Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12754 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/06/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 26/06/2020), n.12754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9474-2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, in persona del Presidente pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

V.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1433/02/2018 della Commissione tributaria

regionale del PIEMONTE, depositata il 20/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/01/2020 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue.

L’Agenzia delle entrate – Riscossione, ricorre per cassazione con due motivi, cui non replica il contribuente, avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la CTR, in parziale riforma della sentenza di primo grado, annullava la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria notificata al contribuente rilevando il difetto di motivazione dell’atto impugnato.

Con il primo motivo, incentrato sul contenuto motivazionale dell’atto impositivo impugnato, la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 77, della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3.

Con il secondo motivo deduce, invece, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, sostenendo che la CTR aveva esaminato ed accolto un’eccezione non riproposta in grado di appello in cui il contribuente appellato non si era costituito in giudizio.

Tale ultimo motivo, da esaminarsi preliminarmente, è fondato e va accolto con conseguente assorbimento del primo.

Pacifica la circostanza (risultante dalla stessa sentenza impugnata) che l’appellato non si è costituito in grado di appello, la CTR non avrebbe potuto prendere in esame, come invece erroneamente ha fatto, le eccezioni che il contribuente aveva proposto con il ricorso originario ma “non considerate dalla Commissione Tributaria Provinciale”, come espressamente si legge a pag. 5 della sentenza impugnata.

Ciò facendo, la CTR ha violato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, secondo cui “Le questioni ed eccezioni non accolte nella sentenza della commissione provinciale, che non sono specificamente riproposte in appello, s’intendono rinunciate”.

Al riguardo questa Corte ha affermato che “Nel processo tributario, l’art. 346 c.p.c., riprodotto, per il giudizio di appello davanti alla commissione tributaria regionale, dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 56, per cui le questioni ed eccezioni dell’appellato non accolte dalla sentenza di primo grado e non espressamente riproposte in appello si intendono rinunciate, si applica anche quando il contribuente”, come nella fattispecie in esame, “non si sia costituito in giudizio, restando contumace, e va riferita a qualsiasi questione proposta dal ricorrente, a condizione che sia suscettibile di essere dedotta come autonomo motivo di ricorso o di impugnazione” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 20062 del 24/09/2014, Rv. 632654 – 01).

E’ noto, peraltro, che, “Nel processo tributario, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, nel prevedere che le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado, e non specificamente riproposte in appello, si intendono rinunciate, fa riferimento, come il corrispondente art. 346 c.p.c., all’appellato e non all’appellante, principale o incidentale che sia, in quanto l’onere dell’espressa riproposizione riguarda, nonostante l’impiego della generica espressione “non accolte”, non le domande o le eccezioni respinte in primo grado, bensì solo quelle su cui il giudice non abbia espressamente pronunciato (ad esempio, perchè ritenute assorbite), non essendo ipotizzabile, in relazione alle domande o eccezioni espressamente respinte, la terza via – riproposizione/rinuncia – rappresentata dal detto D.Lgs., art. 56 e dall’art. 346 c.p.c., rispetto all’unica alternativa possibile dell’impugnazione – principale o incidentale – o dell’acquiescenza, totale o parziale, con relativa formazione di giudicato interno” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14534 del 06/06/2018, Rv. 649002 01).

I giudici di appello non si sono attenuti ai predetti principi giurisprudenziali e conseguentemente va accolto il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, e la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con decisione nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, di rigetto dell’originario ricorso del contribuente, che va condannato al pagamento delle spesse del presente giudizio di legittimità nella misura liquidata in dispositivo, mentre, in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale, vanno integralmente compensate le spese dei gradi di merito.

PQM

accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente che condanna al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, compensando le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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