censurata.

E’ in proposito agevole osservare che il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass., 25/02/2004, n. 3741; Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009, n. 18421). In particolare è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass., 10/08/2017, n. 19989).

5. – Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 5.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15/0 ed agli accessori di legge, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

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