Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12751 del 21/06/2016

Cassazione civile sez. trib., 21/06/2016, (ud. 06/04/2016, dep. 21/06/2016), n.12751

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – rel. Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI FORMIA, in persona del suo Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L. ANGELONI N. 4, presso lo

Studio dell’Avv. FALZONE Francesco;

– ricorrente –

contro

Bajamar S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S.S. PIETRO E PAOLO

N. 50, presso lo Studio dell’Avv. MAURO Vincenzo, rappresentata e

difesa dall’Avv. REALI Stefano, giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 344/40/09 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio sez. staccata di Latina, depositata il 18 giugno

2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6

aprile 2016 dal Consigliere Dott. BRUSCHETTA Ernestino;

udito l’Avv. FALZONE Francesco, per il ricorrente;

udito l’Avv. REALI Stefano, per la controricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con l’impugnata sentenza n. 344/40/09 depositata il 18 giugno 2009 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio sez. staccata di Latina, accolto l’appello proposto da Bajamar S.r.l., in riforma della decisione n. 190/02/06 della Commissione Tributaria Provinciale di Latina che aveva respinto il ricorso promosso dal contribuente avverso l’avviso di liquidazione n. (OMISSIS) emesso dal Comune di Formia in relazione a un immobile destinato a albergo in categoria D. La CTR dichiarava preliminarmente ammissibile l’appello, avendo la contribuente “chiaramente delineato le carenze di motivazione della sentenza di primo grado”. La CTR riteneva poi che la rendita attribuita dall’Agenzia del Territorio il 16 dicembre 1999 non potesse essere applicata “retroattivamente” ai fini della determinazione ICI, questo perchè ai sensi della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 1, le rendite potevano prendere efficacia solo a seguito di notifica, con ciò disattendo la tesi del Comune che considerava invece sufficiente la “preventiva affissione all’Albo pretorio delle singole rendite”, una “preventiva affissione” che peraltro la CTR assieme all’attribuzione della rendita giudicava nemmeno provate sulla scorta dei documenti prodotti in primo grado e nemmeno sulla scorta di quelli prodotti ex novo in secondo grado in quanto inammissibili ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 58, comma 1, e comunque sotto vari profili non concludenti. La CTR riteneva quindi ulteriormente “illegittimo” l’impugnato avviso di liquidazione sia perchè allo stesso non era stata allegata la rendita con la conseguente violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, comma 1, sia perchè il Comune era decaduto causa l’inutile trascorrere del termine previsto dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 11, comma 1, in quanto le numerose proroghe erano intervenute “a scadenza ormai avvenuta” e sia infine perchè “la differenza d’imposta richiesta nell’atto impugnato si basava su valori completamente errati” e tanto che “CPT n. 189/2/2006” aveva ridotto la rendita e “ciò comportava un ulteriore motivo di annullamento dell’atto”.

Il Comune proponeva ricorso per cassazione affidato a sei motivi, avvalendosi altresì della facoltà di depositare memoria.

La contribuente resisteva con controricorso.

Diritto

1. Con il quinto motivo di ricorso il Comune censurava la sentenza denunciando in rubrica “Insufficiente e/o contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, deducendo che non era possibile alcun controllo logico circa l’affermazione della CTR per cui “comportava un ulteriore motivo di nullità dell’atto” la circostanza che l’impugnato avviso di liquidazione fosse “basato su valori errati” a causa del fatto che “CPT n. 189/2/2006” aveva ridotto la rendita.

Il motivo – che perchè più liquido si esamina con precedenza e quindi in deroga all’ordine logico giuridico delle questioni da affrontare (Cass. sez. un. n. 9936 del 2014; Cass. sez. 6^ n. 12002 del 2014) – è inammissibile sotto più di un profilo.

E’ in primo luogo inammissibile perchè in violazione dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, non contiene il momento di sintesi del fatto decisivo e controverso che la CTR avrebbe accertato come esistente o inesistente con spiegazione insufficiente o contraddittoria (Cass. sez. 3^ n. 4353 del 2013; Cass. sez. 2^ n. 8355 del 2012).

Il motivo è inoltre inammissibile perchè in realtà con lo stesso non si censura un vizio di motivazione circa l’accertamento di un fatto decisivo e controverso, bensì si censura la insufficiente e contraddittoria motivazione giuridica che la CTR ha adottato per spiegare che l’impugnato avviso di liquidazione doveva essere “annullato” a cagione del fatto inter partes incontestato che “CPT n. 189/2/2006” aveva stabilito una rendita diversa da quella utilizzata dal Comune per determinare l’ICI; sennonchè la insufficiente o errata motivazione giuridica è irrilevante, tanto che ex art. 384 c.p.c., comma 4, la Corte è soltanto tenuta a integrarla o a correggerla quando la decisione è conforme a diritto; e, in realtà, la non corretta interpretazione giuridica può impugnarsi soltanto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e cioè quando dalla stessa deriva una errata applicazione della legge e quindi un error in iudicando (Cass. sez. trib. n. 5123 del 2012; Cass. sez. lav. n. 16640 del 2005).

2. Al rigetto del motivo di ricorso appena sopra, consegue l’inammissibilità dei restanti motivi per mancanza di interesse processuale, atteso che anche se questi ultimi fossero in ipotesi fondati, non potrebbe comunque cassarsi l’impugnata sentenza (Cass. sez. 3^ n. 12372 del 2006; Cass. sez. 1^ n. 20454 del 2005).

3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte respinge il ricorso; condanna il Comune di Formia a rimborsare alla contribuente le spese processuali, queste liquidate in Euro 7.200,00 a titolo di compenso, oltre a spese forfetarie e ad oneri accessori.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2016

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