Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12726 del 21/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 21/06/2016, (ud. 17/02/2016, dep. 21/06/2016), n.12726

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.S.M., (OMISSIS), D.P.

(OMISSIS), D.G. (OMISSIS),

D’.GI. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI

GUIDO FRANCESCO, rappresentati e difesi dall’avvocato GUARESCHI

ALBERTO giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.C., C.G. nella qualità di coeredi di

CA.GI., domiciliati ex lege presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato CARROZZA

PIETRO giusta procura speciale a margine del controricorso;

C.L. in qualità di coerede di CA.GI.,

elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 76, presso

lo studio dell’avvocato CARNEVALI ANTONELLA che la rappresenta e

difende giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

C.M.G.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 614/2010 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 07/12/2010, R.G.N. 1001/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2016 dal Consigliere Dott. SCARANO LUIGI ALESSANDRO;

udito l’Avvocato MIGLIACCIO PAOLO per delega;

udito l’Avvocato CARNEVALI ANTONELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE IGNAZIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7/12/2010 la Corte d’Appello di Messina ha respinto il gravame interposto dai sigg.ri D.G. ed altri in relazione alla pronunzia Trib. Messina n. 2995/02, di rigetto della domanda proposta nei confronti del sig. Ca.Gi. di risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’espletamento da parte di quest’ultimo della sua attività di avvocato, per avere erroneamente individuato il soggetto passivamente legittimato in un giudizio di determinazione dell’indennità di espropriazione nella Cooperativa Edilizia Esperia 14 anzichè del Comune di Messina, nemmeno provvedendo a chiamarlo in causa e ad interrompere nei suoi confronti il termine decennale di prescrizione.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito sigg.ri D.G. ed altri propongono ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria.

Resistono con controricorso i sigg.ri C.C. e G., quali eredi del nel frattempo deceduto sig. Ca.Gi., cha hanno presentato anche memoria.

Già chiamata all’udienza del 19/2/2015, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo disponendosi l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre eredi sigg.re C.L. e M. G..

All’uopo provvedutosi dagli odierni ricorrenti, resiste con controricorso la C.L..

L’altra intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo i ricorrenti denunziano violazione degli artt. 1175, 1176, 2043 e 2230 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è sotto plurimi profili inammissibile.

Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che i ricorrenti fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito es., all'”atto di citazione notificato il 06/10/2000″, alla comparsa di costituzione e risposta della controparte nel giudizio di 1^ grado, alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello, al conferito “mandato” limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso nè fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 6/11/2012, n. 19157; Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808), la mancanza pure di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deducono le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del solo ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle sole deduzioni contenute nel medesimo, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, non avendo la Corte di legittimità accesso agli atti del giudizio di merito (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso –

apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione, dovendo il ricorrente viceversa porre la Corte di legittimità in grado di orientarsi fra le argomentazioni in base alle quali ritiene di censurare la pronunzia impugnata (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

Deve per altro verso porsi in rilievo che non risulta invero censurata la ratio decidendi sorreggente l’impugnata sentenza secondo cui i ” D.- D.S., in 1^ grado, non hanno assunto la responsabilità dell’avv. C. per non avere sin dall’inizio instaurato il giudizio nei confronti del Comune invece che della Cooperativa Esperia”.

Trova pertanto a tale stregua applicazione il consolidato principio secondo cui ove la sentenza impugnata sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione anche di una sola di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, le quali, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (cfr., da ultimo, Cass., 12/2/2015, n. 2744).

Emerge dunque evidente come, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni dei ricorrenti, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, in realtà si risolvono nella mera doglianza circa la dedotta erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle loro aspettative ( v. Cass., 20/10/2005, n. 20322 ), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via essi in realtà sollecitano, cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente sig. C.L., seguono la soccombenza.

Non è viceversa a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’altra intimata, non avendo la medesima svolto attività difensiva.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore della controricorrente sig. C.L..

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2016

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