Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12721 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 13/05/2021, (ud. 15/01/2021, dep. 13/05/2021), n.12721

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24012-2019 proposto da:

V.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

ALBERTO N 39, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA ALFANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE ALFANO;

– ricorrente –

contro

F.P., F.A., F.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DOMENICO MILLELIRE 47, presso lo studio

dell’avvocato ISABELLA AQUINO, rappresentati e difesi dall’avvocato

MADDALENA SIGNORE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2964/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 08/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/01/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Latina rigettava la domanda proposta da F.A. e R.I. nei confronti di V.D. e P.L., domanda volta al ripristino di un fosso di scolo fra le rispettive proprietà e la condanna dei convenuti al rilascio di un’area che si assumeva illegittimamente occupata.

Il Tribunale riteneva che la domanda, qualificata come domanda di rivendicazione, non fosse suscettibile di accoglimento, in assenza della prova del diritto sui beni rivendicati. Esso osservava che risultava annotato il ritiro del fascicolo di parte degli attori all’udienza di precisazione delle conclusioni, mentre non risultava il suo successivo deposito, cosicchè la causa doveva essere decisa allo stato degli atti. La Corte d’appello di Roma riformava la decisione, rilevando che i documenti, in ipotesi non depositati in primo grado, erano stati depositati in grado d’appello; aggiungeva che gli stessi documenti, nel caso di specie, non potevano ritenersi nuovi, risultandone la tempestiva produzione in primo grado. La Corte d’appello, pertanto, accoglieva la domanda proposta dagli appellanti originari attori.

Per la cassazione della sentenza V.D. (uno dei due appellati soccombenti), propone ricorso sulla base di due motivi. Il primo motivo, proposto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censura la decisione perchè la Corte d’appello, nell’utilizzare il documento ai fini della decisione, ha trascurato che, onde consentire agli appellanti la ricostruzione del fascicolo di primo grado, nel quale i documenti erano contenuti, aveva accordato apposito termine, che non era stato rispettato dagli appellanti, derivando da ciò la inammissibilità della produzione documentale postuma.

Il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità derivata della sentenza.

F.A., in proprio e quale erede di R.I., F.A. e F.P. solo quali eredi della stessa R.I., resistono con controricorso.

La causa è stata chiamata dinanzi alla sesta sezione civile della Suprema Corte su conforme proposta del relatore di manifesta infondatezza del ricorso.

I due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., n. 1. Invero costituisce principio acquisito nella giurisprudenza della Corte quello secondo cui, essendo pacificamente ordinatorio il termine accordato dal giudice per la ricostruzione del fascicolo, la sua inosservanza produce soltanto la nullità relativa della acquisizione, non opponibile come tale se non proponendo la relativa eccezione nella prima istanza o difesa successiva all’atto (Cass. n. 3527/1993; n. 1599/1986). Nella specie il ricorrente non deduce di avere ottemperato a tale onere, assumendo, anzi, che il mancato tempestivo deposito è stato eccepito con la comparsa conclusionale e poi nelle repliche: quindi tardivamente, essendosi oramai sanata la nullità derivante dal supposto tardivo deposito.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con addebito di spese.

Ci sono le condizioni per dare atto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto”.

PQM

rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, al pagamento, in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio, che liquida nell’importo di Euro 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 15 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

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