Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12730 del 21/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 21/06/2016, (ud. 26/02/2016, dep. 21/06/2016), n.12730

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C.O.C., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo STUDIO GREZ &

ASSOCIATI,

rappresentata e difesa dall’avvocato DA PASSANO FILIPPO giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA NORD S.P.A. in persona del legale rappresentante pro

tempore Avv. P.P., elettivamente domiciliata in ROMA,

P.ZA BARBERINI 12, presso lo studio dell’avvocato PAPA MALATESTA

ALFONSO MARIA, che la rappresenta e difende giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2738/2014 del TRIBUNALE di GENOVA, depositata

il 23/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/02/2016 dal Consigliere Dott. AMBROSIO ANNAMARIA;

udito l’Avvocato PAPA MALATESTA ALFONSO MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 28.07.2014 il Tribunale di Genova – previa qualificazione dell’azione come “un’opposizione ex art. 615 c.p.c. per quanto si adducano fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo e agli atti esecutivi per vizi di notifica” – ha rigettato l’opposizione proposta da C.O.C. avverso la cartella di pagamento di Euro 2.221,01 emessa da Equitalia per sanzioni amministrative e condannato l’opponente al pagamento delle spese processuali.

Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione C. O.C., ritenendo la decisione non impugnabile ai sensi dell’art. 618 c.p.c. e articolando tre motivi relativamente a preteso vizio di notifica.

Ha resistito Equitalia, depositando controricorso.

E’ stata depositata memoria da parte della ricorrente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con i motivi di ricorso si denuncia:

1.1. violazione o falsa applicazione degli artt. 2714, 2715 e 2719 c.c., nonchè dell’art. 116 c.p.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il Tribunale negato valenza al disconoscimento di quattro documenti, relativi alla notifica della cartella esattoriale, sul presupposto della presenza di una dichiarazione di conformità;

osserva la ricorrente che la dichiarazione di conformità – peraltro riportata solo su due dei documenti in questione – non è idonea all’attribuzione del valore di copia autentica, siccome proveniente da un soggetto (Equitalia) che non poteva ritenersi a ciò autorizzato e, comunque, priva dei requisiti formali dell’autentica;

1.2. nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere il Tribunale affermato che la conformità della fotocopia all’originale può evincersi anche mediante altri mezzi di prova, incluse le presunzioni; osserva la ricorrente che il Tribunale si limita ad affermazioni di principio, motivando se non in maniera apparente, sulle ragioni per cui nella specie riteneva la ridetta documentazione conforme all’originale;

1.3. violazione o falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), per non essere stata rispettata la sequenza temporale previsto dalla norma cit. in quanto il deposito presso la casa comunale della cartella esattoriale sarebbe avvenuto a distanza di mesi dall’invio della lettera A.R..

2. Il ricorso supera la preventiva eccezione di inammissibilità sollevata dalla resistente sul presupposto della qualificazione dell’azione da parte del giudice a quo come opposizione all’esecuzione e della correlativa appellabilità della sentenza in forza del principio dell’apparenza.

Invero rammentato che, secondo consolidata giurisprudenza, in tema di opposizione esecutiva, quando le contestazioni della parte si configurino, nello stesso procedimento, come opposizione all’esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi, si deve ritenere che la sentenza, formalmente unica, contenga due decisioni distinte, soggette rispettivamente ad appello ed a ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (Cass. 13 giugno 2006, n. 13655) – si osserva che, seppure in forma involuta, il Tribunale ha distintamente individuato nell’azione proposta dall’ O. “un’opposizione ex art. 615 c.p.c.per quanto si adducano fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo esecutivo e (un’opposizione) agli atti esecutivi per vizi di notifica”.

Orbene il presente ricorso intende (ri)proporre esclusivamente censure attinenti a vizi di notifica che sarebbero state proposte con il sesto motivo di opposizione, costituenti, secondo la (corretta) qualificazione del giudice a quo, materia di opposizione agli atti.

In parte qua la decisione è, quindi, impugnabile con ricorso straordinario per cassazione.

Ciò premesso, nessuno dei motivi coglie nel segno.

2.1. Quanto ai primi due motivi, integrando e, in parte, rettificando la decisione impugnata, si rammenta che, secondo i più recenti approdi di questa Corte, in tema di prova documentale, l’onere di disconoscere la conformità tra l’originale di una scrittura e la copia fotostatica della stessa prodotta in giudizio, pur non implicando necessariamente l’uso di formule sacramentali, va assolto mediante una dichiarazione di chiaro e specifico contenuto che consenta di desumere da essa in modo inequivoco gli estremi della negazione della genuinità della copia, senza che possano considerarsi sufficienti, ai fini del ridimensionamento dell’efficacia probatoria, contestazioni generiche o onnicomprensive.

(Cass. civ. 30 dicembre 2009, n. 28096; nonchè, più di recente, Cass. civ., 03 aprile 2014, n. 7775; Cass. civ. 07 giugno 2013, n. 14416). E’ stato, infatti, osservato che qualsiasi contestazione in ambito processuale non può essere ambigua o generica, perchè lascerebbe irrisolto il dubbio se i fatti genericamente contestati debbano essere provati o meno. Per queste ragioni la contestazione generica deve ritenersi tamquam non esset: e ciò sia per quanto attiene le modalità di contestazione dei fatti processuali allegati dalla controparte, sia per quanto attiene le modalità di contestazione della conformità all’originale della copia di un documento; in particolare una contestazione della conformità all’originale d’un documento prodotto in copia, per essere validamente compiuta ai sensi dell’art. 2719 c.c., va operata, a pena di inefficacia, in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (Cass. n. 7775 del 2014 cit.).

Nel caso di specie l’opponente si era limitata, come ammette nel presente ricorso, a contestare “la conformità delle copie prodotte agli originali”, riservandosi di proporre querela di falso all’esito della produzione degli originali, senza tuttavia anche specificare che intendeva così disconoscere o mettere in dubbio l’esistenza degli originali o mettere specificamente in dubbio la conformità degli atti stessi agli originali e in quale parte. Deve pertanto ritenersi che correttamente il Tribunale abbia ascritto piena efficacia probatoria alle fotocopie in questione.

2.2. E’ inammissibile l’ultimo motivo per novità della censura, così come eccepito da parte resistente.

Osserva al riguardo il Collegio che i motivi di ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che abbiano già formato oggetto del thema decidendum nel giudizio di merito, essendo consentito dedurre nuovi tesi giuridiche e nuovi profili di difesa solo quando esse si fondano su elementi di fatto già dedotti dinanzi al giudice di merito e per i quali non sia perciò necessario procedere ad un nuovo accertamento (Cass. 16 dicembre 2010, n. 25510; 2000/5845; 2000/14848; 2004/22154;

2005/19350). Orbene la ricorrente non ha indicato in quale sede la questione della sequenza temporale degli adempimento di cui all’art. 140 c.p.c., oggetto del motivo all’esame, è stata posta e dibattuta, nè ha riportato le proprie difese quali esplicitate sul punto nell’atto di opposizione, limitandosi a citare genericamente (peraltro solo nella memoria ex art. 378 c.p.c., inidonea a supplire le carenze del ricorso introduttivo) alcuni passaggi delle proprie difese svolte in udienza ovvero nella memoria ex art. 183 c.p.c., in cui contestava ora la nullità ora l’inesistenza ora l’irregolarità della notificazione.

In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, seguono la soccombenza.

Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.700,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2016

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