Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12734 del 21/06/2016
Cassazione civile sez. III, 21/06/2016, (ud. 09/03/2016, dep. 21/06/2016), n.12734
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA LIVORNO 20, presso lo studio dell’avvocato SCHUTZMANN
PIET JAN, rappresentato e difeso dall’avvocato PIETROPAOLO
FERDINANDO giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A. (OMISSIS), ENEL S.P.A., in persona
del loro procuratore Ing. C.G.M., elettivamente
domiciliate in ROMA, VIA LAZIO 14, presso lo studio dell’avvocato
LAGOTETA GIUSEPPE, che le rappresenta e difende unitamente
all’avvocato MAMMOLITI MARCO giusta procura in calce al
controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 725/2012 del TRIBUNALE di CATANZARO,
depositata il 06/03/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/03/2016 dal Consigliere Dott. GRAZIOSI CHIARA;
udito l’Avvocato PIETROPAOLO FERDINANDO;
udito l’Avvocato BACCARI CATERINA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SERVELLO GIANFRANCO che ha concluso per l’inammissibilità.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 10 novembre 2011-6 marzo 2012 il Tribunale di Catanzaro rigettava domanda risarcitoria per tardivo allacciamento elettrico proposta da S.P. nei confronti di Enel S.p.A.. Lo S. aveva addotto di avere stipulato con controparte contratto di somministrazione di energia elettrica per il motore di un pozzo di irrigazione, e di avere subito danni alle colture per il tardivo allacciamento, ma il Tribunale era giunto a ritenere fondata la difesa dell’Enel per cui mancava nesso causale tra suddetto ritardo e i danni, essendo il contratto attinente non al pozzo, bensì a un fabbricato destinato a deposito di attrezzi agricoli, come risultante dal contratto stesso e dalla correlata dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà sottoscritta dall’attore. Avendo lo S. poi proposto appello contro tale sentenza, la Corte d’appello di Catanzaro, con ordinanza del 3 luglio 2013 emessa ex art. 348 bis c.p.c., lo dichiarava inammissibile.
2. Ha presentato lo S. ricorso avverso la sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., sulla base di due motivi, il primo denunciante, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per omesso assolvimento dell’obbligo motivazionale, e il secondo violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c., e s.s..
Si difende con controricorso Enel S.p.A..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso è inammissibile, per le ragioni che si verrà ora ad esporre.
3.1 Premesso che nella iniziale esposizione della vicenda processuale il ricorrente la illustra adeguatamente, tra l’altro evidenziando, in sostanza, come le doglianze d’appello avevano già presentato le questioni che riversa poi nel ricorso in esame (per cui sotto tale aspetto non si profila alcuna inammissibilità: cfr. Cass. sez. 6-3 ord. 12 febbraio 2015 n. 2784), si osserva che il primo motivo, qualificato dal ricorrente come riconducibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in realtà, come condivisibilmente evidenzia il controricorrente, presenta un contenuto riconducibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e pertanto costituisce un tentativo di elusione del limite imposto dall’art. 348 ter c.p.c., comma 4, per cui la denuncia di vizio motivazionale è ammessa solo qualora il giudice d’appello abbia basato la dichiarazione di inammissibilità del gravame di merito ex art. 348 bis c.p.c. su fondamenti difformi da quelli di cui si è avvalso il giudice di prime cure. Ma in questo caso le questioni e i loro fondamenti fattuali non risultano in alcun modo diversificarsi tra la sentenza impugnata e la ordinanza di inammissibilità dell’appello, per cui il vizio motivazionale non è denunciabile, onde il relativo motivo risulta inammissibile.
Il secondo motivo viene rubricato come violazione di legge in riferimento all’art. 1362 c.c., e s.s., adducendo il ricorrente che il Tribunale – il quale non avrebbe tenuto conto che il contratto stipulato tra lo S. ed Enel S.p.A. era stato sottoscritto su un modulo precompilato da quest’ultima e che lo S. sarebbe stato pure “costretto” a sottoscrivere la correlata dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà – sarebbe incorso nella violazione per non aver indagato sull’effettiva intenzione dei contraenti, sia in riferimento al sopralluogo precedente alla stipulazione del contratto e alle opere murarie che avrebbe dovuto predisporre il richiedente, sia in riferimento alla sproporzionata entità della potenza di 6 kW per somministrare energia elettrica a un deposito di attrezzi agricoli, sia in riferimento, infine, alla condotta posteriore dell’Enel, che solo in causa si sarebbe difesa tramite il contenuto del contratto e della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, mentre in precedenza, a fronte delle diffide dell’attuale ricorrente, aveva richiamato il proprio contratto assicurativo e addossato ogni responsabilità all’impresa che aveva incaricato dell’esecuzione dei lavori.
E’ evidente che anche questo motivo patisce di inammissibilità, in quanto non consiste, in effetti, in una doglianza di diritto, bensì nella proposizione di argomenti puramente fattuali, nell’intento di suscitare una valutazione alternativa rispetto a quella del Tribunale dell’esito probatorio da parte del giudice di legittimità, e dunque oltrepassando i confini propri della sua cognizione.
In conclusione, l’intero ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
Sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art., comma 1 bis.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 6200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre gli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 9 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2016