Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12738 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12738 Anno 2015
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: PETITTI STEFANO

Data pubblicazione: 19/06/2015

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E
Ministro

DELLE FINANZE, in persona del

pro tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Rama, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge
– ricorrente contro
VENETTONI Antonio (ORT NTN 36S17 F692Y),

quale erede di

Venettoni Mario, rappresentato e difeso, per procura
speciale in calce al controricorso, dall’Avvocato Adriana
Martini, elettivamente domiciliato in Roma, via Francesco
Saverio Benucci n. 55, presso lo studio dell’Avvocato
Antonio Venettoni;

()

controricorrente
avverso il decreto della Corte d’appello di Roma,
depositato in cancelleria il 5 aprile 2012 (R.G.
51631/2009).

udienza del 24 marzo 2015 dal Consigliere relatore Dott.
Stefano Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Pierfelice Pratis, che ha chiesto la
dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 22 febbraio
2008 presso la Corte d’appello di Perugia, Vhnettoni Mario
chiedeva la condanna del Ministero dell’economia e delle
finanze al risarcimento del pregiudizio derivato dalla
irragionevole durata di una controversia iniziata con
ricorso depositato il 22 aprile 1999 dinnanzi alla
Commissione tributaria provinciale di Roma, proseguita in
appello e conclusasi con sentenza della Commissione
tributaria regionale del Lazio del 6 giugno 2006, oggetto
di ricorso per revocazione conclusosi con sentenza
depositata in data 8 ottobre 2007;
che la Corte d’appello di Perugia dichiarava la
propria incompetenza;
che il giudizio veniva riassunto dinnanzi alla Corte
d’appello di Roma, la quale, con decreto depositato il 5

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Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

aprile 2012, accoglieva la domanda e condannava il
Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento della
somma di euro 1.313,00, ritenendo che la controversia
tributaria avesse avuto una irragionevole durata di un

criterio di 750,00 euro per i primi tre anni;
che per la cessazione di questo decreto il Ministero
dell’economia e delle finanze ha proposto ricorso,
affidato ad un motivo;
che, non essendosi costituito l’intimato, con
ordinanza emessa all’esito dell’udienza del 10 aprile
2014, veniva disposta la =innovazione della notificazione
del ricorso;
che, adempiuto l’incombente, il Vénettoni resisteva
con controricorso;
che la causa è stata discussa all’udienza del 24 marzo
2014, in vista della quale il controricorrente ha
depositato memoria.
Considerato

che con l’unico motivo di ricorso

l’amministrazione ricorrente denuncia violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001,
dell’art. 111 Cost. e dell’art. 6 della CEDU, sostenendo
che la Corte d’appello esaminato l’eccezione di
inammissibilità della domanda, formulata sul rilievo che
la tutela di cui alla legge n. 89 del 2001 non si applica

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anno e nove mesi e liquidando l’indennizzo sulla base del

alle controversie tributarie aventi ad oggetto – come
nella specie – atti costituenti esercizio della potestà
impositiva dello Stato;
che il ricorso è fondato;

dell’equa riparazione per mancato rispetto del termine
ragionevole di cui all’art. 6, paragrafo 1, della
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali, quale introdotta dalla legge
24 marzo 2001, n. 89, non è applicabile ai giudizi in
materia tributaria involgenti la potestà impositiva dello
Stato, stante l’estraneità e irriducibilità di tali
vertenze al quadro di riferimento delle liti in materia
civile, cui ha riguardo la citata norma pattizia (di
recente, Cass. n. 22872 del 2014);
che tale conclusione – si è chiarito – deriva dal
“valore conformativo, in termini di diritto vivente, che
riveste la giurisprudenza della Corte di Strasburgo,
relativamente alla definizione e delimitazione della
portata applicativa della fattispecie disciplinata dalla
norma europea (art. 6 par. 1 cit.)”, sicché la “simmetria
tra i due piani (interno ed internazionale) di tutela dei
diritti dell’uomo – coessenziale (…) all’attuazione del
principio di sussidiarietà che deve ricondurli a sistema si realizza (…) conformando la fattispecie violata, alla

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che questa Corte ha affermato che la disciplina

quale è ricollegata l’equa riparazione di cui alla legge
n. 89 del 2001, a quella disegnata dalla norma comunitaria
di riferimento, come in concreto (quest’ultima) vive
attraverso l’esegesi della Corte di Strasburgo” (così, in

che, poiché la Convenzione EDU contempla all’art. 6
due aree di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo,
quella civile e quella penale, e prevede all’art. l del
Protocollo addizionale che la protezione della proprietà
non pregiudica il diritto degli Stati di applicare la
disciplina necessaria ad assicurare il pagamento delle
imposte o di altri tributi, l’equa riparazione prevista
dalla legge nazionale per le violazione dell’art. 6,
paragrafo 1 CEDU non è riferibile ai casi di durata
irragionevole di controversie che involgano l’esistenza e
l’esercizio della potestà impositiva dello Stato;
che non è, infatti, la natura pecuniaria delle
obbligazioni a rendere sempre e comunque applicabile il
richiamato art. 6 della Convenzione, ma solo il carattere
civile delle stesse, cui si contrappongono le obbligazioni
di natura pubblicistica, le quali derivino
dall’applicazione di tributi o traggano in ogni caso
origine da doveri pubblici, onde la conclusione secondo
cui, rientrando la materia fiscale “ancora nel nocciolo
duro delle prerogative attinenti alla sovranità statale ed

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motivazione, Cass. n. 21404 del 2005);

(essendo) sotto questo profilo tuttora dominante la
qualifica pubblicistica del rapporto obbligatorio di
imposta tra Stato sovrano e contribuente”, il contenzioso
tributario non rientra nell’ambito dei diritti e delle

patrimoniali che esso necessariamente produce nei
confronti dei contribuenti (sentenza del 12 luglio 2001,
Ferrazzini contro Italia; v. anche, le sentenze 23 luglio
2002, Janosevic contro Svezia, e 23 novembre 2006, Jussila
contro Finlandia);
che fanno eccezione le cause riguardanti sanzioni
tributarie assimilabili a sanzioni penali per il loro
carattere afflittivo (Cass. n. 510 del 2014; Cass. n.
18885 del 2014), che sia a tal punto significativo da
farle apparire alternative a una sanzione penale ovvero a
una sanzione che, in caso di mancato adempimento, sia
commutabile in una misura detentiva (Cass. n. 13322 del
2012): e quelle che pur essendo riservate alla
giurisdizione tributaria sono riferibili alla “materia
civile”, in quanto riguardanti pretese del contribuente
che non investano la determinazione del tributo ma solo
aspetti consequenziali (Cass. n. 19367 del 2008, che
esemplifica richiamando il giudizio di ottemperanza ad un
giudicato tributario ex art. 70 del d.lgs. n. 546 del
1992, o quello vertente sull’individuazione del titolare

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obbligazioni di carattere civile, malgrado gli effetti

di un credito di imposta non contestato nella sua
esistenza; in tal senso, anche Cass. n. 3270 del 2011),
ovvero le richieste di rimborso di somme, rifluenti
nell’area delle obbligazioni privatistiche;

riguardanti il rimborso di imposte che il privato ritenga
indebitamente trattenute, poiché il relativo diritto non è
accertato secondo i principi di diritto civile sulla
ripetizione di indebito, ma in base all’esistenza o meno
del potere impositivo (cfr. Cass. n. 2371 del 2011; Cass.
n. 13657 del 2007; Cass. n. 21403 del 2005);
che, nel caso di specie, è indiscusso che il giudizio
introdotto dal ricorrente dinnanzi alla Commissione
tributaria provinciale aveva ad oggetto l’avviso di
accertamento emesso dal Comune di Montorio Romano relativo
alla TOSAI” per l’anno 1997;
che non appare dubitabile che oggetto della
controversia fosse, quindi, un atto impositivo della
pubblica amministrazione, con la conseguenza che la
domanda di annullamento dello stesso rientra nella
generale previsione di non applicabilità della legge n. 89
del 2001, venendo in rilievo, appunto, la potestà
impositiva dello Stato;
che, nella specie, non ricorre del resto né la natura
civile della controversia, nei termini dianzi specificati,

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che tra queste ultime non rientrano le controversie

né si verte in tema di sanzioni tributarie che, per
afflittività, possano essere equiparate a sanzioni penali,
non rilevando, a tali fini, che il mancato pagamento
dell’imposta fosse relativo ad una occupazione di suolo

illecito penale, atteso che ciò che veniva in rilievo nel
giudizio presupposto era esclusivamente il profilo
tributario della condotta contestata;
che, dunque, il ricorso va accolto, con conseguente
cessazione del decreto impugnato;
che, tuttavia, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, ai sensi dell’art. 394, secondo comma, cod. proc.
civ., con il rigetto della domanda di equa riparazione
proposta da ~ottoni Antonio;
che le spese dell’intero giudizio possono essere
compensate in considerazione della evoluzione
giurisprudenziale in materia.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte

accoglie

il ricorso;

cassa

il decreto

impugnato e, decidendo la causa nel merito, rigetta la
domanda proposta da Antonio Venettoni;
dell’intero giudizio.

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compensa le spese

pubblico e quindi derivasse dalla commissione di un

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della

Seconda Sezione Civile della Corte suprema di Cessazione,

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