Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1274 del 19/01/2017


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Cassazione civile, sez. III, 19/01/2017, (ud. 08/07/2016, dep.19/01/2017),  n. 1274

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. DE MARCHI ALBENGO P. G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10010-2014 proposto da:

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO

SIACCI 2/B, presso lo studio dell’avvocato CORRADO DE MARTINI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO SANTAROSSA

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente-

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona della procuratrice speciale

dott. G.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FRANCESCO ORESTANO 21, presso lo studio dell’avvocato FABIO

PONTESILLI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIANCARLO ZANNIER

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 859/2013 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 10/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/07/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato CORRADO DE MARTINI;

udito l’Avvocato GIANCARLO ZANNIER;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10/10/2013 la Corte d’Appello di Trieste, in parziale accoglimento del gravame interposto dal sig. B.R. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Pordenone n. 43/2010, ha ascritto alla esclusiva responsabilità della sig. A.S. il sinistro stradale avvenuto il (OMISSIS) in località (OMISSIS), per l’effetto rideterminando la somma in favore del medesimo liquidata dal giudice di prime cure.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il B. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la compagnia assicuratrice per la r.c.a. società Unipolsai Assicurazioni s.p.a. (già Ugf Assicurazioni s.p.a., già Aurora Assicurazioni s.p.a., già Winthertur Assicurazioni s.p.a.), che ha presentato anche memoria, con documenti.

L’altra intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, nonchè “contraddittorietà della motivazione”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 2 motivo denunzia “violazione e/o falsa applicazione” dell’art. 324 c.p.c., art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 3 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 1223, 1226 e 1227, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il ricorso è inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente fa riferimento a fatti, atti e documenti del giudizio di merito (es., alla sentenza del giudice di prime cure, all'”atto di citazione di appello”, alla comparsa di costituzione e risposta di controparte in sede di gravame, alla espletata prova testimoniale, alla circostanza che “prima del sinistro lavorava come capo cuoco-operaio di 2^ livello presso la Gemeaz Cusin s.r.l., al momento del sinistro effettuava anche diverse ore di straordinario e aveva inoltre la responsabilità delle cucine in occasione di pranzi importanti, banchetti ecc.”, alla CTU) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente (per la parte strettamente d’interesse in questa sede) riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Con particolare riferimento al 1 motivo non può per altro verso sottacersi che, oltre a non risultare nemmeno indicate le norme censurate, a fronte di (generica) denunzia di violazione di legge non risultano invero sviluppati argomenti in diritto con i contenuti richiesti dal combinato disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, essendosi il ricorrente limitato a muovere apodittiche doglianze, sicchè quanto dedotto si risolve nella proposizione in realtà di un “non motivo” (cfr. Cass., 8/7/2014, n. 15475; Cass., 1/10/2012, n. 17318; Cass., 17/1/2012, n. 537).

Deve altresì osservarsi che il vizio di motivazione risulta inammissibilmente dedotto al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), alla cui stregua il vizio di motivazione denunciabile con ricorso per cassazione si sostanzia solamente nell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche l’omesso esame di determinati elementi probatori, essendo sufficiente che come nella specie il fatto sia stato esaminato, senza che sia necessario dare conto di tutte le risultanze probatorie emerse all’esito dell’istruttoria come astrattamente rilevanti (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, da ultimo, Cass., 29/9/2016, n. 19312).

Il vizio di motivazione non conferisce infatti al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio.

Senza sottacersi che nella specie in ogni caso si tratta al più di mero errore materiale, da farsi pertanto se del caso valere come tale.

Quanto al 2^ motivo, deve porsi ulteriormente in rilievo come il ricorrente risulti invero privo d’interesse (tranne che in punto spese) con riferimento alla ivi mossa censura all’esito del pagamento ricevuto dalla società Unipolsai Assicurazioni s.p.a.

In ordine al 3^ motivo, va sotto altro profilo osservato che trattasi di inammissibile censura concernente accertamenti di fatto e volta alla rivalutazione delle prove.

Emerge evidente, a tale stregua, come lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni del ricorrente, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera rispettiva doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecita, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società Unipolsai Assicurazioni s.p.a. (già Ugf Assicurazioni s.p.a., già Aurora Assicurazioni s.p.a., già Winthertur Assicurazioni s.p.a.), seguono la soccombenza.

Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altra intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.600,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre ad accessori come per legge, in favore della controricorrente società Unipolsai Assicurazioni s.p.a. (già Ugf Assicurazioni s.p.a., già Aurora Assicurazioni s.p.a., già Winthertur Assicurazioni s.p.a.).

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2017

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