Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12736 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12736 Anno 2015
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: ABETE LUIGI

SENTENZA
sul ricorso 22520/2009 R.G. proposto da:
R.ED.IN. — RUBANO EDILIZIA INDUSTRIALE — di RUBANO MARIO & C. S.A.S. – c.f.
00380210716— in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
Roma, alla via Tagliarnento, n. 14, presso lo studio dell’avvocato Carlo Maria Barone che
congiuntamente e disgiuntamente all’avvocato Anselmo Barone la rappresenta e difende in
virtù di procura speciale a margine del ricorso.
RICORRENTE
contro
BORDASCO SAVERIA
INTIMATA
Avverso la sentenza n. 634 dei 16/19.6.2009 della corte d’appello di Bari,
Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 18 marzo 2015 dal consigliere
dott. Luigi Abete,

Sk4,

1

Data pubblicazione: 19/06/2015

Udito l’avvocato Nicola Laurenti per delega dell’avvocato Carlo Maria Barone per il
ricorrente;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. Lucio Capasso,
che ha concluso per il rigetto del ricorso,

Con atto notificato in data 24.4.1997 Saveria Bordasco, proprietaria di un suolo alla via
San Severo di Foggia sul quale insisteva il fabbricato adibito a sua abitazione, citava a
comparire innanzi al tribunale di Foggia la “R.ED.IN. — Rubano Edilizia Industriale — di
Rubano Mario & C.” s.a.s., proprietaria del terreno confinante.
Esponeva che l’accomandita convenuta aveva costruito sul limitrofo terreno di sua
proprietà taluni manufatti in violazione della normativa urbanistica ed edilizia.
Chiedeva — tra l’altro – che, previa disapplicazione dei provvedimenti concessori
illegittimi, si accertasse e desse atto che le nuove opere erano state realizzate in violazione
delle distanze legali e, conseguentemente, che la convenuta fosse condannata ad arretrarle e a
risarcire il danno arrecatole.
Si costituiva la “R.ED.IN.” s.a.s..
Preliminarmente eccepiva il difetto di legittimazione attiva dell’attrice ed, in dipendenza
del trasferimento a terzi delle unità immobiliari costruite, il proprio difetto di legittimazione
passiva. Nel merito instava per il rigetto dell’avversa domanda ed in via riconvenzionale
chiedeva — tra l’altro — la condanna della Bordasco al rilascio di un’area triangolare di
proprietà di essa convenuta.
A sua volta, in via di riconventio riconventionis, l’attrice domandava acclararsi
l’intervenuto acquisto da parte sua per usucapione dell’area di cui era stato domandato il
rilascio.

A,

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Disposta ed espletata c.t.u. il tribunale di Foggia con sentenza n. 713/2005 reputava
fondata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della convenuta e rigettava le domande
tutte dell’attrice, condannandola a rimborsare a controparte le spese di lite.
Interponeva appello Saveria Bordasco.

la legittimazione passiva dell’appellata accomandita ed ordinasse l’integrazione del
contraddittorio nei confronti degli acquirenti delle unità immobiliari ricomprese nei manufatti
realizzati sul terreno della medesima s.a.s.; in subordine reiterava le domande tutte esperite in
prime cure.
Resisteva la “R.ED.IN.” s.a.s..
Con sentenza n. 634 dei 16/19.6.2009 la corte d’appello di Bari accoglieva il gravame e,
per l’effetto, dichiarava ex art. 354 c.p.c. la nullità degli atti del giudizio di primo grado e
della sentenza impugnata Per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri
condomini del fabbricato e del suolo e rimetteva la causa al primo giudice perché si attendesse
a tale adempimento ed alla rinnovazione degli atti; compensava integralmente le spese del
doppio grado.
Esplicitava la corte distrettuale che l’appellata s.a.s. aveva sì allegato gli atti di vendita di
talune unità immobiliari ricomprese nel fabbricato costruito sul terreno di sua proprietà, pur
tuttavia non si era acquisito riscontro dell’alienazione della proprietà dell’intero manufatto;
che, al contempo, “tanto la difesa effettuata dalla convenuta nel merito della domanda di
arretramento quanto le domande riconvenzionali spiegate da essa presuppongono che la
società fosse proprietaria delle rampe e del suolo limitrofo a quello dell’attrice, oltre che di
una parte del fabbricato” (così sentenza d’appello, pag. 7); che, dunque, “anche la semplice
titolarità di una parte del fabbricato o del suolo o della rampa di accesso ai locali interrati la
rendeva legittimata a subire l’azione reale di arretramento” (così sentenza d’appello, pag. 7).
3

In via principale chiedeva che la corte adita, in riforma della gravata sentenza, dichiarasse

Esplicitava altresì – la corte territoriale – che “conseguentemente il primo giudice (…)
avrebbe dovuto disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini,
indicati nella produzione degli atti di trasferimento, vertendosi, stante il carattere reale
dell’azione di arretramento, in ipotesi di litisconsorzio necessario” (così sentenza d’appello,

relativi atti e la sentenza sono affetti da nullità assoluta ex art. 354 c.p.c., cosa che impone la
rimessione della causa davanti al primo giudice” (così sentenza d’appello, pag. 7).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “R.ED.IN. — Rubano Edilizia Industriale — di
Rubano Mario & C.” s.a.s.; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni
conseguente statuizione in ordine alle spese di lite.
Saveria Bordasco non ha svolto difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,
2909 c.c.; 100, 102, 112, 324, 329, 342, 354 c.p.c. in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4 stesso
c.p.c.” (così ricorso, pag. 7).
Adduce che la statuizione di seconde cure, che ha accolto il primo motivo di gravame con
il quale era stato censurato il dictum di prime cure, che aveva a sua volta riconosciuto il
difetto di legittimazione passiva di essa “R.ED.IN.”, risultava “viziata dalla mancata
dichiarazione officiosa d’inammissibilità dello stesso motivo (…) di appello” (così ricorso,
pag. 9); che invero il motivo di gravame era privo “della necessaria specificità e vanificato
dall’intervenuto giudicato interno formatosi sull’accertamento del Tribunale (così ricorso,
pag. 10); che, propriamente, “il primo giudice aveva (…) rilevato (…) a) ” (così ricorso, pag. 10), aveva dato atto che il
trasferimento a terzi delle unità immobiliari b) risultava “” (così ricorso, pag. 10), aveva affermato che era stata e) la stessa Saveria Bordasco a
dichiarare nell’atto introduttivo e nelle memorie istruttorie autorizzate che “” (così ricorso, pag. 11); che, pertanto, la
censura formulata dalla Bordasco col motivo di gravame, “appuntandosi solo sulle

statuizioni della sentenza di primo grado, costituenti autonome e sufficienti rationes decidendi
dell’accoglimento dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva della R.ED.IN.” (così
ricorso, pagg. 11 – 12), era “inidonea ad impedire il passaggio in giudicato della sentenza di I
grado, in parte qua autonomamente e congruamente motivata con i rilievi (…) sub b) e c)”
(così ricorso, pag. 12).
Il motivo non merita seguito.
Va in questa sede debitamente ribadito che, ai sensi dell’art. 2725 c.c., la forma scritta,
richiesta ad substantiam per il trasferimento dei beni immobili, costituisce un elemento
essenziale, nel senso che la forma ha natura costitutiva, cosicché la prova dell’esistenza e del
contenuto del contratto può essere data solo con l’acquisizione al giudizio dell’atto scritto
(cfr. Cass. 27.2.1987, n. 2099, ove si soggiunge che non è pertanto consentita la prova
testimoniale e non è sufficiente la produzione di una fattura contenente la mera indicazione
dell’avvenuto pagamento di una somma corrispondente al prezzo della vendita).
Su tale scorta devesi imprescindibilmente opinar nel senso che il riscontro del
trasferimento a terzi delle unità immobiliari, operato dal primo giudice altresì sulla base delle
risultanze della consulenza tecnica di ufficio e delle dichiarazioni della medesima Saveria
Bordasco, abbia avuto al più valenza di affermazione ad abundantiam, non già di autonoma
ratio decidendi.

5

enunciazioni del primo giudice (…) sub a) (…) e non toccando in alcun modo le altre

In tal guisa l’appellante non aveva interesse alcuno né esigenza alcuna di formulare con
l’atto di gravame a tal particolare riguardo specifica ragione di doglianza e di censura (cfr.
Cass. sez. un. 2.4.2007, n. 8087).
Non vi era nessuna necessità ossia che l’atto di appello si connotasse in relazione a tal

Conseguentemente in nessun modo può postularsi la formazione di un giudicato interno.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione degli artt.
2697 c.c.; 100, 102, 112, 342, 354 c.p.c. in relazione all’art. 360, nn. 3 e 4 stesso c.p.c.” (così
ricorso, pag. 14).
Adduce che la parte che eccepisce la non integrità del contraddittorio, “deve dame la
prova, non solo indicando specificamente e nominativamente le persone che devono
partecipare al giudizio quali litisconsorti necessari, ma anche provandone l’esistenza e
dimostrando i presupposti di fatto giustificanti la sollecitata integrazione” (così ricorso, pag.
15); che Saveria Bordasco “non solo ha omesso di specificare, anche nominativamente, quali
fossero e siano i litisconsorti necessari pretermessi, illegittimamente ed erroneamente
individuati, con generico ed imprecisato rinvio (…) di carattere del tutto
inidoneo (…), ma ha altresì omesso di individuare — e quindi di indicare — in modo analitico
gli atti e/o i documenti depositati in giudizio idonei a comprovare la esistenza, concreta ed
effettiva, di siffatti supposti litisconsorti” (così ricorso, pag. 15); che le medesime carenze
inficianti la deduzione della Bordasco si delineano in relazione al “generico ed anodino
riferimento della Corte di appello ai ” (così ricorso, pag. 16); che invero non risultano “né individuati in modo
specifico e nominativo detti presunti condomini, né dedotte e dimostrate l’esistenza di essi e
la configurabilità dei presupposti di fatto giustificanti l’integrazione del contraddittorio nei
confronti dei medesimi, né, infine, identificati in modo analitico i pretesi

in ipotesi comprovanti l’esistenza dei supposti litisconsorti pretemessi” (così
ricorso, pagg. 16 17).

Il motivo è parimenti immeritevole di seguito.
Va ovviamente ribadito che l’azione diretta alla demolizione di un bene comune a più

di litisconsorzio necessario, con la conseguenza che, ove, nel giudizio di primo grado, sia
mancata l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli interessati non citati a
comparire, il giudice di appello è tenuto a rimettere la causa al primo giudice a norma dell’att.
354 c.p.c. per la riassunzione del giudizio nei confronti di costoro (cfr. Cass. 11.2.1999, n.
1158).
Va inoltre precisato che le affermazioni della corte di merito, secondo cui non si era
acquisito riscontro dell’alienazione della proprietà dell’intero manufatto realizzato dalla
“R.ED.IN.” s.a.s. e secondo cui vi era da supporre alla stregua delle difese dalla stessa s.a.s.
esperite che questa “fosse proprietaria delle rampe e del suolo limitrofo a quello dell’attrice,
oltre che di una parte del fabbricato” (così sentenza d’appello, pag. IO), non sono state dalla
ricorrente fatte segno di specifica, puntuale ed argomentata censura, tanto meno col secondo
motivo di ricorso.
In questo quadro nulla osta a che innanzi al primo giudice, ex novo investito della
cognizione della res litigiosa e, quindi, investito pur del riscontro della perfetta integrità del
contraddittorio, l’originaria attrice, allorché fruirà del termine da assegnarsi ai sensi dell’art.
102, 2° co., c.p.c., debitamente provveda alla nominativa ed esatta identificazione delle
persone degli ulteriori proprietari, necessari litisconsorti, ed alla loro susseguente vocatio in
ius.

Saveria Bordasco non ha svolto difese.

7

persone, dovendo necessariamente essere proposta nei confronti di tutte, dà vita ad una ipotesi

o

Nonostante il rigetto del ricorso, pertanto, nessuna statuizione va assunta in ordine alle
spese del presente grado.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di

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