Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12739 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12739 Anno 2015
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso n. 24694 — 2009 R.G. proposto da:
PINAMONTI GIUSEPPE — c.f. PNMGPP37S29I368R — elettivamente domiciliato in Roma,
alla via XX Settembre, n. 98G, presso lo studio dell’avvocato Guido Buffarini che lo
rappresenta e difende in virtù di procura speciale a margine del ricorso.
RICORRENTE
contro
MONTEVERDE ANTONIO — c.f. MNTNTN39A181368G — MONTEVERDE ANNA — c.f.
MNTNNA48A62I368R — MONTEVERDE PAOLO — c.f. MNTPLA65B061368J — (tutti in
proprio e quali eredi di Iolanda Fontana; Paolo Monteverde altresì quale erede di Adolfo
Monteverde), rappresentati e difesi in virtù di procura speciale a margine del controricorso
dall’avvocato Andrea Vemazza ed elettivamente domiciliati in Roma, al viale Giulio Cesare,
n. 118, presso lo studio dell’avvocato Maria Carla Vecchi.
CONTRORICORRENTI
e
1

Data pubblicazione: 19/06/2015

CAMPORESE MARIA PIA, PARETI GIAN FRANCO, VACCARI MARGHERITA,
MONTEVERDE ROSSELLA, MONTEVERDE MARCO
INTIMATI
Avverso la sentenza n. 1225 dei 30.9/29.10.2008 della corte d’appello di Genova,

dott. Luigi Abete,
Udito l’avvocato Guido Buffarini per il ricorrente,
Uditi l’avvocato Angelo Paone per delega dell’avvocato Andrea Vernazza per i
controricorrenti,
Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Alberto
Celeste, che ha concluso per raccoglimento del quarto motivo e per il rigetto di ogni ulteriore
motivo,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto in data 18.4.1994 Giuseppe Pinamonti citava a comparire innanzi al tribunale di
Chiavari Iolanda Fontana, Margherita Vaccari, Rossella Monteverde, Marco Monteverde,
Adolfo Monteverde, Antonio Monteverde ed Anna Monteverde, quali eredi di Ermenegildo
Monteverde, deceduto in data 1.2.1976.
Esponeva che con scrittura privata in data 20.12.1968 aveva acquistato da Ermenegildo
Monteverde per il prezzo di lire 3.000.000 un terreno con soprastanti fabbricati rurali in
territorio di S. Stefano d’Aveto, riportato in catasto al fol. 18, part. 325; che il venditore si era
impegnato a trasferirgli il cespite, una volta acquisitane a seguito di assegnazione da parte dei
fratelli la piena disponibilità; che era stata altresì concordata la stipula dell’atto pubblico entro
il mese di aprile del 1969; che comunque la scrittura del 20.12.1968 giammai aveva avuto
esecuzione.

2

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 26 marzo 2015 dal consigliere

t

Chiedeva che l’adito giudice condannasse i convenuti a prestare il consenso necessario ai
fini della stipula dell’atto pubblico ovvero che pronunciasse sentenza idonea a trasferirgli il
cespite.
Costituitisi, i convenuti dichiaravano la propria disponibilità ad adempiere la scrittura in

unicamente una porzione della particella n. 325, ossia la parte coltivata ad orto.
Disposte ed espletate una prima ed una seconda c.t.u., con sentenza n. 427/2005 il
tribunale adito accoglieva la domanda dell’attore e dichiarava in dipendenza della scrittura
datata 20.12.1968 Giuseppe Pinamonti proprietario dell’appezzamento di terreno di mq. 220
riportato nel catasto terreni del comune di S. Stefano d’Aveto al fol. 18, pari. 477; condannava
i convenuti Iolanda Fontana, Adolfo Monteverde ed Anna Monteverde a rimborsare all’attore
le spese di lite e poneva a carico dei convenuti le spese di c.t.u..
Interponevano appello Adolfo, Antonio ed Anna Monteverde, in proprio e quali eredi di
Iolanda Fontana, Maria Pia Camporese e Gian Franco Pareti.
Resisteva Giuseppe Pinamonti.
Non si costituivano Margherita Vaccari, Rossella Monteverde e Marco Monteverde
Con sentenza n. 1225 dei 30.9/29.10.2008 la corte d’appello di Genova dichiarava
inammissibile l’intervento di Maria Pia Camporese e di Gian Franco Pareti, dichiarava la
contumacia di Margherita Vaccari, di Rossella Monteverde e di Marco Monteverde,
dichiarava fondato l’appello ed in riforma della sentenza impugnata dichiarava Giuseppe
Pinamonti proprietario dell’appezzamento di terreno individuato con il colore verde nella
planimetria di cui all’allegato n. 8 alla relazione di c.t.u. a firma del geom. Cavallero datata
del 21.10.1996 e con i confini indicati nella relazione di c.t.u. a firma del geom. Crovo datata
3.7.2003; condannava Giuseppe Pinamonti a rimborsare ad Adolfo, Antonio ed Anna
Monteverde le spese del doppio grado ed a farsi carico delle spese di c.t.u..
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data 20.12.1968. Nondimeno deducevano che il loro dante causa si era obbligato a trasferire

Esplicitava la corte di merito che il thema decidendum si specificava nello stabilire se il
bene di cui al punto n. 3) della scrittura in data 20.12.1968, ovvero il cosiddetto “orto”, si
identificasse “con l’attuale mappale 477 o con una porzione dello stesso, segnatamente con
l’area pianeggiante identificata dal c.t.u. geom. Cavallero con il colore verde della planimetria

Esplicitava ancora che, all’enunciato fine, nessuna valenza poteva essere attribuita alla
scrittura autenticata in data 23.4.1974 con cui Ermenegildo Monteverde aveva trasferito alla
“Castello” s.n.c. una porzione della particella 217 ed aveva riservato a sé la porzione residua
poi identificata con la particella n. 477; che invero l’oggetto della scrittura del 20.12.1968 non
poteva essere individuato sulla scorta di elementi reperibili aliunde né al contempo vi era
identità soggettiva tra le parti delle due distinte scritture.
Esplicitava ulteriormente che la identificazione del terreno oggetto della scrittura datata
20.12.1968 con “la parte pianeggiante del più ampio fondo del venditore identificata dal c.t.u.
con il colore verde nell’allegato n. 8 della relazione” (così sentenza pag. 7), appariva priva “di
ogni illogicità, visto che tale porzione del più ampio terreno del Monteverde, oltre ad essere
posta ad una altezza superiore rispetto al resto del fondo (…), risulta (…) anche fisicamente
ben delimitata” (così sentenza d’appello, pag. 7).
Esplicitava infine, in ordine all’asserita anomalia costituita dallo sperone di roccia che si
frapponeva tra l’ “orto” e l’ulteriore proprietà del Pinamonti, ossia con le particelle nn. 324 e
325, che era risultato che la porzione di terreno colorata di verde nella planimetria di cui
all’allegato n. 8 era collegata direttamente con la particella n. 325 attraverso una sia pur
ristretta fascia di terreno.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso Giuseppe Pinamonti; ne ha chiesto sulla scorta
di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di
lite.
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di cui all’allegato n. 8 della relazione tecnica” (così sentenza d’appello, pag. 5).

Antonio, Anna e Paolo Monteverde – tutti in proprio e quali eredi di Iolanda Fontana,
Paolo Monteverde altresì quale erede di Adolfo Monteverde – hanno depositato controricorso;
hanno chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle
spese del giudizio di legittimità.

Monteverde e Marco Monteverde non hanno svolto difese.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
I controricorrenti del pari hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione degli articoli
1362, comma 1, 1366, 1367, 1470 e 1351 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ed omessa
o quantomeno insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della
controversia ex art. 360, n. 5, c.p.c., in tema di interpretazione della volontà dei contraenti ed
individuazione oggetto contratto di compravendita” (così ricorso, pagg. 4 5).

Adduce che la corte di merito non ha in alcun modo provveduto ad “individuare la volontà
dei contraenti utilizzando il dato letterale desumibile dal contratto, (…) primo e più
importante canone ermeneutico” (così ricorso, pag. 6); che invero “l’espressione utilizzata dai
contraenti , se pur peculiare, appare sufficientemente univoca per
individuare l’estensione del c.d. con i confini della relativa particella catastale n. 477
(…), perché lo stato dei luoghi evidenzia come soltanto in tale ipotesi vi possa essere un
sufficiente collegamento fra la particella n. 325 (dove è collocata la cascina del Pinamonte di
cui al punto 1 della scrittura privata di vendita) ed il c.d. , posto che risulta acclarato
che non vi siano confini naturali atti a delimitare logicamente detta area” (così ricorso, pag.
6); che “la sentenza impugnata (…) omette qualsiasi considerazione sulla comune volontà

delle parti, desumibile anche dai successivi atti posti in essere dal venditore, primo fra tutti il
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Gli intimati Maria Pia Camporese, Gian Franco Pareti, Margherita Vaccari, Rossella

frazionamento addì 11.4.1973 (…) dell’originaria particella n. 217 nelle due attualmente
esistenti (la 217 e la 477) di cui una ceduta alla Castello s.n.c. in data 23.4.1974 (…) e l’altra
tenuta per sé, al solo scopo, evidentemente, di trasferirla (…) al ricorrente in adempimento
dell’impegno assunto” (così ricorso, pag. 7); che siffatta omissione manifesta al contempo la

il negozio secondo buona fede e comunque in modo tale da assicurarne la conservazione”
(così ricorso, pagg. 7- 8).
Con il secondo motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione degli articoli
1362, comma 2, 1366, 1367, 1470 e 1351 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ed omessa
o quantomeno insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della
controversia ex art. 360, n. 5, c.p.c., in tema di interpretazione della volontà dei contraenti e
rilevanza del loro comportamento complessivo anche posteriore” (così ricorso, pagg. 8 – 9).
Adduce che, contrariamente a quanto affermato dalla corte di merito, ben si ammette la
possibilità che la determinazione dell’oggetto del contratto, pur soggetto a forma scritta ad
substantiam, avvenga sulla scorta di elementi reperiti aliunde; che, al contempo, è ben
possibile “pervenire ad un’interpretazione della comune volontà delle parti anche dal
comportamento di una sola di esse” (così ricorso, pag. 10) successivo alla stipulazione.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione degli articoli
1362, 1366, 1367, 1470 e 1351 c.c. 61 e ss., 115, 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3,

c.p.c. ed omessa o quantomeno insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto
decisivo della controversia ex art. 360, n. 5, c.p.c., in tema di interpretazione della volontà dei
contraenti e risultanze della c.t.u.” (così ricorso, pag. 12).
Adduce che l’operata identificazione della volontà negoziale di cui alla scrittura in data
20.12.1968 risulta “contraria al contenuto della seconda c.t.u. addì 3.7.2003 redatta dal geom.
Claudio Crovo, incaricato di apporre i termini lapidei sul terreno acquistato dal Sig.
6

violazione delle disposizioni di cui agli artt. 1366 e 1367 c.c., “che impongono di interpretare

Pinamonti” (così ricorso, pag. 13); che la corte di merito ha atteso dunque ad “una lettura non
esaustiva degli atti, in quanto la stessa planimetria allegata alla perizia Cavallero evidenzia la
non ragionevolezza della soluzione adottata, posto che in tal caso l’area di accesso dalla
cascina all’orto risulterebbe obbligata ed invero assai ridotta e disagevole rispetto a quella

Il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono strettamente connessi.
Se ne giustifica, pertanto, la trattazione congiunta.
I motivi in ogni caso non meritano seguito.
Si evidenzia preliminarmente che, in ossequio al canone di cosiddetta auto sufficienza del
ricorso per cassazione, quale positivamente sancito all’art. 366, 10 co., n. 6), c.p.c. (al
riguardo cfr. Cass. 20.1.2006, n. 1113, secondo cui il ricorso per cassazione – in forza del
principio di cosiddetta “autosufficienza” — deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a
costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a
permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed
accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso
giudizio di merito), ben avrebbe dovuto il ricorrente riprodurre più o meno testualmente la

scrittura privata di vendita in data 20.12.1968, il frazionamento in data 11.4.1973 e l’atto per
notar Givri in data 23.4.1974, onde consentire a questa Corte di legittimità il debito vaglio
delle sue prospettazioni.
Si rileva ulteriormente che l’interpretazione del contratto e degli atti di autonomia privata
costituisce un’attività riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità
soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizi di
motivazione, qualora la stessa risulti contraria a logica o incongrua, cioè tale da non
consentire il controllo del procedimento logico seguito per giungere alla decisione.
Su tale scorta si rappresenta quanto segue.
7

fruibile con l’attribuzione dell’intera particella 477″ (così ricorso, pag. 15).

In primo luogo che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella
data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile o la migliore in astratto, sicché, quando
di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non é consentito alla parte, che aveva
proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne

10131).

In secondo luogo che, in tema di interpretazione dei contratti, il comportamento delle parti
successivo alla conclusione del contratto ha rilievo interpretativo solo sussidiario e pertanto
non può tenersene conto quando la volontà effettiva di esse risulti chiara dalla lettura logico letterale dell’atto (cfr. Cass. 29.11.2000, n. 15306).
In terzo luogo che, in tema di interpretazione dei contratti, il comportamento tenuto dalle
parti dopo la sua conclusione, cui attribuisce rilievo ermeneutico il 2° co. dell’art. 1362 c.c., è
solo quello di cui siano stati partecipi entrambi i contraenti, non potendo la comune intenzione
delle parti emergere dall’iniziativa unilaterale di una di esse, corrispondente ai suoi personali
disegni (cfr. Cass. 19.7.2012, n. 12535).
In quarto luogo che, in riferimento ai criteri di ermeneutica dei negozi giuridici, nei
contratti per i quali è prevista la forma scritta ad substantiant (à il caso di specie), la ricerca
della comune intenzione delle parti, effettuabile ove il senso letterale delle parole presenti un
margine di equivocità, deve essere fatta, con riferimento agli elementi essenziali del contratto
(è il caso dì specie), soltanto attingendo alle manifestazioni di volontà contenute nel testo
scritto, mentre non è consentito valutare il comportamento complessivo delle parti, anche
successivo alla stipulazione del contratto, in quanto non può spiegare rilevanza la formazione
del consenso ove non sia stata incorporata nel documento scritto. (cfr. Cass. 5.2.2004, n.
2216; Cass. 4.6.2002, n. 8080).

8

sia stata privilegiata un’altra (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. altresì Cass. 2.5.2006, n.

Si rappresenta per altro verso, con precipuo riferimento alle ragioni addotte con il terzo
motivo, che il ricorrente prospetta, ai fini dell’esegesi della scrittura in data 20.12.1968, una
pretesa migliore e più appagante “lettura” delle risultanze della relazione di c.t.u. a firma del
geom. Claudio Crovo e datata 3.7.2003 nonché della “planimetria allegata alla perizia

In tal guisa il motivo si risolve in pari tempo in una inammissibile istanza di revisione
delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito estranea alla naturaed alle finalità
del giudizio di cassazione (cfr. Cass. 26.3.2010, n. 7394; altresì Cass. sez. lav. 7.6.2005, n.
11789).

Alla luce dei premessi rilievi pertanto l’interpretazione che la corte di merito ha operato
della scrittura privata che Giuseppe Pinamonti ed Ermenegildo Monteverde ebbero a siglare,
risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congrua sul
piano logico – formale.

Con il quarto motivo il ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione degli articoli 91
e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. ed omessa o quantomeno insufficiente e
contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia ex art. 360, n. 5, c.p.c.,
in tema di condanna alle spese di lite” (così ricorso, pag. 16).
Adduce che “la decisione impugnata nel riformare la sentenza di primo grado ha
erroneamente posto a carico del ricorrente le spese di entrambi i gradi di giudizio, mentre,
invece, avrebbe dovuto almeno compensare quelle relative al primo grado, avuto riguardo
all’esito complessivo della lite e comunque al diritto del Pinamonti di essere dichiarato
proprietario del bene indicato al punto 3) della scrittura privata addì 20.12.1968″ (così
ricorso, pag. 16).

Il motivo è immeritevole di seguito.
9

Cavallero” (così ricorso, pag. 15).

Si rimarca in primo luogo che Iolanda Fontana, Adolfo, Antonio ed Anna Monteverde non
ebbero per nulla a disconoscere l’obbligo del loro dante causa di trasferire la porzione della
particella n. 325 coltivata ad orto e, quindi, in questi limiti non ebbero ad opporsi alla
cessione.

secondo grado è datato 30.12.2005/3.1.2006 (cfr. al riguardo controricorso, pag. 6) -rileva il
dettato dell’art. 92 c.p.c. nella formulazione antecedente alla novella di cui alla legge n.
263/2005 (applicabile ai procedimenti instaurati successivamente all’ 1.3.2006) ed, a fortiori,
alla novella di cui alla legge n. 69/2009 (applicabile ai procedimenti instaurati
successivamente al 4.7.2009).

In questo quadro è sufficiente reiterare l’insegnamento di questa Corte secondo cui, in
tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato di legittimità è limitato alla
violazione del principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte
totalmente vittoriosa; pertanto, nella ipotesi di soccombenza reciproca, esula da tale sindacato
e rientra, invece, nei poteri del giudice del merito, la valutazione dell’opportunità di disporre o
meno la compensazione, con la conseguenza che è inammissibile il motivo di ricorso per
cassazione con il quale si contesti il provvedimento del giudice che abbia posto l’onere delle
spese a carico totale della parte pur non totalmente soccombente (cfr. Cass. 11.11.1996, n.
9840).

Il rigetto del ricorso giustifica la condanna del ricorrente al rimborso in favore dei
controricorrenti, Antonio, Anna e Paolo Monteverde, delle spese del grado di legittimità.
La liquidazione segue come da dispositivo.
Maria Pia Camporese, Gian Franco Pareti, Margherita Vaccari, Rossella Monteverde e
Marco Monteverde non hanno svolto difese.
lo

Si rimarca in secondo luogo che nella fattispecie – fattispecie in cui l’atto introduttivo del

Nonostante il rigetto del ricorso, pertanto, nessuna statuizione va nei loro confronti
assunta in ordine alle spese.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti, Antonio

liquidano nel complesso in euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso
forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

Monteverde, Anna Monteverde e Paolo Monteverde, le spese del grado di legittimità che si

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