Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12731 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 13/05/2021, (ud. 30/09/2020, dep. 13/05/2021), n.12731

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6538-2019 proposto da:

FE.GI., F.G., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,

rappresentati e difesi dall’avvocato STEFANO BESANI;

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ AGRICOLA AGRIBIZZERA S.S., in persona del legale

rappresentante pro tempore, G.A., G.S.,

B.R., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA M. PRESTINAR 13, presso

lo studio dell’avvocato PAOLA RAMADORI, rappresentati e difesi

dall’avvocato LUCA MAGLI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1362/2018 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 09/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALDO

ANGELO DOLMETTA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Con lodo emesso nel luglio 2014, l’arbitro unico ha definito la controversia insorta tra soci F.G. e Gi., da una parte, e la società semplice Agribizzera, dall’altra.

Stabilita la validità del recesso dalla società, che era stato esercitato dai signori F., il lodo, richiamando le norme degli artt. 2289 e 2290 c.c., ha “ritenuto non potersi far luogo ad alcuna liquidazione quota” a favore dei receduti, “anzi tenuti a rispondere delle obbligazioni sociali” per una serie di importi.

F.G. e Gi. hanno impugnato tale determinazione avanti alla Corte di Appello di Brescia chiedendo la dichiarazione di nullità del lodo per la causa indicata nell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 11 ovvero, e in subordine, per quella rappresentata nell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.- Con sentenza depositata il 9 settembre 2018, la Corte bresciana ha respinto l’impugnazione.

In relazione all’assunta contraddittorietà del lodo, la sentenza – premesso che, ai fini dell’applicazione dell’art. 829, n. 11, la “contraddittorietà interna tra le diverse parti della motivazione può assumere rilevanza soltanto in quanto si determini l’impossibilità assoluta di ricostruire l’iter logico e giuridico sottostante alla decisione” – ha osservato che, nella specie, “non sussiste alcuna contraddizione nel senso sopra indicato”. L’iter logico è “chiaro, essendo l’arbitro unico pervenuto all’affermazione di una situazione debitoria del socio receduto verso la società sul presupposto della configurazione della quota sociale quale parte del patrimonio netto della stessa, positivo o negativo che fosse, tant’è che proprio tale impostazione è stata fatto oggetto di censura con il secondo motivo di impugnazione, ivi affermandosi violata la legge, in ragione della ritenuta operatività della responsabilità solidale del socio uscente per le obbligazioni sociali soltanto nei rapporti esterni verso cioè i creditori della società e non anche nel rapporto interno tra socio e società”.

In relazione al vizio di violazione di legge, proposto in via subordinata, la sentenza ha rilevato essere “evidente, alla sola lettura del testo, l’insussistenza nella convenzione di arbitrato di qualsiasi previsione in ordine alla possibilità… dell’impugnazione per violazione di legge”.

3.- Avverso questa decisione ricorrono F.G. e Gi., affidandosi a un motivo di cassazione.

Resiste, con controricorso, la società Agribizzera.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il motivo, svolto dal ricorso, è stato rubricato “violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4”. Nello sviluppo dello stesso, peraltro, il ricorrente dichiara che il ricorso “è volto a ritenere la risposta al seguente quesito di diritto”.

“Accertato che il lodo contiene disposizioni tra loro contraddittorie, sussistendo in particolare una evidente incompatibilità tra l’applicazione dell’art. 2290 c.c. e quella dell’art. 2289 c.c., essendo norme dettate per regolare situazioni differenti”, “voglia la Suprema Corte decidere così rispondendo al seguente quesito: “sussiste la nullità del lodo arbitrale, ai sensi dell’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 11 ogni volta in cui l’arbitro non renda esplicabile l’iter logico con cui è pervenuto alla decisione. In particolare, l’applicazione di norma di legge dettate per fattispecie differenti a quelle di cui alla domanda arbitrale, senza che vi siano elementi desumibili dall’interno del lodo che ne giustifichino l’applicazione, rende la motivazione contraddittoria in quanto le premesse giuridiche non applicabili al caso che occupa – vengono sviluppate sino a una decisione che rimane incomprensibile””.

5.- Il ricorso non può essere accolto.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la nullità, che è prevista dall’art. 829 c.p.c., comma 1, n. 11, per il lodo contenente disposizioni contraddittorie, va intesa nel ristretto senso di vizio che determina l’impossibilità assoluta di ricostruire l’iter logico e giuridico sottostante alla decisione per totale assenza di una motivazione riconducibile al suo modello funzionale; la detta nullità viene in altri termini a configurarsi solo per la contraddittorietà che realizza una “vera e propria inconciliabilità tra le varie parti di essa, di consistenza tale da rendere impossibile la ricostruzione della ratio e, quindi, da integrare una sostanziale mancanza di motivazione” (cfr., Cass. 28 maggio 2014, n. 11895, ove pure le indicazioni di arresti precedenti; Cass., 25 gennaio 2016, n. 1258).

Nel caso di specie, l’iter motivazionale si manifesta, come ha correttamente rilevato la Corte bresciana, del tutto chiaro in sè stesso: l’arbitro ha accertato che la società era in passivo al momento del recesso e ha applicato la norma dell’art. 2289 c.c., che nel suo comma 3 stabilisce che il socio partecipa agli utili ed alle perdite che derivino da passività già presenti nel patrimonio sociale, nonchè la norma dell’art. 2290 c.c., secondo cui di tale passività il socio receduto risponde fino al giorno del recesso.

Posto questo dato, ogni ul:eriore rilievo, che venga formulato al riguardo, viene in realtà a sconfinare, nell’eventualità, nel campo del vizio di violazione di legge (la cui ipotetica rilevanza è stata esclusa dalla Corte del merito, con statuizione non impugnata dal ricorrente). Com’è per il rilievo del ricorrente, per cui nella specie il lodo ha condannato i soci receduti a “versare pro quota i suddetti importi a copertura delle perdite maturate, come se – una volta versate tali somme – i soci receduti F.G. e Gi. non fossero più tenuti a versare alcunchè”.

6.- Le spese seguono la regola della soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

La Corte respinge il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese dè giudizio di legittimità, che liquida nella somma di Euro 2.600,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi), oltre a spese forfetarie e accessori di legge.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato parti a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile – 1, il 30 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

 

 

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