Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12725 del 19/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 19/05/2017, (ud. 02/02/2017, dep.19/05/2017),  n. 12725

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1002-2015 proposto da:

I.M. C.F. (OMISSIS), M.L.J. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA UGO BARTOLOMEI 23, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO SAVERIO IVELLA, rappresentate e

difese dagli avvocati FRANCESCO MARIA CAPITANIO e AUGUSTO CHIOSI,

giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA C.F. (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende o e

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8183/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/12/2013, R.G. N. 530/2007;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/02/2017 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello di Napoli, con sentenza n. 8183 del 2013, in riforma della sentenza di primo grado, respingeva la domanda proposta da I.M. e M.J.L., dipendenti del Ministero della Giustizia presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, inquadrate nella 7^ qualifica funzionale, addette da oltre dieci anni alle mansioni corrispondenti alla qualifica di “assistente sociale coordinatore”, le quali avevano rivendicato il riconoscimento, con decorrenza dal 1 gennaio 1998 e sino al primo rinnovo contrattuale, in applicazione della L. n. 449 del 1997, art. 41, comma 4, nonchè della L. n. 436 del 1987, art. 4-bis del trattamento economico proprio del “primo dirigente” del comparto Ministeri, nei maggiori importi previsti dall’art. 2 dell’Accordo di rinnovo del C.C.N.L. dell’area separata di contrattazione per il personale con qualifica dirigenziale dipendente della P.A., stipulato il 26.11.96, vigente all’atto di entrata in vigore della L. n. 449 del 1997.

2. La Corte territoriale, respinta l’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello sollevata dalle appellate per genericità del gravame, premetteva che la domanda si fondava sulla L. n. 449 del 1997, art. 41, comma 4, il quale aveva previsto, a decorrere dal 1 gennaio 1998 e sino al primo rinnovo contrattuale, l’estensione del trattamento economico di cui al D.L. n. 356 del 1987, art. 4-bis conv. in L. n. 436 del 1987, al personale civile dell’Amministrazione Penitenziaria, transitato nella 7^ qualifica funzionale, appartenente ai profili professionali di assistente sociale coordinatore e di educatore coordinatore, applicato presso istituti penitenziari o centri servizi sociali ad essi collegati ovvero che avesse prestato servizio per almeno otto anni presso i predetti istituti o centri, in ogni caso limitatamente al periodo di permanenza in tale posizione e purchè comunque in possesso della prescritta anzianità di effettivo servizio senza demerito nella predetta qualifica.

2.1. Tanto premesso, la Corte di appello osservava – in sintesi – che:

– all’epoca dei fatti non era più esistente la figura del “primo dirigente”, ma ciò non consentiva di fare riferimento al trattamento riservato al dirigente unico di seconda fascia, poichè l’art. 41 cit., norma caratterizzata da una tecnica di rinvio per relationem ed avente finalità meramente perequativa, andava collocato nel contesto di un sistema improntato alla abrogazione degli automatismi stipendiali, come risultava chiaramente anche dalla prevista cessazione dell’efficacia dell’art. 4-bis e di altre disposizioni analoghe;

– pertanto, il fatto che l’art. 41 cit., pur nel mutato contesto normativo, avesse continuato a fare riferimento alla figura del primo dirigente e a quella del dirigente superiore agli effetti dell’equiparazione economica in questione orientava per un rinvio meramente formale al trattamento economico previsto per tali figure professionali, mentre la diversa opzione interpretativa comporterebbe l’attribuzione agli interessati, impiegati della carriera direttiva appartenenti alla 7^ qualifica funzionale, di un trattamento economico ben più elevato anche rispetto a quello già goduto dai primi dirigenti, soluzione questa che, oltre a non rivelarsi in linea con le perseguite finalità perequative, non era giustificata da alcuna previsione normativa;

– inoltre, alla data del 26 novembre 1996 era già stato stipulato anche il CCNL per la nuova qualifica dirigenziale e quindi, ove legislatore avesse voluto parametrare il beneficio a quello della nuova figura, avrebbe senz’altro richiamato il CCNL per l’area dirigenziale.

3. Per la cassazione di tale sentenza ricorrono le lavoratrici con tre motivi. Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo le ricorrenti, denunciando violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 437 c.p.c. e art. 345 c.p.c., comma 2, assumono che in sede di appello il Ministero aveva introdotto questioni nuove, mentre la sentenza, nel rigettare l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione, aveva erroneamente affermato che si trattava di “richiami espressi e più specifici alla normativa di riferimento”.

2. Con il secondo e il terzo motivo le ricorrenti censurano la sentenza per violazione e falsa applicazione di legge, con riferimento alla L. n. 449 del 1997, art. 41, comma 4, al D.L. n. 356 del 1987, art. 4 bis conv. in L. n. 436 del 1987, nonchè per erronea valutazione delle circostanze di fatto e delle risultanze istruttorie e per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5). Sostengono che, nell’interpretare la L. n. 449 del 1997, art. 41 occorreva tenere presente l’unificazione della categoria dirigenziale, nella quale era confluita la figura del primo dirigente, nel frattempo disposta dal legislatore; che, tenuto conto di tale mutamento normativo, il ricalcolo del trattamento economico andava effettuato con riferimento al vigente assetto contrattuale della categoria; che la Corte di appello aveva omesso di considerare l’interpretazione autentica delle norme resa in data 15 ottobre 1998 dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 6, non essendo riportati e neppure in parte trascritti la comparsa di costituzione in primo grado e l’atto di appello del Ministero, dalla cui comparazione dovrebbe risultare – ad avviso delle odierne ricorrenti – il mutamento della prospettazione difensiva di parte convenuta e, di conseguenza, l’erroneità del rigetto dell’eccezione di inammissibilità del gravame, sollevata dalle appellate. Ancorchè tali atti siano di regola inseriti nel fascicolo d’ufficio, la cui trasmissione è stata richiesta da parte ricorrente ex art. 369 c.p.c., comma 3, il suddetto adempimento di trascrizione è del tutto autonomo e prescritto a pena di inammissibilità (v., tra le più recenti, Cass. n. 195 del 2016, n. 14784 del 2015, v. pure S.U. 22726 del 2011).

4. Il secondo e il terzo motivo si incentrano, innanzitutto, sull’interpretazione della disciplina legislativa di cui alla L. n. 449 del 1997, art. 41, comma 4, che rinvia al trattamento economico proprio del primo dirigente di cui al D.L. n. 436 del 1987, art. 4-bis. La denuncia di violazione o falsa applicazione di tale normativa, formulata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, è infondata.

5. Il D.L. n. 356 del 1987, art. 4-bis, aveva esteso, a decorrere dal 1 novembre 1987, l’applicazione al personale civile di ruolo e non dell’amministrazione penitenziaria delle disposizioni di cui alla L. 1 aprile 1981, n. 121, art. 43, commi 22 e 23 e successive modificazioni, riguardanti, rispettivamente: a) l’attribuzione, agli impiegati della carriera direttiva (espressione interpretata autenticamente dalla medesima L. n. 449 del 1997, art. 41, comma 4, come riferita esclusivamente al personale di ruolo ad esaurimento e delle qualifiche funzionali dalla 7^ alla 9^ degli impiegati della carriera direttiva dell’amministrazione penitenziaria assunti in tali qualifiche funzionali a seguito di concorso) che avessero comunque prestato servizio senza demerito per quindici anni, del trattamento economico spettante al primo dirigente; b) l’attribuzione, agli impiegati della carriera direttiva e ai primi dirigenti che avessero comunque prestato servizio senza demerito per venticinque anni, del trattamento economico spettante al dirigente superiore.

5.1. La successiva L. 27 dicembre 1997, n. 449, all’art. 41, comma 4, ha previsto che “….a decorrere dal 1 gennaio 1998 e sino al primo rinnovo contrattuale, il trattamento economico di cui al citato D.L. n. 356 del 1987, art. 4-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 436 del 1987, è altresì corrisposto al personale civile dell’Amministrazione penitenziaria, transitato nella 7^ qualifica funzionale ai sensi della L. 11 luglio 1980, n. 312, art. 4, comma 8” (relativo al primo inquadramento nelle qualifiche funzionali del personale in servizio al 1 gennaio 1978) “appartenente ai profili professionali di assistente sociale coordinatore e di educatore coordinatore applicato presso istituti penitenziari o centri di servizio sociale ad essi collegati ovvero che abbia prestato servizio per almeno otto anni presso i predetti istituti o centri, in ogni caso limitatamente al periodo di permanenza in tali posizioni e purchè in possesso della prescritta anzianità di effettivo servizio senza demerito nella predetta qualifica”.

5.2. Lo stesso art. 41, comma 5, a sua volta, ha previsto la cessazione di efficacia del D.L. 28 agosto 1987, n. 356, art. 4-bis conv., con modificazioni, dalla L. 27 ottobre 1987, n. 436, “dall’entrata in vigore del primo rinnovo contrattuale”, ed ha contemplato ulteriori previsioni che hanno interessato il personale al quale era stato attribuito il trattamento economico ex art. 4-bis in forza di sentenze passate in giudicato emesse dai giudici amministrativi (disposizioni che non interessano nella presente sede e sulle quali è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 374/2000).

6. Come osservato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 23855 del 2012 – i cui principi sono in questa sede richiamati e ribaditi -, il Legislatore del 1997 non ignorava che il D.L. n. 356 del 1987, art. 4-bis, convertito, con modificazioni nella L. n. 436 del 1987, facesse riferimento alle qualifiche, rispettivamente, di primo dirigente e di dirigente superiore, non più esistenti per effetto del D.Lgs. n. 29 del 1993 e il cui trattamento economico ultimo, stabilito nel 1991, era rimasto in vigore fino al 1994. Deve pertanto ritenersi che il Legislatore dell’epoca volle proprio quel collegamento con un trattamento da poco cessato in via generale e moderatamente migliorativo rispetto a quello in atto per il personale in parola, da attribuire in funzione perequativa e transitoria, “dal 1 gennaio 1998 e sino al primo rinnovo contrattuale”.

6.1. Le Sezioni Unite hanno rilevato che l’operazione realizzata col citato art. 41 si iscriveva nel suo complesso nel quadro dell’indirizzo legislativo di abrogazione degli automatismi stipendiali nell’impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e di riconduzione della progressione economica dei trattamenti del personale contrattualizzato al principio della contrattazione, come risulta chiaramente dalla cessazione dell’efficacia dell’intero del D.L. n. 356 del 1987, art. 4-bis e di altre analoghe disposizioni speciali con “l’entrata in vigore del primo rinnovo contrattuale”, disposta dal comma 5 dell’art. 41 della legge. Risulta allora evidente lo scopo perequativo perseguito dal legislatore della L. del 1997, art. 41, comma 4 “con una limitata, temporanea estensione a determinate specifiche categorie di personale di un trattamento ormai moderatamente migliorativo, quello del regime precedente la contrattualizzazione del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, destinato comunque a cessare per essere sostituito ed eventualmente riassorbito nei futuri miglioramenti contrattuali riferiti alla qualifica impiegatizia effettivamente posseduta” (v. in tal senso, S.U., sent cit.).

7. Tanto premesso, osserva il Collegio che un dato interpretativo di chiaro significato è costituito proprio dal fatto che il Legislatore, con la n. 449 del 1997, fosse intervenuto quando già esisteva il CCNL Dirigenza Ministeri ed abbia ritenuto, ciò nonostante, di richiamare il D.L. n. 356 del 1987, art. 4-bis, convertito, con modificazioni nella L. n. 436 del 1987, che faceva riferimento alle qualifiche, rispettivamente, di primo dirigente e di dirigente superiore, non più esistenti per effetto del D.Lgs. n. 29 del 1993 e il cui trattamento economico ultimo era quello stabilito nel 1991. Il dato rivela, senza alcun dubbio, la scelta consapevole del Legislatore di recepire, mediate rinvio statico, proprio quel trattamento da poco cessato, da attribuire in funzione perequativa e transitoria, dal 1 gennaio 1998 e sino al primo rinnovo contrattuale del personale direttivo.

7.1. Non solo la tesi di parte ricorrente contrasta con la limitata efficacia temporale del beneficio, espressamente risultante dal tenore letterale della norma, ma la pretesa di vedere adeguato il trattamento economico a quello contemplato per la categoria dirigenziale omette di considerare che le attuali ricorrenti non posseggono la qualifica dirigenziale, nè la L. n. 449 del 1997, art. 41, comma 4, ha inteso attribuire tale qualifica, ma solo il trattamento economico corrispondente alla qualifica di “primo dirigente” riferibile – come già detto – unicamente alla previgente figura di dirigente e precisamente a quella cui faceva riferimento il D.L. n. 356 del 1987, art. 4-bis, convertito, con modificazioni nella L. n. 436 del 1987. L’accoglimento della tesi di parte ricorrente porterebbe, paradossalmente, alla creazione di una nuova disparità tra appartenenti alla medesima qualifica (non dirigenziale), in violazione principio di parità di trattamento dei dipendenti pubblici stabilito dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45.

8. Va quindi affermato il seguente principio: La L. n. 449 del 1997, art. 41, comma 4, il quale ha previsto l’estensione, in funzione meramente perequativa e transitoria, a decorrere dal 1 gennaio 1998 e sino al primo rinnovo contrattuale, del trattamento economico di cui al D.L. n. 356 del 1987, art. 4-bis conv. in L. n. 436 del 1987, al personale civile dell’Amministrazione Penitenziaria, transitato nella 7^ qualifica funzionale, appartenente ai profili professionali di assistente sociale coordinatore e di educatore coordinatore in presenza dei presupposti previsti dalla medesima norma, contiene un rinvio “statico” al trattamento economico della previgente figura del “primo dirigente”.

9. La censura svolta con il terzo motivo verte sulla mancata considerazione dell’interpretazione autentica resa in data 15 ottobre 1998 dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Secondo tale circolare, poichè la qualifica di “primo dirigente” era confluita nella qualifica unica dirigenziale, la parametrazione del relativo trattamento economico doveva essere effettuata con riferimento al vigente assetto normativo, ivi incluso quello contrattuale della categoria dirigenziale.

9.1. Anche tale censura è infondata. Una circolare interpretativa non vincola i giudici, nè costituisce fonte di diritto, ma esprime esclusivamente un parere, non vincolante per il giudice, nè per la stessa autorità che l’ha emanata (cfr. Cass. n. 6699 del 2014). Più in generale, va osservato che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, la violazione di circolari ministeriali non può costituire motivo di ricorso per cassazione sotto il profilo della violazione di legge, non contenendo esse norme di diritto, ma essendo piuttosto qualificabili come atti unilaterali, in riferimento ai quali può essere denunciata per cassazione soltanto la violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale, nella misura in cui essi sono applicabili anche agli atti unilaterali, ovvero i vizi di motivazione (Cass. nn. 16612 e 8974 del 2008, n. 8296 del 2006).

9.2. In proposito, la denuncia di omesso esame della medesima circolare, formulata anche in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, è inammissibile. Va premesso che la sentenza gravata è stata pubblicata dopo l’11 settembre 2012; trova dunque applicazione il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 2, n. 5, come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, il quale prevede che la sentenza può essere impugnata per cassazione “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. L’intervento di modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5 come interpretato dalle Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 8053/2014) comporta un’ulteriore sensibile restrizione dell’ambito di controllo, in sede di legittimità, sulla motivazione di fatto. In particolare, la censura di omesso esame di un fatto decisivo è inammissibile ove il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 14324 del 2015; Sezioni Unite, n. 8053 del 2014; v. pure Cass. n. 2498 e 13448 del 2015).

9.3. Nel caso in esame, la Corte di appello, pur non menzionando espressamente la fonte suddetta, ha disatteso proprio l’interpretazione da questa fornita, laddove ha osservato di “non condividere l’interpretazione data alla normativa in materia dalla parte istante e fatta propria dal primo giudice, secondo cui, essendo non più esistente all’epoca dei fatti dedotti in giudizio la figura del primo dirigente (confluita nella diversa articolazione della categoria dirigenziale costituita dai dirigenti di prima e di seconda fascia) occorre avere riguardo, appunto, al trattamento riservato al dirigente unico di 2^ fascia”. Pertanto, il fatto su cui verte la denuncia di omesso esame (la confluenza delle preesistenti figure dirigenziali in un’unica area) è stato esaminato, ma ritenuto non risolutivo ai fini della risoluzione della questione interpretativa di diritto.

10. In conclusione, il ricorso va respinto. Il controricorso del Ministero è tardivo, essendo stato depositato oltre il termine di cui all’art. 370 c.p.c., nè l’Avvocatura dello Stato è comparsa per le difese orali. Pertanto, nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

11. Sussistono i presupposti processuali (nella specie, rigetto del ricorso) per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013).

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2017

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