Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12737 del 25/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 25/05/2010, (ud. 24/02/2010, dep. 25/05/2010), n.12737

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MONACI Stefano – rel. Presidente –

Dott. PICONE Pasquale – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CASA DI CURA SANTA MARIA S.R.L., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 6,

presso lo studio dell’avvocato CIPRIETTI SABATINO, che la rappresenta

e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA PREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CORRERA

FABRIZIO, CALIULO LUIGI, SGROI ANTOINO, giusta delega in calce alla

copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 770/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 27/10/2005 R.G.N. 96/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/02/2010 dal Consigliere Dott. STEFANO MONACI;

udito l’Avvocato SGROI ANTONINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso per rimessione alle Sezioni Unite,

in subordine rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Va premesso, per necessaria chiarezza, che una precedente sentenza, in data 13-14 luglio 1984, passata in giudicato, del Pretore di Avezzano aveva riconosciuto alla Casa di Cura Villa Maria s.r.l., la natura di impresa industriale operante nel mezzogiorno, ed il conseguente diritto ad usufruire degli sgravi contributivi previsti dal D.L. n. 918 del 1968, art. 18, convertito in L. n. 1089 del 1968.

Anche basandosi su quella sentenza la Casa di Cura ha chiesto, ed ottenuto, l’emanazione di un apposito decreto ingiuntivo per la condanna dell’Inps alla restituzione di alcune somme che sarebbero state percepite indebitamente.

La sentenza di primo grado dichiarava l’illegittimità del provvedimento di diniego della fiscalizzazione degli oneri sociali di malattia, anche con riferimento al periodo dal luglio 1980 al febbraio 1989.

Nel giudizio di impugnazione, proposto da parte dell’Inps, la Corte d’Appello de L’Aquila dichiarava il diritto della Casa di Cura ad usufruire degli sgravi contributivi fino al 31 dicembre 1996, revocava il decreto ingiuntivo, e rigettava ogni altra domanda della società appellata.

2. Dopo aver dato atto dell’esistenza del precedente giudicato, la sentenza impugnata precisava che i criteri di classificazione dettati dalla L. 9 marzo 1989, n. 88, art. 49, non erano applicabili alle attività iniziate prima dell’entrata in vigore della legge stessa.

Di conseguenza, per il periodo anteriore al 1989, una volta accertata la natura industriale dell’attività secondo i criteri stabiliti invece dall’art. 2195 c.c., l’inquadramento doveva essere analogo anche a tutti i fini contributivi.

Nel caso di specie, essendo intervenuto un accertamento, divenuto definitivo con sentenza passata in giudicato, nel senso della natura industriale dell’impresa esercitata dalla società, doveva essere negato il diritto di questa ultima alla fiscalizzazione degli oneri sociali, ed era perfettamente valido il provvedimento dell’Istituto assicuratore di variazione dell’inquadramento dal settore commerciale a quello industriale.

La società aveva diritto, invece, a continuare a godere degli sgravi previsti dalla L. n. 1089 del 1968, per il periodo marzo-maggio 1989, perchè il nuovo inquadramento previsto dalla L. n. 88 del 1989, art. 49, non si applicava ai periodi precedenti.

3. Avverso la sentenza di appello, depositata in cancelleria il 27 ottobre 2005, e che non risulta notificata, la Casa di Cura Villa Maria ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi di impugnazione, notificato, in termine, il 27 ottobre 2006.

L’intimato Inps non ha presentato difese scritte in questa fase, ma ha depositato delega professionale a due legali.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nel primo motivo la società ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2195 c.c., della L. n. 1089 del 1968, art. 18 e della L. n. 88 del 1989, art. 49, nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia.

Sostiene di avere diritto, quale Casa di Cura privata, all’inquadramento nel settore industria ai fini di godere degli sgravi previsti dalla L. n. 1089 del 1968.

Chiede, perciò, che sia affermato il principio secondo cui l’inquadramento nel settore industria ai sensi dell’art. 2195 c.c., ai fini degli sgravi contributivi di un’impresa operante da epoca precedente l’entrata in vigore della L. n. 88 del 1989, non osta, in forza della norma transitoria contenuta nella citata legge, art. 49, comma 3, ad un diverso inquadramento della stessa impresa nel settore commerciale ad ogni altro fine previdenziale.

2. Nel secondo motivo la Casa di Cura lamenta la violazione e falsa applicazione del D.M. 20 giugno 1934, dell’art. 34 del D.P.R. n. 797 del 1955 e del D.M. 20 giugno 9 ottobre 1989, n. 338, convertito in L. 7 ottobre 1989, n. 389, nonchè, anche sotto questo profilo, l’insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia.

Sottolinea che con il giudicato derivante dalla prima pronunzia del Pretore di Avezzano (quella del 1984) la ricorrente aveva ottenuto il diritto agli sgravi contributivi, e che in quella occasione la natura industriale dell’attività svolta era stata riconosciuta ai fini dell’ammissione a quel beneficio.

Nel caso di specie sussisteva, perciò, il diritto ad un doppio inquadramento, quello nel settore industriale al fine del godimento del beneficio agli sgravi contributivi, e quello nel settore commerciale agli altri fini previdenziali, con conseguente diritto alla fiscalizzazione degli oneri sociali previsti per le imprese commerciali dal decreto L. n. 338 del 1989.

Il giudicato formatosi era valido soltanto ai fini del riconoscimento del diritto agli sgravi contributivi, ma non aveva efficacia generale ai fini dell’inquadramento previdenziale.

Nè potevano avere efficacia in senso contrario, e anzi dovevano essere ritenuti illegittimi, i provvedimenti di variazione della classificazione emanati dall’Inps.

Sostiene che la sentenza era illegittima per aver negato il diritto della ricorrente alla restituzione delle differenze versate in più, a titolo di contributi previsti per le imprese industriali, rispetto a quelle dovute e corrispondenti al settore commerciali, nonchè a titolo di somme addebitatele in conseguenza della mancata applicazione del beneficio degli sgravi contributivi disposti dalla L. n. 1089 del 1968.

3. Il ricorso non è fondato e non può trovare accoglimento. E’ infondato, innanzi tutto, il primo motivo di impugnazione.

La ricorrente lamenta che la Corte d’Appello abbia negato la possibilità di un doppio inquadramento, che sarebbe invece consentito dalla giurisprudenza di legittimità.

Il problema della possibilità del doppio inquadramento è sorto in relazione alle aziende operanti prima dell’entrata in vigore della L. n. 88 del 1989, che, all’art. 49, ha introdotto i nuovi criteri di classificazione delle imprese ai fini previdenziali, dal momento che, com’è noto, gli inquadramenti precedenti sono rimasti ancora in vigore, per molti anni fino a quando, esattamente il 31 dicembre 1996, la loro efficacia non è venuta meno definitivamente ai sensi della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 215. Per il periodo successivo alla operatività dei nuovi criteri, la possibilità del doppio inquadramento è venuta meno, giacchè questi valgono espressamente a “tutti” i fini previdenziali, per cui l’inquadramento determina la natura dell’azienda (industria, terziario, ecc.) che vale sia per misura dei contributi, sia per il diritto agli sgravi o alla fiscalizzazione ecc..

Fino a che hanno continuato a valere gli inquadramenti precedenti in forza della disciplina transitoria di cui al citato art. 49, poteva effettivamente avvenire che, a causa della pretesa diversità tra la normativa da applicare per il diritto agli sgravi e quella da applicare per la determinazione dei contributi, la medesima azienda fosse da considerare industriale quanto agli sgravi e commerciale quanto alla contribuzione.

Su questo punto l’interpretazione giurisprudenziale non è stata univoca.

Alcune sentenze hanno ritenuto che sussistesse la possibilità di un doppio inquadramento, tra le altre, Cass. a n. 4837 del 7 luglio 2006, secondo cui “l’inquadramento di un’impresa nel settore industria ai sensi dell’art. 2195 c.c., ed ai fini degli sgravi contributivi di cui alla L. n. 1089 del 1968, non osta al diverso inquadramento della stessa impresa, operante da epoca precedente l’entrata in vigore della L. n. 88 del 1989, in un diverso settore ai fini previdenziali e assistenziali, e ciò in forza della norma transitoria di cui alla legge predetta, art. 49, comma 3, per la quale restano validi gli inquadramenti dei datori di lavoro disposti a fini previdenziali in conformità alla normativa previgente fino al 31 dicembre 1996.” Un altro orientamento preferibile, e ormai prevalente, ha escluso, invece, la possibilità del doppio inquadramento, ritenendo che sia per gli sgravi, sia per la determinazione della contribuzione, si dovesse applicare la stessa normativa, e che “nel quadro normativo anteriore all’entrata in vigore della L. 9 marzo 1989, n. 88 – quadro normativo rimasto applicabile alle imprese già esistenti, in viriù del disposto del comma terzo dell’art. 49 della citata legge, fino al 31 dicembre 1996, secondo le disposizioni della L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 215, – è la natura della attività di impresa, ai sensi dell’art. 2195 c.c., a determinarne l’inquadramento ai fini previdenziali ed assistenziali, senza che possa essere attribuita rilevanza alcuna agli “atti” di inquadramento emanati dall’INPS, aventi natura meramente ricognitiva dei dati di fatto e di quelli normativi (diversamente dagli atti di inquadramento emanati in base al potere attribuito dalla L. n. 88 del 1989, art. 49 e secondo la disciplina dettata dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 8) e neppure ai decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di “aggregazione” dell’impresa ad un determinato settore produttivo, a norma dell’art. 34 del tu. in materia di assegni familiari (D.P.R. 30 maggio 1955, n. 797), perchè limitati nell’efficacia alla disciplina degli assegni familiari (fatte salve le disposizioni di leggi speciali).” (Cass. n. 27757 del 30 dicembre 2009, e, nello stesso senso, n. 11919 del 7 agosto 2003, n. 12011 dell’8 agosto 2003 e n. 5363 del 16 marzo 2004).

Il Collegio ritiene di aderire a questo secondo orientamento. Si deve, perciò, applicare esclusivamente l’art. 2195 c.c., e, di conseguenza, le case di cura rientrano tra le aziende industriali sia ai fini della misura della contribuzione, sia ai fini degli sgravi.

Nel caso di specie vi è un elemento ulteriore che smentisce la tesi della società, costituito dal giudicato di cui alla sentenza del Pretore di Avezzano del 1984, sulla natura industriale dell’impresa.

4. E’ infondato anche il secondo motivo di impugnazione.

Le censure relative al mancato riconoscimento di un diritto ad un doppio inquadramento sono sostanzialmente ripetitive rispetto a quelle proposte con il primo motivo, e comunque rimangono assorbite dal rigetto di questo ultimo.

Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente il giudicato formatosi in forza della sentenza del Pretore di Avezzano sulla natura industriale dell’impresa è efficace anche agli effetti dell’inquadramento contributivo oltre agli effetti del diritto agli sgravi contributivi.

Le ulteriori critiche della ricorrente sono anche esse infondate, innanzi tutto in linea di fatto.

La sentenza impugnata ha già riconosciuto che la Casa di Cura aveva diritto ad usufruire fino al 31 dicembre 1996 degli sgravi contributivi previsti dalla precedente normativa.

Non sono fondate, invece, le richieste di restituzione relative agli anni successivi, proprio perchè dopo il 1996 ha cessato di avere efficacia la disciplina provvisoria prevista dalla L. 9 marzo 1989, n. 88,art. 49, comma 3, in favore delle imprese che in precedenza avevano usufruito di un inquadramento diverso rispetto a quello previsto dallo stesso articolo.

5. Il ricorso perciò deve essere rigettato siccome infondato.

Le spese, liquidate così come in dispositivo, seguono la soccombenza in danno della Casa di Cura ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 10,00, oltre ad Euro 4.000,00 (quattromila/00) per onorari, oltre ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2010

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