Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12733 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12733 Anno 2015
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: BUCCIANTE ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 21252-2009 proposto da:
TRENTI LUIGIA, TRENTI GINA, elettivamente domiciliate
in ROMA, LARGO OLGIATA 15 ISOLA 106, presso lo studio
dell’avvocato FULVIA TRINCIA, rappresentate e difese
dall’avvocato MAURO VECCHIETTI;
– ricorrenti 2015
960

Nonché da:
GOSTNER CRISTIAN

GSTCST78S18H330Z,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 38, presso
lo studio dell’avvocato MARIO MONZINI, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ILARIA

Data pubblicazione: 19/06/2015

TORBOLI;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

GOSTNER SERENA, ECCHER LUIGINA, TORO ASSICURAZIONI
SPA, IN PERSONA DEL LEGALE RAPP.TE P.T.;

avverso la sentenza n. 48/2009 della CORTE D’APPELLO
di TRENTO, depositata il 10/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/03/2015 dal Consigliere Dott. ETTORE
BUCCIANTE;
udito l’Avvocato Monzini Mario difensore di Gostner
Cristian che si riporta alle difese in atti ed
insiste per l’accoglimento del controricorso e
ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi.

– Intimati –

-

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia è insorta tra le parti con
riferimento al testamento olografo datato 15
gennaio 2000, con il quale Vigilio Trenti, dece-

nati propri beni alle sue sorelle Luigia Trenti e
Gina Trenti, nonché a Serena Gostner e a Cristian Gostner «in quanto riconosco come miei
figli», disponendo altresì legati in favore di
Luigina Eccher «madre dei miei figli».
Con sentenza n. 168/2007 – pronunciata in
contraddittorio tra le attrici Luigia Trenti e
Gina Trenti, i convenuti Serena Gostner, Cristian
Gostner e Luigina Eccher, nonché l’intervenuta
s.p.a. Toro Assicurazioni, emittente di una
polizza infortuni a beneficio degli eredi di
Vigilia Trenti – il Tribunale di Rovereto ha
rigettato sia la domanda di annullamento dell’atto di ultima volontà del de cuius per dolo o per
errore, sia quella di accertamento della qualità
delle attrici di eredi anche

ab intestato

del

defunto, osservando: che l’accertamento tecnico
svolto in ordine al rapporto di paternità biologica aveva dato esito negativo per Cristian
Gostner ed era estensibile,

ex art. 116 c.p.c., a

Serena Gostner, la quale si era rifiutata di
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duto il 27 maggio 2002, aveva attribuito determi-

sottoporsi all’indagine; che tuttavia mancava la
prova che la volontà del testatore fosse stata
dominata dalla rappresentazione di un fatto non
vero, essendo risultato dalla prova testimoniale

«come fossero suoi figli», sicché non era dimostrato che non avrebbe disposto in loro favore,
se avesse saputo di non esserne il padre; che non
era risultato che il de cuius fosse proprietario
di altri beni oltre quelli di cui aveva disposto
per testamento.
Impugnata da Luigia Trenti e Cina Trenti, la
decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Trento, che con sentenza n. 48/2009 ha
rigettato il gravame, ribadendo che non vi erano
prove né circa il carattere determinante dell’errore in cui era incorso il de cuius, ma anzi vari
elementi extratestuali deponevano in senso contrario, né circa l’esistenza di beni non menzionati nell’atto di ultima volontà e quindi caduti
in successione legittima; le spese del giudizio
di secondo grado sono state compensate tra le
parti, come lo erano state quelle del primo.
Luigia Trenti e Gina Trenti hanno proposto
ricorso per cassazione, in base a cinque motivi,
poi illustrati anche con memoria. Cristian Go21252/2009

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che egli nutriva affetto verso i fratelli Gostner

stner si è costituito con controricorso, formulando a sua volta un motivo di impugnazione in
via incidentale. Serena Gostner, Luigina Eccher e
la s.p.a. Toro Assicurazioni non hanno svolto

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i primi tre motivi del ricorso principale
Luigia Trenti e Gina Trenti deducono

che

la

sentenza impugnata è affetta:
– da «violazione e falsa applicazione degli
artt. 1362 cod civ e segg in materia di interpretazione del testamento (art 360 n 3 cpc)», per
avere la Corte d’appello attribuito rilievo a
dati extratestuali non risultanti dall’atto di
ultima volontà, nel quale non erano contenute
espressioni inadeguate o contraddittorie, risultando chiaro che l’istituzione come eredi di
Serena Gostner e di Cristian Gostner era stata
disposta dal de

cuius

nell’erronea convinzione

che fossero realmente suoi figli;

da «omessa, insufficiente e contraddittoria

motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio (art 360 n 5 cpc)», in quanto si
è presupposto che il de

culus

fosse «solo in

vita», mentre invece intratteneva rapporti cordiali e consuetudine di visite e frequentazioni
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attività difensive nel giudizio di legittimità.

con le proprie sorelle e le loro famiglie, oltre
ad aver avuto una lunga relazione affettiva con
Luigina Eccher, tanto da credere di essere padre
di due dei figli di lei: il che aveva costituito

plazione nel testamento;

da

«violazione,

falsa

applicazione

dell’art. 624 cod civ quanto alla rilevanza del
motivo che ha spinto il de cuius a disporre in
favore dei fratelli Gostner; omessa insufficiente
e comunque contraddittoria motivazione in ordine
ad un punto decisivo e controverso per il giudizio (art 360 n 5 cpc)», poiché l’unico motivo
risultante dalla scheda testamentaria era la
supposizione della (inesistente) paternità,
sicché non potevano essere presi in considerazione quelli ulteriori inespressi, che secondo la
Corte d’appello avrebbero indotto Vigilia Trenti
a istituire eredi Serena Gostner e Cristian
Gostner anche se avesse saputo che non erano suoi
figli.
Le tre censure, che possono essere vagliate
contestualmente, stante lo stretto loro collegamento, vanno disattese.
A norma dell’art. 624 c.c., «l’errore sul motivo, sia esso di fatto o di diritto, è causa di
21252/2009

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il motivo effettivo e decisivo della loro contem-

:

annullamento della disposizione testamentaria,
quando il motivo risulta dal testamento ed è il
solo che ha determinato il testatore a disporre».
Ciò che deve risultare dal testamento, pertanto,

escludono la sua unicità ed essenzialità, come le
ricorrenti pretendono: requisiti la cui presenza,
non desumibile dal fatto stesso dell’errore, deve
essere dimostrata da chi esercita l’azione di
annullamento, trattandosi di elementi costitutivi
del diritto che viene fatto valere in giudizio.
Nessun

error in iudicando

può essere quindi

fondatamente attribuito al giudice

a quo,

per

aver basato la propria decisione non solo sulla
constatazione – già di per sé sufficiente – del
mancato assolvimento, da parte delle originarie
attrici, dell’onere di provare che il motivo
della disposizione testamentaria in questione
fosse stato esclusivo e determinante, ma anche
sul rilievo che vari dati extratestuali deponevano anzi in senso contrario.
Quanto poi ai vizi di motivazione – denunciati peraltro nella impropria prospettiva che
l’accertata erroneità del motivo dovesse in
sostanza far presumere la sua unicità ed essenzialità – va rilevato che si verte in tema di
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è soltanto il motivo, non anche le ragioni che

accertamenti di fatto e di apprezzamenti di
merito, insindacabili in questa sede se non sotto
il profilo dell’omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione. Da tali vizi la

giudice a

quo ha dato adeguatamente conto, in

maniera esauriente e logicamente coerente, delle
ragioni della decisione sul punto, osservando che
dal complesso delle prove assunte era emerso che
Vigilie Trenti «aveva trovato nei giovani Gostner, a prescindere dall’inesistente legame di
sangue, un punto di riferimento affettivo costante, che si era protratto per molti anni e comunque fino alla morte», sicché «non può sostenersi
ex se che la mera non paternità biologica, ove
conosciuta dal

de cuius,

lo avrebbe indotto a

diversamente disporre». Le opposte valutazioni
propugnate dalle ricorrenti sulla base di
contestazioni attinenti a circostanze per lo più
secondarie nell’economia della motivazione della
sentenza impugnata, come il non essere stato il
de culus «solo in vita» non possono costituire
idonea ragione di accoglimento delle censure in
esame, stanti i limiti propri del giudizio di
legittimità.
Con il quarto motivo del ricorso principale
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sentenza impugnata risulta immune, poiché il

Luigia Trenti e Gina Trenti, dolendosi di «violazione dell’art. 112 cpc, per ultrapetizione o
extrapetizione», lamentano che è stata rigettata
una presunta loro domanda – in realtà non propo-

propria qualità di eredi anche

ab intestato di

Vigili° Trenti, qualità che avevano accampato
solo per dimostrare la sussistenza della loro
legittimazione attiva; osservano altresì che la
pronuncia è contraddittoria, avendo la Corte
d’appello riconosciuto il loro diritto a concorrere pro quota sui beni ereditari non menzionati
nel testamento.
La censura non può essere accolta.
Sotto il primo dei profili in cui è articolata, essa riguarda un vizio che in ipotesi avrebbe
inficiato già la sentenza di primo grado e che
non ha formato oggetto

di

appello, sicché la

questione non può avere ingresso in questa sede.
Il rigetto della domanda di cui tratta è stato d’altra parte confermato in appello senza
alcun riconoscimento del diritto di Luigia Trenti

e

Gina Trenti a succedere

ab

proprietà di beni dei quali il

intestato

nella

de cuius

non

avesse disposto: beni relativamente ai quali la
Corte d’appello ha ribadito che non ne era stata
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sta – intesa ad ottenere l’accertamento della

provata l’esistenza (salvo che per il “premio di
polizza”, su cui ha provveduto), come già era
stato rilevato dal Tribunale, sicché non é incorsa in alcuna contraddizione.

viene denunciata «violazione e falsa applicazione
dell’art 588 cod civ ed erronea attribuzione del
premio di polizza stipulata dal de cuius con la
Toro Assicurazioni», per avere la Corte d’appello
erroneamente escluso che Luigia Trenti e Gina
Trenti fossero state istituite eredi ex re certa
dal testatore e avessero quindi diritto a percepire la corrispondente quota del “premio” della
polizza stipulata da Vigili° Trenti con la s.p.a.
Toro Assicurazioni.
La censura va disattesa, poiché difetta del
tutto del requisito della pertinenza con il
contenuto della sentenza impugnata, con la quale
la Corte d’appello non ha affatto negato che
Luigia Trenti e Gina Trenti siano state anche
loro istituite eredi dal fratello e appunto in
questo presupposto ha espressamente statuito che
«già allo stato concorrono pro quota all’assegnazione del premio, senza che sia loro precluso
alcun diritto». Né in questa sede le ricorrenti
hanno riproposto la tesi sostenuta nel giudizio a
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Con il quinto motivo del ricorso principale

I

quo –

e

respinta con la sentenza impugnata –

secondo cui il “premio” in questione competeva
soltanto a loro, non essendo stato menzionato nel
testamento e essendo quindi caduto in successione

Con il motivo addotto a sostegno del ricorso
incidentale Cristian Gostner si duole di «violazione di legge e falsa applicazione degli artt.
91-92 c.p.c. – omessa contraddittoria motivazione», sostenendo che incongruamente la Corte
d’appello ha confermato la compensazione delle
spese disposta dal Tribunale e ha provveduto
analogamente per quelle del giudizio di secondo

t

grado.
La censura non può essere accolta, poiché in
materia il sindacato consentito a questa Corte,
secondo la disciplina applicabile nella specie
ratione temporls,

è limitato alla verifica della

plausibilità delle ragioni poste dal giudice

a

quo a fondamento della sua decisione: plausibilità di cui non sono prive la considerazioni svolte
nella sentenza impugnata a proposito della «particolare natura della lite», della «difficoltà
della materia trattata», della «delicatezza della
situazione familiare», della «opportunità di
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[non] aggravare una situazione di notevole con21252/2009

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legittima.

flittualità».
I ricorsi vanno pertanto entrambi rigettati.
Stante la prevalente loro soccombenza, le ricorrenti principali vengono condannate – in so-

causa – a rimborsare al resistente le spese del
giudizio di cassazione, che si liquidano in
200,00 euro, oltre a 4.000,00 euro per compensi,
con gli accessori di legge.
DISPOSITIVO
La Corte rigetta entrambi i ricorsi; condanna le
ricorrenti principali in solido a rimborsare al
resistente le spese del giudizio di cassazione,
liquidate in 200,00 euro, oltre a 4.000,00 euro
per compensi, con gli accessori di legge.
Roma, 17 marzo 2015
Il P

dente

(Luigi r cc

Il Cons

i)

ere estensore

(Ettore Bucciante)

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
J

Roma,

19 GiU, 2015

lido, stante il comune loro interesse nella

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