Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12755 del 10/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 10/06/2011, (ud. 26/01/2011, dep. 10/06/2011), n.12755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28483-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

M.A.M.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 54/2005 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 14/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/01/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GUIDA, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’agenzia delle entrate impugna la sentenza della CTR della Lombardia, che rigettava l’appello principale ed accoglieva quello incidentale avverso la decisione di primo grado, la quale annullava l’avviso di rettifica e liquidazione circa la maggiore imposta pretesa nei confronti di M.A.M.A. relativamente alla successione al padre, per quote di partecipazione e crediti infruttiferi, sul presupposto che si trattava di dichiarazione basata sul conto economico, come riconosciuto su ciò dall’ufficio stesso, nonchè di crediti aventi quella natura. A sostegno del gravame essa adduce un unico motivo, che si articola in due argomentazioni, mentre il contribuente non svolge alcuna difesa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, e D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 18, comma 1, lett. b) giacchè la CTR non considerava che non poteva delibare la questione relativa ai crediti infruttiferi, in quanto essa riguardava l’imposta principale attinente all’avviso di rettifica e liquidazione, riguardante il valore delle quote di partecipazione nelle società, giusta la precedente dichiarazione di successione, e non invece la denunzia integrativa successiva con cui tali crediti infruttiferi erano stati dichiarati, senza che per gli stessi fosse stata proposta mai alcuna impugnazione, sicchè l’impugnativa doveva riguardare solamente i vizi propri di ogni atto impositivo o esecutivo. Inoltre il secondo giudice non poteva porre le spese del giudizio a carico dell’appellante, atteso che l’appellato era rimasto parzialmente soccombente.

Le censure sono fondate.

A) Per la prima il giudice di appello osservava che l’agenzia faceva acquiescenza alla statuizione relativa alla necessità di considerare il bilancio per la base imponibile delle partecipazioni societarie, mentre invece occorreva l’attualizzazione dei crediti infruttiferi ancora da scadere all’apertura della successione e poneva le spese a carico della soccombente. L’assunto e la statuizione non sono corretti. Invero, come risulta dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso dell’amministrazione, M. non lamentava la mancata attualizzazione dei crediti infruttiferi con l’atto introduttivo, e ciò ovviamente in relazione alla rettifica e liquidazione dell’imposta complementare operate dalla stessa, dovendosi scindere tra imposta principale e l’altra con riferimento alla rettifica inerente ai crediti suindicati non compresi nell’opposizione introduttiva, argomento peraltro di carattere nuovo introdotto in secondo grado, e su cui giustamente il primo giudice non si era pronunciato, per non esserne stato investito.

B) Per la seconda questione relativa alle spese poste sull’appellante, si tratta di doglianza che rimane assorbita dalla prima argomentazione come sopra enunciata.

Ne deriva che il ricorso dell’agenzia va accolto, con la cassazione della sentenza impugnata posto che la causa può essere decisa nel merito, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il conseguente rigetto del ricorso in opposizione del contribuente avverso l’avviso di liquidazione.

Quanto alle spese dell’intero giudizio, sussistono giusti motivi per compensare quelle del doppio grado, mentre quelle inerenti al presente seguono la soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta quello introduttivo; compensa le spese del doppio grado e condanna l’intimato al rimborso delle altre del presente giudizio, liquidate in Euro 4.000,00 (quattromila/00) per onorario, oltre a quelle prenotate a debito; alle generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 giugno 2011

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