Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12753 del 06/06/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12753 Anno 2014
Presidente:
Relatore:

SENTENZA
sul ricorso n. 16366/08 proposto da:
Comune di Cona, in persona del suo Sindaco pro tempore
Berto Anna, elettivamente domiciliato in Roma, Via
Confalonieri n. 5, presso lo Studio dell’Avv. Luigi
Manzi, che con l’Avv. Pier Vettor Grimani lo
rappresenta e difende, anche disgiuntamente, giusta
delega a margine del ricorso;

2v1o60Io

ricorrente

contro

Consorzio Maiscoltori Cerealicoltori di Cavarzere Cona
e Chioggia, elettivamente domiciliato in Roma, Viale
Parioli n. 43, presso lo Studio dell’Avv. Francesco
D’Ayala Valva, che con l’Avv. Francesco Moschetti lo

Data pubblicazione: 06/06/2014

rappresenta e difende, anche disgiuntamente, giusta
delega a margine del controricorso;

controricorrente

e sul ricorso n. 19993/08 proposto da:
Consorzio Maiscoltori Cerealicoltori di Cavarzere Cona

Parioli n. 43, presso lo Studio dell’Avv. Francesco
D’Ayala Valva, che con l’Avv. Francesco Moschetti lo
rappresenta e difende, anche disgiuntamente, giusta
delega a margine del controricorso;

– ricorrente incidentale

contro
Comune di Cona, in persona del suo Sindaco pro tempore
Berto Anna, elettivamente domiciliato in Roma, Via
Confalonieri n. 5, presso lo Studio dell’Avv. Luigi
Manzi, che con l’Avv. Pier Vettor Grimani lo
rappresenta e difende, anche disgiuntamente, giusta
delega a margine del ricorso;

– intimato avverso la sentenza n. 17/09/07 della Commissione
Tributaria Regionale del Veneto, depositata 1’8 maggio
2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19 marzo 2014 dal Consigliere Dott.
Ernestino Bruschetta;

2

e Chioggia, elettivamente domiciliato in Roma, Viale

udito l’Avv. Carlo Albini, per il ricorrente;
udito

l’Avv.

Moschetti,

Francesco

per

il

controricorrente e ricorrente incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Federico Sorrentino, che ha concluso per

Fatto

Con l’impugnata sentenza n. 17/09/07, depositata 1’8
maggio 2007, la Commissione Tributaria Regionale del
Veneto, respinto l’appello del Comune di Cona, oltreché
quello incidentale del contribuente Consorzio
Maiscoltori Cerealicoltori di Cavarzere Cona e
Chioggia, confermava

in toto

la sentenza n. 37/05/05

che, in parziale accoglimento del ricorso del
Consorzio, riconosceva sì il diritto al rimborso ICI
relativamente a fabbricati di proprietà dell’ultimo, ma
solo per gli anni successivi al 2000.
A giudizio della CTR, difatti, i fabbricati in parola,
già “ricompresi nel catasto terreni”, in seguito
“classificati nella categoria catastale D/10” il 20
gennaio 2003, erano da considerarsi “certamente
strumentali” all’attività agricola dei consorziati
perché “concorrevano alla formazione del reddito
dominicale assegnato ai terreni dei soci”. Se così non
fosse stato, concludeva sul punto la CTR,
l’assoggettamento a ICI dei ridetti fabbricati avrebbe
dato luogo a una vietata “doppia tassazione”.

3

il rigetto di entrambi i ricorsi.

Dopodiché, la CTR stabiliva che “la richiesta di
rimborso poteva essere considerata tempestiva”
esclusivamente con riferimento agli anni successivi il
2000. E ciò per la ragione che il Consorzio, essendo a
“conoscenza, fin dai primi anni di applicazione ICI,
della ruralità dei fabbricati a sua disposizione”, non

versata avrebbe dovuto tempestivamente chiederne il
rimborso”.
Contro la sentenza della CTR, il Comune di Cona
proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro
motivi.
Il

contribuente resisteva con controricorso, a sua

volta proponendo ricorso incidentale affidato a due
motivi.
Entrambe le parti si avvalevano della facoltà di
depositare memoria.
Diritto

1. Il ricorso principale e quello incidentale debbono
essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
2. Con il primo motivo di ricorso, il Comune censurava
la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma l, n. 3,
c.p.c., denunciando, in rubrica, vizio di “Violazione
dell’art. 9, comma 3

bis,

d.l. 30 dicembre 1993, n.

557, convertito in 1. n. 133/94”. A riguardo, il Comune
osservava dapprima che l’art. 42

bis d.l. 1 ottobre

2007, n. 159, conv. in 1. 29 novembre 2007, n. 222,
aveva riscritto l’art. 9, comma 3 bis, d.l. 30 dicembre
1993, n. 557, conv. in 1. 26 febbraio 1994, n. 133, nel

4

avrebbe dovuto “versare l’imposta oppure una volta

senso di considerare rurali le costruzioni strumentali
allo svolgimento delle attività agricola di cui
all’art. 2135 c.c., tra le quali attività erano
espressamente indicate, alla lett. i), pure quelle di
conservazione, manipolazione, trasformazione e
commercializzazione di prodotti agricoli “anche se

qui, il ricorrente Comune ricavava l’illazione per cui
solo dal 2007 i fabbricati consortili

sub

ludIce,

appunto dedicati alla conservazione, manipolazione ecc.
di mais e cereali dei soci, potevano ritenersi esenti
ICI. Del resto, aggiungeva il Comune, l’interpretazione
proposta era da ritenersi confermata anche dall’art. 2,
comma 4, 1. 24 dicembre 2007, n. 244, per cui
“soggetti destinatari” del riscritto art. 9, comma 3
bis,

d.l. n. 557 cit., come ad es. il contribuente

Consorzio, non erano ammessi alla restituzione dell’ICI
versata anteriormente al 2008. Il quesito sottoposto
era: “Se è vero (come è vero) che il fabbricato
utilizzato da un consorzio, società per azioni a
mutualità prevalente, rientrante tra i soggetti che
producono reddito d’impresa non può essere considerato
strumentale ad una attività agricola di cui all’art. 29
(ora 32) TUIR, bensì strumentale ad una attività
d’impresa e quindi non può essere qualificato come
edificio rurale ex art. 9, comma 3 bis, d.l. n. 557 del
1993, conv. in l. n. 133/94, modificato dal d.p.r. n.
139/1998, vigente
luce dello ius

ratione temporis

e ciò anche alla

superveniens rinvenibile nel combinato

5

effettuate da cooperative e loro consorzi”. E, per di

disposto degli art. 42

bis

d.l. n. 159, conv. con

modif. in l. 29 novembre 2007, e dell’art. 2, comma 4,
1. 24 dicembre 2007, n. 244″.
3.

Con il secondo motivo di ricorso, il Comune

censurava la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma l,
n. 3, c.p.c., chiedendo, in rubrica, l'”Applicazione

contenuta nell’art. 2, comma 4, l. 24.12.2007, n. 244″.
A riguardo, il Comune evidenziava che, in ragione della
norma in esponente, che come sopra ricordato vietava il
rimborso ICI per gli anni anteriori al 2008, la CTR
aveva comunque errato nel riconoscere il diritto alla
restituzione, in quanto l’ICI di cui il Consorzio aveva
chiesto la restituzione era quella versata fino al
2004. Il quesito sottoposto era: “Se è vero (come è
vero) che l’art. 2, comma 4, 1. n. 244/07 si applica
anche alle controversie in corso, per cui non è mai
stata ammessa la restituzione di somme eventualmente
versate a titolo di imposta comunale sugli immobili ai
comuni, per periodi d’imposta precedenti al 2008 dai
soggetti destinatari delle disposizioni di cui alla
lett. i) del coma 3 bis dell’art. 9 d.l. 30 dicembre,
n. 557, conv. con modif. in 1. 26 febbraio 1994, n.
133, introdotta dall’art. 42 bis d.l. l ottobre 2007,
n. 159, conv. con modif. in 1. 29 settembre 2007, n.
222, in relazione alle costruzioni di cui alla medesima
lett. i)”.
4. Con il terzo motivo di ricorso, il Comune censurava
la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma l, n. 3 e 5,

6

nella fattispecie in esame della norma sopravvenuta

c.p.c., denunciando, in rubrica, vizio di “Violazione e
falsa applicazione degli artt. l, 2, 5 e 7 d.lgs. n.
504 e degli art. 13, 95, e 113 r.d. n. 1572/1931”.
Questo perché, deduceva il Comune, sulla scorta delle
norme in esponente, trattandosi di una patrimoniale,
l’iscrizione o l’iscrivibilità dei fabbricati in

il presupposto impositivo, con un’eccezionale
esclusione dei fabbricati esenti di cui all’art. 7
d.lgs. n. 504 cit., a nulla rilevando il carattere
strumentale all’attività agricola e senza che questo
“IC04 441,9•44
avesse comportato una vietata doppiai” dei terreni
agricoli dei soci. Era sottoposto il seguente complesso
quesito: “- Se è corretto (come è corretto) affermare
che in assenza di una disposizione agevolativa ad hoc,
tutti i fabbricati, a qualsiasi uso destinati, iscritti
o iscrivibili in catasto, ad eccezione di quelli
richiamati dall’art. 7 d.lgs. n. 504/92, devono essere
assoggettati all’imposta comunale sugli immobili; per
cui debbono considerarsi inapplicabili in materia di
ICI le altre disposizioni tributarie previste in favore
dei fabbricati rurali e delle cooperative; – se è vero
(come è vero) che il reddito catastale dei fabbricati
rurali non influenza

(ex r.d. n. 1572/1931) il reddito

domenicale dei terreni cui è asservito e quindi non è
corretto affermare che la tassazione del fabbricato
porterebbe ad una duplicazione dell’imposta essendo già
colpito dalla tassazione il terreno cui l’edificio è
asservito; – se è vero (come è vero) che qualora il

7

catasto sarebbe stata da sola sufficiente a realizzare

fabbricato (ancorché rurale) sia di proprietà di un
soggetto diverso rispetto ai possessori dei terreni
agricoli non può verificarsi una duplicazione
dell’imposta comunale”.
5. I motivi che precedono, dipendendo tutti dalla
soluzione delle medesime questioni, possono essere

infondati.
La CTR, come si è dato conto in narrativa, ha senza
contestazioni affermato che i fabbricati in questione
erano stati accatastati in D/10. Il fatto è importante
perché le sezioni unite di questa Corte hanno già avuto
occasione di chiarire che, in ipotesi di iscrizione di
fabbricati in D/10, il carattere rurale degli stessi
non può esser rimesso in discussione: “Il più recente
di questi interventi legislativi è rappresentato dal
d.l. n. 207 del 2008, art. 23, comma l bis, convertito
con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, che recita:
«Ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000,
n. 212, art. 1, comma 2, il D.lgs. 30 dicembre 1992, n.
504, art. 2, comma 1, lett. a), deve intendersi nel
senso che non si considerano fabbricati le unità
immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto
fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di
ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art.
9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio
1994, n. 133, e successive modificazioni>>. La norma,
mediante il richiamo alla L. n. 212 del 2000, art. 1,
comma 2, è dichiarata espressamente disposizione di

8

trattati congiuntamente. I detti riuniti motivi sono

interpretazione autentica ed è quindi applicabile
retroattivamente: invero, secondo l’orientamento già
espresso da queste Sezioni Unite, la qualificazione di
una disposizione di legge come norma di interpretazione
autentica – al di là del carattere effettivamente
interpretativo della previsione – esprime univocamente

significato a precedenti disposizioni di pari grado,
così da far regolare dalla nuova norma fattispecie
sorte anteriormente alla sua entrata in vigore,
dovendosi escludere, in applicazione del canone
ermeneutico che impone all’interprete di attribuire un
senso a tutti gli enunciati del precetto legislativo,
che la disposizione possa essere intesa come diretta ad
imporre una determinata disciplina solo per il futuro
(Cass. S.U. n. 9941 del 2009). Si tratta in ogni caso
di una norma che ha effettivamente carattere
interpretativo intervenendo su una materia oggetto di
differenziati orientamenti interpretativi, sia in
giurisprudenza

che

in

dottrina,

per

chiarire

definitivamente, dopo tante incertezze, che i
fabbricati rurali non sono soggetti ad ICI: e lo fa
colmando una lacuna avvertita da tutti gli interpreti,
stabilendo cioè un diretto collegamento tra
riconoscimento della ruralità e normativa ICI,
definendo il senso della disposizione fondamentale in
materia circa il concetto di fabbricato il cui possesso
è presupposto dell’imposizione. Alla luce di siffatta
disposizione non può più essere mantenuta

9

l’intento del legislatore di imporre un determinato

l’interpretazione
orientamento

di

condivisa

dal

questa

Corte

più
in

recente
ordine

all’applicabilità dell’ICI ai fabbricati rurali,
secondo il quale, in tema di imposta comunale sugli
immobili (ICI), il requisito della «ruralità>> del
fabbricato, ai fini del trattamento agevolato, non

produce effetti solo ai fini dell’accatastamento e
dell’eventuale attribuzione della rendita, poiché
l’iscrizione nel catasto dei fabbricati e
l’attribuzione della rendita costituiscono presupposti
(contestabili unicamente nei confronti dell’organo
preposto alle relative operazioni e non nei confronti
del comune) necessari e sufficienti ai fini
dell’assoggettamento dell’immobile all’imposta stessa,
senza che possano indurre a diversa conclusione il D.L.
30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, (convertito in L. 26
febbraio 1994, n. 133) e le successive modifiche ed
integrazioni di cui al D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139, e
al D.L. l ottobre 2007, n. 159, (convertito in L. 29
novembre 2007, n. 222), che hanno influito sui criteri
della classificazione catastale e dell’attribuzione
della rendita, ma non hanno determinato la non
assoggettabilità all’ICI del fabbricato qualificato
come rurale (Cass. n. 15321 del 2008, in senso conforme
Cass. n. 20532 del 2008). Tuttavia, lo ius supervenlens
in qualche misura valorizza la scelta esegetica
compiuta dal ricordato orientamento giurisprudenziale,
portando l’attenzione sulla decisività della

10

esclude l’assoggettamento del medesimo all’imposta, ma

classificazione catastale come elemento determinante
per escludere (o per affermare) l’assoggettabilità ad
ICI di un <>. La norma interpretativa
sostanzialmente conferma che la <> del
fabbricato direttamente e immediatamente rileva ai fini
della relativa classificazione catastale, ma ricollega

<>
dalla (stessa) <> di <>
(ai fini ICI): le disposizioni di cui al D.L. n. 557
del 1993, art. 9, (convertito dalla L. n. 133 del
1994), e successive modificazioni, giocano, quindi, il
loro ruolo, peraltro in perfetta coerenza con la

ratio

e persino con lo stesso titolo assegnato alla norma dal
legislatore (<>),
nella determinazione della categoria catastale nella
quale il <> è classificabile, con la
conseguenza che il fabbricato che sia stato
classificato <>, con attribuzione della
relativa categoria, perché in possesso dei requisiti
indicati dalla richiamata norma, sarà automaticamente
escluso dall’area di imponibilità ai fini ICI, per
effetto della disposizione di interpretazione autentica
più volte ricordata”. E senza che a ciò possa essere
d’impedimento la circostanza che la proprietà dei
fabbricati sia del consorzio. Secondo le rammentate
sezioni unite, difatti, il carattere rurale degli
immobili prescinde dalla proprietà degli stessi in capo
ai soci coltivatori (Cass. sez. un. n. 18565 del 2009;

11

a questa conseguita classificazione l’esclusione del

Cass. sez. trib. n. 24299 del 2009). Infine, si ricorda
che l’art. 2, coma 4, 1. n. 244 cit., che stabiliva
l’irripetibilità di quanto pagato per ICI dai “soggetti
destinatari” del riscritto art. 9, coma 3 bis, d.l. n.
557 cit., è stato dichiarato incostituzionale (Corte
cost. 22 luglio 2009, n. 227).

la sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 5,
c.p.c., denunziando, in rubrica, vizio di “Violazione e
falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. – insufficiente
motivazione circa un punto decisivo della
controversia”. Secondo il Comune, difatti, la CTR non
aveva pronunciato sull’eccezione per cui, atteso che il
contribuente aveva chiesto il rimborso della totalità
delle somme versate, in mancanza di una specifica
subordinata domanda, non potevasi dichiararsi
rimborsabile soltanto le somme pagate per ICI dopo il
2000. E che, a riguardo, la CTR, “senza motivazione
alcuna”, si era limitata ad affermare che “la richiesta
di rimborso poteva essere considerata tempestiva”
soltanto con riferimento agli anni successivi il 2000.
Dopodiché, il Comune concludeva nel senso che “ai sensi
dell’art. 366 bis si precisa che quanto esposto era già
stato prospettato dall’attuale ricorrente alla CTR
(ultimo motivo d’appello); tuttavia la CTR ha omesso di
indicare il motivo per cui, pur in assenza di una
modifica del

petitum

il giudice tributario può

rettificare, di sua iniziativa, il

quantum chiesto a

rimborso. E’ evidente che se la CTR avesse esaminato

12

6. Con il quarto motivo di ricorso, il Comune censurava

tale questione ed avesse fatto buona applicazione dei
principi sopra richiamati, certamente avrebbe ritenuto
fondato l’appello proposto dal Comune ricorrente”.
Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366
bis

c.p.c. In disparte la circostanza che i vizi

denunciati in rubrica di omessa pronuncia e omessa

all’illustrazione del motivo, laddove unicamente ci si
duole che la CTR non abbia giuridicamente spiegato il
riconoscimento soltanto “parziale” del diritto al
rimborso, manca un vero e proprio quesito di diritto. E
bensì il Comune, si limita appunto a dolersi che la CTR
non abbia motivato in diritto la statuizione di
accoglimento parziale del ricorso, senza però chiedere
l’affermazione di una specifica regula iurís.

Ciò che

rende assolutamente incerto ogni tipo di intervento
nomofilattico, anche nella considerazione che, come
noto, quando la pronuncia sia in diritto esatta, la
mancata o sbagliata motivazione giuridica fatta dal
giudice

a quo è

irrilevante, perché in tal caso la

Corte ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c. deve
semplicemente sostituire o correggere la detta
motivazione giuridica (Cass. sez. trib. n. 5123 del
2012; Cass. sez. trib. n. 1714 del 2007).
7.

Devesi

ora

passare

all’esame

del

ricorso

incidentale, il cui primo complesso motivo risulta
peraltro assorbito essendo condizionato
all’accoglimento del ricorso principale in punto di
debenza dell’ICI.

13

motivazione circa un fatto decisivo, non corrispondono

8.

Invece,

con il secondo motivo del ricorso

incidentale, il contribuente censurava la sentenza ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., esponendo,
in rubrica, “Con riguardo al convincimento della CTR
che ha escluso il rimborso delle somme versate a titolo
di ICI prima del triennio decorrente dalla domanda di

del decreto ICI, anche in relazione all’art. 10, comma
l, 1. 27 luglio 2000, n. 212”. Questo perché, spiegava
il contribuente, soltanto dopo la classificazione
catastale in D/10, quando cioè vi era stata conferma
della ruralità dei fabbricati, s’era potuto esercitare
con cognizione di causa la domanda di rimborso ICI. E,
di qui, la conclusione che nessuna decadenza poteva
esser comminata in ordine al diritto al rimborso. Il
quesito sottoposto era: “Affermare che laddove il
rimborso ICI derivi dalla natura rurale del fabbricato
ex art. 9 d.l. 557/93 e detto fabbricato, come nella
specie, risulti originariamente denunciato al catasto
terreni

e

il

contribuente

abbia

chiesto

l’accatastamento al catasto fabbricati, versando medio
tempore

l’ICI, in tale situazione il momento di

definitivo accertamento del diritto alla restituzione,
previsto dall’art. 13 Decreto ICI, corrisponde a quello
in cui sia avvenuta la classificazione catastale
dell’immobile con relativa attribuzione di rendita”.
Il motivo è infondato.
Questa Corte – che pur prende atto dell’orientamento
recentemente manifestato da Cass. sez. trib. n. 17951

14

rimborso: Violazione e falsa applicazione dell’art. 13

del 2012, per cui “In tema di ICI, il termine di
decadenza dal diritto al rimborso delle somme versate e
non dovute, fissato in tre anni dal giorno del
pagamento o da quello in cui è stato definitivamente
accertato il diritto alla restituzione, decorre dalla
data dell’attribuzione della rendita, ma i relativi

attribuzione, in quanto, una volta che questa istanza
sia stata presentata, il contribuente ha fatto quanto
era da lui esigibile, sicché deve solo attendere che
l’Ufficio faccia la sua parte, né la somma da pagare
può dipendere dal caso o dal ritardo più o meno
colpevole dell’Amministrazione” – intende tuttavia dare
continuità a quanto convincentemente stabilito dalle
Sezioni Unite con sentenza n. 3160 del 2011. Sezioni
Unite che, secondo uno schema logico preferibile, hanno
interpretato l’art. 74, comma l, 1. 21 novembre 2000 n.
342, nel senso dell’impossibilità giuridica di
utilizzare una rendita prima della sua notifica al fine
di individuare la base imponibile dell’IC; con la
conseguenza che, dal momento in cui abbia fatto
richiesta di attribuzione della rendita, il
proprietario diventa titolare di una situazione
giuridica nuova, derivante dall’adesione al sistema
generale della rendita catastale, per cui egli potrà
essere tenuto a pagare una somma maggiore in quanto
intervenga un accertamento in proposito ovvero potrà
aver diritto di pagare una somma minore se abbia fatto
richiesta rimborso entro il termine triennale di cui

15

effetti retroagiscono alla data di richiesta di tale

INIElfnEDAREGITfltknORE
AISENSIDELIIRR.26/44986

all’art.

13

d.lgs.

n.

504,

hil3ITAB.ALL.R.-N.5
MAURAA TRIBUTARIA
ratlone
applicabile

temporis.
9. Nel recente svilupparsi dei richiamati orientamenti
giurisprudenziali, oltreché nella reciproca
soccombenza, debbono essere fatte consistere le ragioni
che inducono la Corte a compensare integralmente le

P.Q.M.

La Corte, riuniti il ricorso principale e quello
incidentale, li respinge entrambi; spese integralmente
compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
giorno 19 marzo 2014

spese del presente.

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