Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12745 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/06/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 26/06/2020), n.12745

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27631-2018 R.G. proposto da:

M.P., rappresentato e difeso, per procura speciale a margine

del ricorso, dall’avv. Massimo AMATO, ed elettivamente domiciliato

in Roma, al viale Pola, n. 9, presso lo studio legale dell’avv.

Domenico SANTONASTASO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2302/25/2018 della Commissione tributaria

regionale della CAMPANIA, depositata il 12/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/01/2020 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

RILEVATO

che:

– in controversia relativa ad impugnazione di tre avvisi di accertamento sintetico, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, comma 4, di maggiori redditi ai fini IRPEF per gli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008 derivanti anche da investimenti in Paesi a fiscalità privilegiata, e di un atto di contestazione per omessa presentazione del quadro RW per gli anni dal 2005 al 2008, il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui replica l’intimata con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la CTR accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, ritenendo applicabile alla fattispecie il termine di accertamento raddoppiato ai sensi del D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 102 del 2009;

– sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 102 del 2009, art. 12, comma 2-bis (introdotto dal D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2010, n. 25), in combinato disposto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20, della L. n. 212 del 2000, art. 3, art. 11 preleggi, nonchè artt. 3,24 e 25 Cost. Sostiene il ricorrente che la disposizione in esame non abbia efficacia retroattiva e quindi sarebbe inapplicabile alla fattispecie.

2. Il motivo è infondato e va rigettato.

3. La natura procedimentale della disposizione censurata (comma 2-bis, come anche del comma 2-ter della citata norma), e la conseguente sua efficacia retroattiva ed applicabilità, quindi, anche ai periodi di imposta precedenti a quello della loro entrata in vigore (30/12/2009), è stata più volte riconosciuta da questa Corte (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 30742 del 28/11/2018, Rv. 651842 – 01; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 29632 del 14/11/2019, Rv. 655916 – 01) secondo cui, a differenza della presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 102 del 2009, in vigore dal 1 luglio 2009, che ha natura sostanziale (sia perchè le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perchè una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione), hanno natura procedimentale e non sostanziale e soggiacciono perciò al principio “tempus regit actum”, con la conseguenza che hanno efficacia retroattiva, le previsioni di cui all’art. 12 cit., commi 2-bis e 2-ter, che raddoppiano, rispettivamente, i termini di decadenza per la notificazione degli avvisi di accertamento basati sulla suddetta presunzione e quelli di decadenza e di prescrizione stabiliti per la notificazione degli atti di contestazione o di irrogazione delle sanzioni per l’omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, sicchè esse si applicano anche per i periodi d’imposta precedenti alla loro entrata in vigore, quando venga in rilievo la sottrazione alla tassazione di redditi esportati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, indipendentemente dalla applicabilità della presunzione legale di cui all’art. 12, comma 2, purchè, come nel caso in esame, l’accertamento sia successivo all’entrata in vigore delle disposizioni in esame.

4. Si è precisato (in Cass. n. 29632/2019 cit.) che “Con riferimento al D.L. n. 78 del 2009 cit., art. 12, comma 2 bis, che prevede il raddoppio dei termini “per l’accertamento basato sulle presunzioni di cui al comma 2”, la disposizione deve essere interpretata nel senso che il raddoppio dei termini opera sia nel caso in cui l’Ufficio, avvalendosi della presunzione legale stabilita dalla citata norma, accerti che la disponibilità finanziaria detenuta nei “paradisi fiscali”, e non dichiarata, è provento di redditi sottratti a tassazione, sia nel caso, equivalente, in cui l’Ufficio, senza ricorrere alla presunzione in oggetto in quanto non applicabile retroattivamente, contesti comunque la medesima fattispecie di sottrazione alla tassazione di redditi esportati in paesi a fiscalità privilegiata, avvalendosi, secondo le regole probatorie ordinarie, di presunzioni semplici, qualificate dalla gravità, precisione e concordanza. Giustifica tale equiparazione la ratio della disciplina palesata dal D.L. n. 167 del 2009, art. 12 comma 1, secondo cui le norme in oggetto sono dirette a dare attuazione ad una intesa tra gli Stati aderenti all’OCSE in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in paesi a regime fiscale privilegiato, fornendo agli Uffici finanziari strumenti più efficaci (quali il raddoppio dei termini per l’accertamento) per contrastare, con o senza l’ausilio della presunzione legale di cui all’art. 12 comma 2, il fenomeno della allocazione nei “paradisi fiscali” delle disponibilità finanziarie formate con redditi sottratti alla tassazione nazionale”.

4.1. “Con riguardo all’art. 12, comma 2 ter, sul raddoppio dei termini di decadenza e di prescrizione stabiliti dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20, per la notifica degli atti di irrogazione delle sanzioni previste in caso di omessa denuncia delle disponibilità finanziarie detenute all’estero, occorre osservare che il maggior lasso temporale concesso al fisco per l’applicazione delle sanzioni non contrasta con il principio generale di irretroattività della norma sanzionatoria stabilito dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 1, posto che l’applicazione “a ritroso” della sanzione, per tutto l’arco temporale consentito dal raddoppio dei termini, sconta comunque il limite della previa esistenza della norma sanzionatoria, come avviene nel caso in esame in cui la sanzione comminata dal D.L. n. 167 del 1990, art. 5, è di gran lunga antecedente alle annualità pregresse passibili di accertamento in forza del raddoppio dei termini, valevole per gli atti di contestazione ed irrogazione di sanzioni notificati dopo l’entrata in vigore della norma in oggetto (…)”

5. In estrema sintesi, il ricorso va rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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