Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12743 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12743 Anno 2015
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: NUZZO LAURENZA

SENTENZA

sul ricorso 3808-2010 proposto da:
DINO CHIAPPINI SRL 01618590481, IN PERSONA DEL LEGALE
RAPP.TE P.T., elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA BORGHESE 3, presso lo studio dell’avvocato
PATRIZIA CRUDETTI, rappresentata e difesa

Data pubblicazione: 19/06/2015

dall’avvocato SERGIO BROZZT;
– ricorrente –

2015
1212

contro

LANDOLFO ALESSANDRO, SARTI LETIZIA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 4426/2008 della CORTE D’APPELLO

/74

di FIRENZE, depositata ilff/ii/200g;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/04/2015 dal Consigliere Dott. LAURENZA
NUZZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

rigetto del ricorso.

Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il

a,

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 5.12.2003 la s.r.l. Dino Chiappini proponeva opposizione avverso il decreto

dolfo Alessandro e Sarti Letizia, il Giudice di Pace di
Firenze aveva ingiunto alla società stessa il pagamento
della somma di € 1.114,90 oltre accessori, a titolo di
corrispettivo per le prestazioni professionali di cui alla
notula tassata dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati.
La opponente eccepiva, fra l’altro, la parziale estinzione
del debito per l’avvenuto pagamento di acconti per complessivi C 13.826,84 ed, in via riconvenzionale, chiedeva
la compensazione con le somme dovute, oltre al risarcimento dei danni per l’attività professionale svolta dagli
opposti. Con sentenza 1° luglio 2004 il Giudice di Pace
respingeva l’opposizione, ritenuto provato il credito oggetto del D.1.; dichiarava la litispendenza in relazione
alla domanda riconvenzionale, avente ad oggetto un coar
trocredito, per effetto della propria incompetenza per valore e la pendenza di detta causa innanzi al Tribunale
di Firenze; dichiarava la propria incompetenza per valore in ordine alla domanda riconvenzionale risarcitoria e
condannava la opponente al pagamento delle ulteriori
spese di lite.
Avverso tale sentenza la Dino Chiappini s.r.l. proponeva

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ingiuntivo n. 4222/03 con cui, su ricorso degli avv.Lan-

appello cui resistevano il Landolfo e la Sarti.
Con sentenza depositata il 19.12.2008 il Tribunale di Firenze respingeva l’appello condannando la società ap-

Osservava il Giudice di Appello che, anche a voler ricondurre la difesa dell’opponente nell’ambito di
un’eccezione riconvenzionale, ex art. 35 c.p.c. anziché
di una domanda riconvenzionale, si trattava, comunque,
di un controcredito non ben specificato e contestato dagli opposti, destinato, quindi, ad essere accertato giudizialmente ed eccedente la competenza per valore del
giudice adito.
Per la cassazione di tale decisione la s.r.l. Dino Chiappini propone ricorso affidato a tre motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
La ricorrente deduce:
1)omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
circa un fatto

controverso e decisivo per il giudizio in

ordine alla qualificazione della difesa svolta dalla Dino
,

Chiappinp s.r.l. sull’avvenuto pagamento

agli avv.ti

Landofo e Sarti di più acconti, per un importo complessivo di E 13.000,00 ed alle relative modalità di imputazione; essendo pacifico tale pagamento non era configurabile alcuna domanda o eccezione riconvenzionale,

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pellante al pagamento delle spese del grado.

trattandosi solo di valutare un fatto estintivo del credito azionato dagli opposti “che non avevano affatto contestato di aver ricevuto alcuni acconti per un certo definito importo”;

2) violazione o falsa applicazione degli artt. 1193 e
1195 c.c., laddove il Giudice di Appello aveva ritenuto
che esattamente il Giudice di Pace aWei5t applicato l’art.
35 c.p.c. sul presupposto che la s.r.l. Dino Chiappini avesse proposto una eccezione riconvenzionale; in particolare, le fatture emesse dagli avv. ti Landolfo e Sarti, a
fronte degli acconti percepiti, non potevano considerarsi
imputate ex art. 1193 e 1195 c.c. in quanto contenevano
una generica imputazione ad “anticipazioni”, senza alcun riferimento alle singole pratiche ed a determinati
crediti. La censura di conclude con il quesito di diritto:
“dica la Suprema Corte se l’emissione di fatture a fronte di acconti con la causale generica di rimborso di non
meglio specificate anticipazioni, senza alcuna indicazione neppure delle singole posizioni per le quali le anticipazioni sarebbero state sostenute, debba qualificarsi o
meno imputazione ai sensi e per gli effetti di cui agli
artt. 1193 e 1195 c.c.”;
3)violazione e falsa applicazione dell’art. 35 c.p.c., avendo il Chiappini sollevata una mera eccezione di pagamento e non di compensazione.

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1/1

A conclusione della doglianza si sottopone alla Corte il
quesito: “se la proposizione di una mera eccezione di
pagamento renda applicabile l’art. 35 c.p.c. in tema di

riconvenzionale”.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile per la totale
assenza del momento di sintesi ex art. 366 bis c.p.c. ,
applicabile “ratione temporis”.
Il motivo di ricorso attinente ad un vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c., deve essere
accompagnato da un momento di sintesi che ne circoscriva i limiti / con l’indicazione riassuntiva della questione controversa e che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo ( Cass. S.U. n.
12339/2010).
La censura,inoltre, è priva del requisito di autosufficienza in quanto non riporta il tenore dell’atto di citazione nel punto in cui sarebbe stata formulata
l’asserita eccezione di pagamento; al riguardo l’art. 366,
primo comma, n. 6 c.p.c., novellato dal d.lgs. n.
40/2006, esige che sia specificato l’atto su cui si fonda
il ricorso, con l’onere per il ricorrente di indicarne il
contenuto, trascrivendolo e riassumendolo (Cass. n.
15628/2009) e di indicare in quale sede processuale il
documento risulti prodotto( Cass. n. 15628/2009).

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spostamento della competenza per effetto dell’eccezione

Quanto al restante profilo delle doglianza va rilevato,
in aderenza alla giurisprudenza di questa Corte, che
l’interpretazione della domanda giudiziale, consistendo

timità e, pertanto, la Corte di cassazione è abilitata
all’espletamento dell’ indagine direttet solo a verificare
se il giudice abbia omesso l’interpretazione della domanda, ma non se l’abbia compiuta ed abbia motivatamente espresso il suo convincimento in ordine all’esito
dell’indagine( Cass. n. 5876/2011).
Nella specie la sentenza impugnata ha affermato che
l’opponente aveva espressamente negato l’imputazione
dei pagamenti, di cui aveva dedotto l’effettuazione, alle
obbligazioni dedotte in giudizio (v. pag. 4 sent. imp.).
La seconda censura è pure inammissibile in quanto
non coglie la “ratio decidendi”, costituita dal non avere
l’opponente proposto una eccezione di pagamento- che
avrebbe posto la questione dell’imputazione- bensì una
domanda o eventualmente un’eccezione di compensazione
e, quindi, si trattava di accertare un altro rapporto ed un
diverso credito da quello fatto valere in sede monitoria .
Il terzo motivo con cui si censura la declaratoria di litispendenza, oltre ad essere assorbita dalla infondatezza
del

ptuém,.

.

motivo, è anch’ess. , priva di fondamento.

Va, infatti,rammentato che in tema di procedimento di

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in un giudizio di fatto, è incensurabile in sede di legit-

opposizione a decreto ingiuntivo dinnanzi al giudice di
Pace, poiché la competenza attribuita dall’art. 645 c.p.c.
all’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha

le ( essendo il giudizio di opposizione assimilabile a
quello di impugnazione), nel caso in cui sia proposta
dall’opponente domanda riconvenzionale eccedente i limiti di valore della competenza del Giudice di Pace,
questi è tenuto a separare le due cause, trattenendo quella relativa all’opposizione e rimettendo l’altra al Tribunale. Correttamente dunque ) il Giudice di Pace ha limita/
to la propria cognizione alla opposizione, essendo funzionalmente competente, rimettendo la causa al Tribunale competente per valore in ordine all’accertamento
del controcredito eccepito in compensazione. ex art. 35
Cass. n. 3870/2014; n. 9769/2001).
In conclusione il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese del giudizio di legittimità, stante il
difetto di attività difensiva da parte degli intimati.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Nulla per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 23.4.2015

emesso il decreto, ha carattere funzionale ed inderogabi-

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