Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12724 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/06/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 26/06/2020), n.12724

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26913-2018 proposto da:

C.M., C.G., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA GIROLAMO DA CARPI 6, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

PIETROPAOLI che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA CENTRALE DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimate –

avverso la sentenza n. 116/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE dell’UMBRIA, depositata il 16/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/01/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

CAPOZZI.

Fatto

RILEVATO

Che:

i contribuenti C.G. e C.M. propongono ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR dell’Umbria, di rigetto dell’appello da essi proposto avverso la decisione della CTP di Perugia, con la quale era stato respinto il loro ricorso avverso gli avvisi di accertamento IRPEF 2010 e 2011, emessi nei loro confronti quali soci della s.n.c. “CIUCCI DI C.G. & C.”, società nei cui confronti era stato emesso un autonomo avviso di accertamento 2010 e 2011 per IRAP ed IVA per utilizzo di fatture oggettivamente inesistenti e che era stata cancellata dal registro delle imprese il 27 dicembre 2011;

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale i contribuenti lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 2495 e 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto la questione relativa alla nullità degli avvisi di accertamento anni 2010 e 2011 emessi nei confronti della s.n.c. “CIUCCI DI C.G. & C.”, siccome emessi nei confronti di una società ormai estinta, era stata da essi sollevata anche con riferimento agli avvisi di accertamento emessi per gli anni dal 2005 al 2009; e la CTR dell’Umbria si era pronunciata con più sentenze nei confronti di detti accertamenti, dichiarando la nullità degli accertamenti esperiti nei confronti della società e respingendo gli appelli da essi proposti nei confronti degli avvisi di accertamento emessi nei loro confronti, quali soci dell’anzidetta snc; e la Corte di Cassazione, innanzi alla quale essi contribuenti avevano impugnato le citate sentenze della CTR, con cinque sentenze del 2018 aveva respinto i loro ricorsi, pur dichiarando la nullità degli atti notificati alla s.n.c. ” C.G. & C.”, relativi ad IRAP ed IVA per gli anni d’imposta dal 2005 al 28 dicembre 2011, data in cui la società era stata cancellata dal registro delle imprese; era pertanto da ritenere errata la sentenza impugnata, laddove aveva ritenuto validi ed efficaci gli atti di accertamento emessi nei confronti della società anzidetta per gli anni 2010 e 2011, anche perchè il giudicato non esauriva i propri effetti nel limitato perimetro del giudizio, nel cui ambito si era formato, ma aveva una potenziale capacità espansiva, si da estendersi anche ad analoghi altri giudizi intercorsi fra le stesse parti;

che l’intimata Agenzia delle entrate non si è costituita;

che il motivo di ricorso in esame è manifestamente infondato, atteso che, con esso, la sentenza impugnata è stata censurata per non essersi pronunciato sulla nullità degli accertamenti notificati alla s.n.c. ” C.G. & C.” per IRAP ed IVA 2010 e 2011, siccome società cancellata dal registro delle imprese il 28 dicembre 2011;

che, invero, non è contestato che gli avvisi di accertamento impugnati sono stati notificati sia alla società anzidetta, sia agli odierni due contribuenti in proprio, quali soci della medesima società per maggior IPREF 2010 e 2011, ipotizzata nei loro confronti per non aver dichiarato introiti da essi percepiti nell’anzidetta loro qualità di soci della s.n.c. ” C.G. & C.”, si che la lamentata mancata pronuncia di nullità nei confronti della società, quand’anche ritenuta sussistente, non avrebbe alcun rilievo con riferimento agli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei due contribuenti anzidetti, atteso che, con riferimento a tali ultimi avvisi, era onere di questi ultimi provare che dei maggiori introiti ipotizzati nei confronti della società anzidetta, nessun utile era ad essi pervenuto; e non è contestato che, nella specie, i due ricorrenti non hanno ottemperato a detto onere;

che, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 14278 del 2018), gli avvisi di accertamento, emessi nei confronti degli odierni ricorrenti, quali soci della s.n.c. ” C.G. & C.” per il periodo anteriore alla sua cancellazione dal registro delle imprese (28 dicembre 2011), per redditi rivenienti da utili non dichiarati della società anzidetta, sono del tutto separati ed autonomi rispetto agli accertamenti esperiti nei confronti della società e sono da ritenere legittimamente emessi ed adeguatamente motivati pur se essi abbiano fatto un mero rinvio per “relationem” al reddito della società, in quanto i soci, ai sensi dell’art. 2261 c.c., hanno il potere di consultare la documentazione della società, nonchè di prendere visione degli atti accertativi emessi nei confronti di quest’ultima e degli eventuali documenti giustificativi in possesso della medesima, ferma la possibilità di provare che nessun utile della società era ad essi pervenuto, prova da essi non offerta;

che, da quanto sopra, consegue il rigetto del ricorso in esame; che al rigetto del ricorso non segue la condanna dei ricorrenti alla rifusione delle spese processuali in favore dell’intimata, per non avere quest’ultima svolto attività difensiva;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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