Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12748 del 25/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 25/05/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 25/05/2010), n.12748

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.L.P., nella qualita’ di erede di P.J.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo

studio dell’avvocato TRALICCI GINA, che la rappresenta e difende,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta mandato in calce

al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2875/2006 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/06/2006 r.g.n. 2996/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2010 dal Consigliere Dott. MORCAVALLO Ulpiano;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 9 aprile 2003 il Tribunale di Roma respingeva la domanda proposta da S.L.P., intesa ad ottenere dall’INPS gli accessori su ratei di pensione erogati in ritardo. La ricorrente proponeva appello dinanzi alla Corte d’appello di Roma e questa, con sentenza del 13 giugno 2006, respingeva il gravame ritenendo verificata la decadenza di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 eccepita dall’Istituto e applicabile anche per gli accessori della prestazione previdenziale.

3. Di questa sentenza la S. domanda la cassazione deducendo due motivi di impugnazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, denunciando violazione o falsa applicazione dell’art. 324 c.p.c., si lamenta che la Corte di merito abbia rilevato la decadenza senza considerare che la relativa eccezione era ormai preclusa dacche’ il giudice di primo grado, nel respingere la domanda per prescrizione del credito, aveva implicitamente escluso la decadenza.

2. Con il secondo motivo, denunciando violazione delle norme in materia di decadenza dall’azione per prestazione previdenziale, si chiede alla Corte, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., di affermare che tale decadenza non vale nei casi in cui l’assicurato domandi gli interessi e la rivalutazione monetaria in relazione a prestazione corrisposta in ritardo.

3. Il primo motivo non e’ fondato.

La decadenza sostanziale dall’azione, per il decorso di determinati termini previsti dalla legge, riguarda non un vizio dell’attivita’ processuale, bensi’ la stessa ammissibilita’ della tutela giurisdizionale; per queste ipotesi, come le Sezioni unite di questa Corte hanno di recente precisato, la prospettiva del giusto processo non appare affatto incompatibile con la rilevabilita’ d’ufficio in ogni stato e grado in deroga ai principi generali della disponibilita’ della tutela giurisdizionale e dell’onere di impugnazione (cfr. Cass., sez. un., n. 26019 del 2008); ne deriva, d’altronde, che non operano ne’ l’onere di contestazione ai sensi dell’art. 416 c.p.c., comma 3, che riguarda solo i fatti materiali costitutivi della pretesa, ne’ l’onere di riproposizione di cui all’art. 346 c.p.c., che riguarda soltanto le domande e le eccezioni in senso stretto.

2. Fondato e’ invece il secondo motivo.

Le Sezioni unite hanno precisato, componendo un contrasto di giurisprudenza insorto nella giurisprudenza di legittimita’, che la decadenza di cui al D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 – come interpretato dal D.L. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6 convertito, con modificazioni, nella L. 1 giugno 1991, n. 166 – non puo’ trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non gia’ il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in se’ considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione gia’ riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente (quali appunto gli interessi e la rivalutazione monetaria), nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale (cfr. Cass., sez. un., n. 12720 del 2009). Tale principio torna applicabile nella specie, poiche’ ai fini della proposizione della domanda giudiziale intesa al riconoscimento del diritto agli accessori non poteva operare la decadenza, che riguarda solo la domanda di prestazione previdenziale, e non gia’ il suo adeguamento per effetto dell’adempimento parziale o inesatto in relazione al mancato riconoscimento degli accessori sui ratei di prestazione corrisposti in ritardo.

3. Va percio’ cassata, in relazione al secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata, che ha erroneamente applicato la decadenza alla domanda di accessori proposta dalla ricorrente; e la causa va rinviata alla stessa Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, perche’ provveda alla definizione della controversia attenendosi al principio sopra enunciato.

4. Lo stesso giudice di rinvio provvedera’ sulle spese del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

PQM

LA CORTE rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 12 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2010

 

 

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