Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12731 del 05/06/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12731 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 28729-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore Centrale
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– ricorrente contro
ISTITUTO S. ANTIDA SOCIETÀ COOPERATIVA;

– intimata avverso la sentenza n. 865/9/2012 della Commissione Tributaria
Regionale di L’AQUILA – Sezione Staccata di PESCARA del
13.3.2012, depositata il 19/06/2012;

Data pubblicazione: 05/06/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI
CONTIA, voc,, eR, oni ’32 ohi!) c9c

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi,
contro la sentenza resa dalla CTR Abruzzo n.865 depositata il 19 giugno 2012
che ha rigettato l’appello proposto dalla stessa Agenzia contro la sentenza del
giudice di prime cure che aveva dichiarato l’illegittimità dell’atto di revoca del
credito d’imposta previsto dall’art.7 conuna 10 1.n.388/2000 per nuove
assunzioni di lavoratori negli anni dal 2003 al 2006, emesso sul presupposto
che la contribuente Istituto Sant’Antida soc.coop.sociale onlus , attraverso la
frammentazione di diverse istanze presentate, ciascuna delle quali di importo
inferiore ai limiti consentiti, pari a euro 100.000,00 nel triennio, aveva
indebitamente beneficiato della provvidenza.
Il giudice di appello riteneva che il giudice andava deciso sulla base della
regola “de minimis” più volte applicata in casi analoghi, alla cui stregua i
contributi concessi all’impresa non erano qualificabili come aiuti di stato
mancando la condizione di selettività; ciò perché il contributo era concesso solo
in ragione dell’appartenenza ad area geografica determinata.
Tanto giustificava l’orientamento opposto a quello espresso dall’isolata
pronunzia resa sul punto da questa Corte- sent.n.21797/11-.
L’Agenzia delle entrate deduce, con il primo motivo, la violazione e falsa
applicazione degli artt.7 1.n.388/00, 63 1.n.289/2002, in relazione all’art.360
comma 1 n.3 c.p.c., lamentando che il giudice di appello aveva disapplicato
illegittimamente il limite quantitativo alla concessione dell’ulteriore credito
d’imposta per l’incremento dell’occupazione nelle aree svantaggiate, non
potendo tale disapplicazione giustificarsi in relazione alla mancata previsione di
tale limite nella disciplina comunitaria.
Con il secondo motivo l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione
degli artt.7 l.n.38812000, 63 1.n.289/2002, in relazione agli artt.87 e 88 Trattato
CEE, nonché del Reg.CE n.69/2001 e del Reg.U.E.n.2204/2002, (art.360 c.1
n.3 c.p.c.). Lamenta che la CTR aveva erroneamente ritenuto che il beneficio di
cui all’art.7 1.n.388/2000 configuri un aiuto ai lavoratori piuttosto che un aiuto
di Stato, senza invece considerare il carattere di aiuto di Stato del detto
beneficio e i limiti quantitativi imposti dall’art.87 Trattato CE, nemmeno
potendosi applicare il Reg.UE n.2204/2002, non soddisfacendo l’art.63
1.n.289/2002 tutte le condizioni ivi stabilite.
La parte contribuente non ha depositato difese.
I due motivi di ricorso meritano un esame congiunto ed appaiono meritevoli di
accoglimento per quanto di ragione.
La Corte ha infatti avuto modo di affermare più volte il seguente principio:
“…In tema di agevolazioni fiscali, è illegittima la disapplicazione da parte del
giudice nazionale della norma della 1. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 63, comma
1, nella parte in cui, rinnovando il regime di incentivi alle assunzioni, mantiene
ferma la disposizione di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 7, comma 10,
che circoscrive il riconoscimento del credito di imposta nei limiti della regola
Ric. 2012 n. 28729 sez. MT – ud. 07-05-2014
-2-

IN FA I 10 E IN DIRITTO

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“de minimis” – e cioè nell’importo di Euro 100.000 nel triennio, quale limite
quantitativo al di sotto del quale gli aiuti di stato non incorrono nel divieto di
cui all’art. 92 (poi 87) del Trattato CE – sul presupposto che il beneficio in
questione non configuri un aiuto di Stato, in quanto incorre nella violazione
della normativa comunitaria il legislatore soltanto se concede aiuti di Stato in
misura eccedente alla regola “de minirnis” e non se circoscrive, nell’ambito dei
suoi legittimi poteri discrezionali, benefici fiscali entro soglie predefinite, anche
individuate “per relationem” rispetto a norme dell’ordinamento comunitario”cfr., da ultimo, Cass.n.26161/2013-.
Sulla scorta di tale principio, si è quindi ritenuto che nessun profilo di
illegittimità è ravvisabile nella disposizione della L. n. 388 del 2000, art. 7,
comma 10, laddove subordina alla regola de minimis l'”ulteriore credito
d’imposta” ivi previsto, indipendentemente dalla qualificazione di detto
incentivo come aiuto di Stato o meno-.v.Cass.n.12859/13-.
La pronuncia impugnata non ha fatto corretta applicazione della norma
nazionale e merita pertanto di essere cassata.
Non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa nel
merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto del ricorso proposto avverso
l’avviso di recupero di credito di imposta.
Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di merito, mentre
le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte contribuente
e liquidate come da dispositivo
PQM
La Corte or+, Q 34/t ;3ìò &icpc sL, t j (bit
Accoglie filricorso
Cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta I lricorso della parte
contribuente.
Compensa le spese del giudizio di merito e condanna la parte contribuente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2000,00
per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così decisio il 7 maggio 2014 nella camera di consiglio della sesta sezione
*vile in Roma.
ons.rel.
Il Presidente

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