Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12735 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12735 Anno 2015
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 27408-2009 proposto da:
CIRELLI

GIUSEPPE

CRLGET53C10F294X,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G. FERRARI 4, presso lo
studio dell’avvocato MAURILIO PRIORESCHI, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente 2015
982

contro

SEBASTANELLI LAURA SBSLRA74M54H501N, quale figlia ed
erede di SEBASTIANELLI FERNANDO, deceduto nelle more
del processo, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
VAL DI FASSA 54 int. 3, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 19/06/2015

.

..

MARIA RITA FELLI, che la rappresenta e difende giusta
procura speciale per Notaio Dr. Giuseppe Valente del
25.2.2015 in Palestrina

controricorrente

avverso la sentenza n. 4784/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/03/2015 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito l’Avvocato MAURILIO PRIORESCHI, difensore del
ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato MARIA RITA FELLI, difensore della
resistente, che si è riportata agli atti depositati;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

t

,

q.

di ROMA, depositata il 19/11/2008;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Fernando Sebastianelli, proprietario di un fondo con sovrastante fabbricato
sito in Palestrina, conveniva in giudizio innanzi alla locale sezione distaccata
del Tribunale di Roma, Giuseppe Cirelli, proprietario di un fondo confinante,

proprietà, ad arretrare alla distanza di tre metri dal confine un muro con il
retrostante terrapieno da lui realizzato, oltre al risarcimento del danno.
Il convenuto resisteva in giudizio proponendo, altresì, una speculare
domanda riconvenzionale, affinché fosse arretrato l’analogo telfazzamento
eseguito dall’attore.
Regolato il confine, il Tribunale accoglieva la domanda principale e
rigettava quella riconvenzionale. Conseguentemente, condannava il
convenuto ad arretrare il muro ed il retrostante terrapieno fino a tre metri dal
confine, nonché a pagare all’attore, a titolo di risarcimento del danno, la
somma di lire 50.000.000.
Adita da Giuseppe Cirelli, la Corte d’appello di Roma rigettava il gravame.
Riteneva la Corte territoriale che l’art. 25, par. 15) D del regolamento
edilizio del comune di Palestrina disponeva che la distanza minima di una
costruzione non poteva essere inferiore a 3 m. dal confine di proprietà e a 5 m.
dal confine di zona; e che erano ammesse costruzioni in aderenza al confine di
proprietà, con esclusione di costruzione sul limite di zona. Ciò posto,
l’interpretazione sistematica di detta norma in relazione agli artt. 874-877 c.c.
conduceva ad affermare che il concetto di costruzione in aderenza sul confine
presuppone la preesistenza sullo . stesso della costruzione del vicino. Tale
disciplina locale, pertanto, pur disciplinando le distanze dai confini e non tra
3

per sentirlo condannare, previa determinazione del confine tra le rispettive

costruzioni, aveva adottato un criterio misto, nel senso di consentire anche la
costruzione sul confine, e non pure ad una distanza inferiore a quella
prescritta da esso, al primo costruttore, con salvezza del principio della
prevenzione, nel senso che il confinante, in alternativa al rispetto della

che la costruzione potesse essere effettuata in aderenza al confine e non ad
un’altra costruzione.
Pertanto, concludeva sul punto la Corte distrettuale, essendo certo che
Fernando Sebastianelli aveva costruito per primo, e non potendosi dubitare
del fatto che il terrapieno artificiale fosse qualificabile come costruzione,
l’appello era infondato.
Quanto al danno, presunto in caso d’inosservanza delle distanze legali,
osservava che era condivisibile la valutazione equitativa operata dal giudice di
primo grado, con riferimento alle caratteristiche degli immobili di rispettiva
proprietà delle parti e alla lamentata riduzione di visibilità, esposizione,
amenità e privacy; e che, in ordine al quantum, anche a voler determinare il
danno in £ 2.000,00 per ogni anno a far data dalla citRzione in giudizio,
l’importo ottenuto sarebbe stato addirittura superiore a quello liquidato in
concreto dal Tribunale.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre Giuseppe Cirelli, in base a tre
motivi.
Resiste con controricorso Fernando Sebastianelli.
E’ intervenuta Laura Sebastianelli quale erede di Fernando Sebastianelli,
depositando memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
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distanza dal confine, poteva costruire in aderenza. Restava escluso, invece,

…■-•■•■■■•1

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••■••■•■••—

~M’

1. – Col primo mezzo d’annullamento è dedotta la violazione degli artt.
873, 875 e 877 c.c., nonché dell’art. 25 del regolamento edilizio del comune
di Palestrina, in connessione col vizio motivazionale, in relazione,
rispettivamente, ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c. Sostiene parte ricorrente che il

funzione di contenere il dislivello del terreno tra il fondo di quest’ultimo e
quello del Sebastianelli. Precisa che il muro in contestazione non poteva che
essere di contenimento per “evitare il cedimento del terreno ovvero il
contenimento del terreno di riporto per rendere pianeggiante parte del fondo”
(così, a pag. 10 del ricorso, ove parte ricorrente riporta uno stralcio della
propria comparsa conclusionale in appello). E lamenta, infine, che la sentenza
impugnata non abbia motivato in maniera adeguata ed esaustiva circa la
suddetta qualificazione giuridica.
2. – Il secondo motivo denuncia, ancora, la violazione degli artt. 873, 875 e
877 c.e, nonché dell’art. 25 del regolamento edilizio del comune di Palestrina,
in connessione col vizio motivazionale, in relazione, rispettivamente, ai nn. 3
e 5 dell’art. 360 c.p.c., ma in relazione ad altro aspetto della vertenza.
Sostiene parte ricorrente, che la Corte territoriale avrebbe risolto la
controversia applicando il criterio della prevenzione. Ma a tal riguardo il c.t.u.
ing. Raimondo, nel rispondere al quesito relativo alla priorità di edificazione
ha assunto come parametro di riferimento unicamente le ville rispettivamente
costruite dalle parti, omettendo di considerare il terrazzamento. Ed allora —
conclude il motivo — se quest’ultimo costituisci un’autonoma costruzione, è il
Cirelli a dover essere considerato come primo costruttore.

muro realizzato dal Cirelli non è qualificabile come costruzioni, avendo la

3. – Il terzo motivo espone, infine, la violazione dell’art. 1226 c.c. e la
carenza di motivazione, ai sensi, rispettivamente, dei nn. 3 e 5 dell’art. 360
c.p.c., per l’illegittima adozione del criterio di liquidazione equitativa,
essendo ben possibile determinare il danno attraverso ordinari mezzi di prova

parte ricorrente l’attualizzazione del prezzo di mercato del fabbricato
dell’attore alla data del 2006, e il ricorso ad un criterio statico di danno, ma
poi proiettato in futuro anno per anno. Sotto quest’ultimo aspetto deduce
l’errore metodologico in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale: infatti, o si
considera il danno alla luce del valore della proprietà dell’immobile, ed allora
non si può sommare per ogni anno trascorso il presunto deprezzamento;
ovvero si considera la “capacità reddituale” del bene stesso, sotto l’aspetto di
un possibile decremento del suo valore locatizio, nel qual caso, però, tale
ultimo dato (di cui non v’è traccia nella sentenza impugnata) è del tutto
diverso dal deprezzamento del bene.
4. – Tutti e tre i motivi sono inammissibili per mancanza del quesito di
diritto prescritto dall’art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione ternporis (la
sentenza impugnata è stata pubblicata il 19.11.2008), e per difetto del
momento di sintesi relativamente alle connesse censure veicolate ai sensi del
n. 5 dell’art. 360 c.p.c.
Né l’uno e né l’altro, infatti, possono desumersi dalle considerazioni finali
esposte al termine dei vari motivi. E ciò per due ragioni.
La prima è che in tema di ricorso per cassazione, è necessaria, a pena di
inammissibilità, la formulazione del quesito di diritto anche nei ricorsi per
violazione o falsa applicazione di norme di diritto. Non può, infatti, ritenersi
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sul preteso deprezzamento dell’immobile di parte attrice. Contesta, inoltre,

sufficiente il fatto che il quesito di diritto possa implicitamente desumersi dal
motivo di ricorso, perché una siffatta interpretazione si risolverebbe
nell’abrogazione tacita della norma di cui all’art. 366-bis c.p.c. che ha
introdotto, anche per l’ipotesi di ricorso in esame, il rispetto del requisito

diritto, tale da circoscrivere la pronunzia del giudice nei limiti di un
accoglimento o di un rigetto del quesito formulato dalla parte (Cass. S.U. n.
23732/07; conformi, n. 12421/10 e S.U. n. 6420/08).
La seconda ragione dipende dall’irredimibile commistione tra doglianze
eterogenee (violazione di legge e vizio motivazionale), che non consente di
separare logicamente le une dalle altre, violando così la regola di chiarezza
nella formulazione delle censure (cfr. al riguardo, Cass. nn. 19443/11 e
9470/08).
Di qui, la reiezione del ricorso.
5. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della
parte ricorrente.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese, che
liquida in

e

3.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed

accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 18.3.2015.

formale che deve esprimersi nella formulazione di un esplicito quesito di

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