Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1274 del 20/01/2011

Cassazione civile sez. VI, 20/01/2011, (ud. 09/11/2010, dep. 20/01/2011), n.1274

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 22844/2009 proposto da:

S.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato ZAMPINI Giuseppe, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.A.T.A.P. – AUTOSTRADA TORINO – ALESSANDRIA – PIACENZA SPA, in

persona dell’Amministratore delegato e legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MARIA CRISTINA 2,

presso lo studio dell’avvocato RESTA Donella, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ARMOSINO MARIA TERESA, giusta delega

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 895/2009 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

15/07/09, depositata il 20/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato Pier Francesco Nuzzi (delega avvocato Resta

Donatella), difensore della controricorrente che si riporta agli

scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che

concorda con la relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Letto il ricorso proposto da S.C. contro la sentenza della Corte d’Appello di Torino pubblicata il 20 luglio 2009 nei confronti della società Autostrada Torino-Alessandria-Piacenza, che ha depositato controricorso;

letta la relazione del Cons. Dott. Curzio, con la quale sono state esposte le ragioni che a parere del relatore rendevano possibile definire il giudizio in Camera di consiglio;

lette le memorie delle parti.

Premesso che in sede di relazione si è rilevato quanto segue;

La Corte d’Appello di Torino ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado aveva respinto la impugnativa del licenziamento dello S. escludendo la sussistenza della giusta causa, ma ritenendo sussistenti gli estremi del giustificato motivo, con conseguente riconoscimento del diritto all’indennità di mancato preavviso.

La Corte e il Tribunale hanno ritenuto sussistenti gli estremi del giustificato motivo nella condotta contestata al ricorrente ed hanno ritenuto proporzionata la sanzione del licenziamento. Premesso che lo S. svolgeva le mansioni di ausiliario alla viabilità, la condotta, ritenuta provata dai giudici, è consistita nel sottrarsi al lavoro, unitamente al suo compagno di equipaggio, per l’intero turno di otto ore, percorrendo avanti e indietro un tratto autostradale chiuso al traffico senza mai ricongiungersi al tratto autostradale operativo aperto al traffico, inserendosi poi sull’autostrada vecchia in corso di chiusura dove lo S. ed il suo collega avevano sostato su di una piazzola laterale per ore, senza avvedersi che nel frattempo venivano conclusi i lavori e veniva integralmente chiuso il tratto, si da dover essere liberati dal personale addetto al cantiere, previa rimozione della barriera di jersey, rimozione che richiedeva circa un’ora di lavoro.

Lo S. propone varie censure, nell’ambito di un unico motivo di ricorso.

Si assume che il fatto addebitato andrebbe ridimensionato, sotto vari profili: in particolare il periodo di tempo sottratto al lavoro sarebbe stato di solo due ore rispetto al turno di otto ore, e lo S. non si sarebbe addormentato durante la sosta nella piazzola.

Si assume che la sentenza avrebbe violato il principio di proporzionalità tra i fatto addebitato e il licenziamento per giustificato motivo.

Si assume che la società avrebbe realizzato una disparità di trattamento tra il ricorrente e i suoi colleghi di lavoro aventi medesime mansioni in casi analoghi.

Sempre all’interno del medesimo, unico, motivo si censura la sentenza per la illegittima mancata ammissione delle prove di parte ricorrente, e la mancata corrispondenza tra quanto richiesto dal ricorrente e quanto motivato dalla Corte d’Appello.

Le censure sono manifestamente infondate.

L’ultime due, attinenti a profili processuali sono formulate in violazione del canone di autosufficienza. Deve in particolare sottolinearsi che detto canone non può dirsi rispettato con la riproposizione meccanica dei capitoli di prova testimoniale effettuata da pag. 5 1 a pag. 61 del ricorso.

Le censure contenute nella prima parte del ricorso, attinenti al ridimensionamento del fatto contestato, alla conseguente rivalutazione della proporzionalità della sanzione del licenziamento per giustificato motivo ed alla presunta disparità di trattamento, attengono, con tutta evidenza, al merito della controversia.

La Corte ha fornito su ciascun punto una motivazione adeguata, coerente e completa. Le censure di insufficienza e di contraddittorietà, formulate nel ricorso, sono aspecifiche e non argomentate.

Quanto dedotto esula pertanto dal giudizio di legittimità e si risolve nella richiesta di una terza, inammissibile, valutazione di merito.

Le osservazioni contenute nella memoria dello S., per quanto diffuse ed analitiche, non superano il rilievo di fondo costituito da fatto che quelle proposte, peraltro in un unico ed indistinto motivo di ricorso, sono questioni attinenti al merito della controversia e quindi, in difetto di specifici vizi di motivazione, che nel caso in esame non si rilevano, esulano dal giudizio di legittimità.

Deve aggiungersi, quanto alla censura relativa alla pretesa disparità di trattamento tra il ricorrente ed altri colleghi che avrebbero posto in essere comportamenti analoghi, che questa Corte è costantemente orientata nel senso della irrilevanza del fatto che inadempienze analoghe commesse da altri dipendenti siano state valutate diversamente dal datore di lavoro. Ciò perchè “solo l’identità delle situazioni potrebbe privare il provvedimento espulsivo delle sua base giustificativa, non potendosi porre a carico del datore di lavoro l’onere di fornire, per ciascun licenziamento, la motivazione del provvedimento adottato, comparata a quelle assunte in fattispecie analoghe” (così la massima di Cass., 8 marzo 2010, n. 5546, cui si rinvia per i precedenti, tutti, tranne uno non condivisibile, orientati in questo senso).

Pertanto il ricorso deve essere rigettato.

Nulla sulle spese, data la tardi vita del controricorso, notificato oltre i termini (ricorso notificato il 22 ottobre 2009, controricorso notificato il 9 dicembre 2009).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2011

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