Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12722 del 26/06/2020

Cassazione civile sez. VI, 26/06/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 26/06/2020), n.12722

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33647-2018 proposto da:

CALLARI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI PAISIELLO 15, presso

lo studio dell’avvocato GRAZIANO BRUGNOLI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. 06363391001), in persona del Direttore

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1615/6/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata il

12/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ENZA

LA TORRE.

Fatto

RITENUTO

che:

Callari srl ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Sicilia, che ha dichiarato la nullità della decisione di primo grado rimettendo il giudizio ala CTP di Catania per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31 (mancata comunicazione della data di udienza).

A seguito di impugnazione della maggior rendita catastale di impianti eolici, accolta dalla CTP, la CTR ha dichiarato nulla la decisione del primo giudice per violazione del contraddittorio, preso atto della mancata comunicazione dell’avviso di fissazione dell’Udienza di discussione, assente l’Ufficio. La comunicazione inviata a un indirizzo “diverso da quello effettivo e desumibile, da parte della segreteria, applicando la comune diligenza”.

L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo si deduce violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 31, in combinato disposto con il D.L. n. 95 del 2012, art. 23 quater, commi 1,2 e 7, per avere la CTR accolto l’eccezione pregiudiziale sull’omissione della comunicazione dell’avviso di trattazione dell’udienza, che, come accertato a seguito di ricerche, era stato inviato all’indirizzo pec dell’Agenzia delle entrate, invece che all’Agenzia delle entrate Ufficio territorio.

Col secondo motivo si deduce vizio di motivazione, motivazione insufficiente e contraddittoria, ex art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere la CTR controllato il fascicolo d’ufficio al fine di verificare “l’effettiva corrispondenza dell’eccezione pregiudiziale”.

Entrambi i motivi sono inammissibili per difetto di autosufficienza, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 (cfr. Cass., n. 17036 del 2018; Cass. 10072/2018).

Va sul punto ribadito che nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonchè alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte.

Deriva da ciò che la mancanza o la carenza dell’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del

provvedimento impugnato determina ex se

l’inammissibilità del ricorso e non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, nè attraverso l’esame di altri atti processuali (in tali termini, Cass., Sez. Un., n. 11308 del 22/05/2014).

In forza di detto principio (cfr. art. 366 c.p.c.) l’atto di impugnazione deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito, ed altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito, e che il ricorrente ha perciò l’onere di indicarne specificamente, a pena di inammissibilità, oltre al luogo in cui ne è avvenuta la produzione, gli atti processuali ed i documenti su cui il ricorso è fondato mediante la riproduzione diretta del contenuto che sorregge la censura oppure attraverso la riproduzione indiretta di esso con specificazione della parte del documento cui corrisponde l’indiretta riproduzione (Cass. n. 17198/2016; n. 14182/2016; n. 14784/2015).

Va altresì confermato che il ricorrente non è dispensato dall’onere di precisare (a pena di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale indicazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso.

Nella fattispecie la società ricorrente si è limitata ad affermare (primo motivo) che “da ricerche effettuate presso la segreteria della sezione della Commissione adita, è risultato che l’avviso ritenuto omesso invece era stato inviato…” senza alcun rinvio alla documentazione richiamata nè alla proposizione del motivo nei precedenti gradi di merito; analogamente nel secondo motivo, ha richiamato l’eccezione pregiudiziale svolta in grado d’appello da controparte, senza riportare o richiamare i relativi atti di causa.

A ciò si aggiunga, con riferimento al secondo motivo, che la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nell’attuale testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 2, riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, che deve essere specificamente individuata.

Trova, nella specie, applicazione l’art. 360 c.p.c., n. 5, come risultante dal D.Lgs. n. 40 del 2006. Orbene, questa Corte ha chiarito che il “fatto” ivi considerato è un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza in senso storico-naturalistico (Cass. n. 21152/2014). Il fatto in questione deve essere decisivo: per potersi configurare il vizio è necessario che la sua assenza avrebbe condotto a diversa decisione con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, in un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data (Cass. n. 28634/2013; Cass. n. 25608/2013; Cass. n. 5 24092/2013; Cass. n. 18368/2013; Cass. n. 3668/2013; Cass. n.:14973/2006).

Il motivo, in relazione alla violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non risponde ai suindicati requisiti.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 1.000,00, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un uteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2020

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