Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12720 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12720 Anno 2015
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: RUBINO LINA

Ud.

10/04/2015

SENTENZA
PU

sul ricorso 12672-2012 proposto da:
BORSCIA FERDINANDO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA SS. QUATTRO 35-B, presso lo studio
dell’avvocato CARLO LUPPINO, che lo rappresenta e
difende giusta procura speciale a margine del
ricorso;
– ricorrente –

2015
869

contro

ROMA CAPITALE (già COMUNE DI ROMA), in persona del
Sindaco On.le GIOVANNI ALEMANNO,

elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 8, presso lo

1

r2-

Data pubblicazione: 19/06/2015

studio dell’avvocato GIOVANNI FRANCESCO BIASIOTTI
MOGLIAZZA, che la rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ANDREA MAGNANELLI giusta procura
speciale in calce al controricorso;
ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI
INFORTUNI SUL LAVORO – INAIL 01165400589, in persona

del Direttore Centrale Prestazioni dott. LUIGI
SORRENTINI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV
NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato ANDREA
ROSSI, che lo rappresenta e difende giusta procura
speciale in calce al controricorso;
SPERANZA SEBASTIANA, INGLESE GIOVANNI o INGLESE
BAZZAN GIOVANNI, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIALE ANGELICO 163, presso lo studio dell’avvocato
FILIPPO CROCE’, che li rappresenta e difende giusta
procura speciale in calce al controricorso;
– controricarrenti
nonché contro

FLLI FRANCUCCI SRL ;
– Intimata nonché contro

REGIONE LAZIO, in persona del Presidente della Giunta
legale rappresentante pro tempore, considerata
domiciliata ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è
rappresentata e difesa per legge;

2

z

- resistente –

avverso la sentenza n. 4429/2011 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/10/2011, R.G.N.
3775/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

RUBINO;
udito l’Avvocato CARLO LUPPINO;
udito l’Avvocato DANIELA GAMBARDELLA per delega;
udito l’Avvocato FILIPPO CROCE’;
udito l’Avvocato LETIZIA CRIPPA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso;

udienza del 10/04/2015 dal Consigliere Dott. LINA

R.G. 12672 \ 2011
I FATTI

Sebastiana Speranza, in proprio e n.q. di genitore esercente la potestà sul minore

Ferdinando (direttore dei lavori per la predetta società), la Regione Lazio e il Comune di
Roma, chiedendone la condanna al risarcimento del danno subito a causa della morte del
marito, Sebastiano Inglese, in un incidente sul lavoro verificatosi all’interno di una cava
di sabbia e ghiaia gestita dalla F.11i Francucci, allorchè l’autocarro che questi stava
conducendo veniva travolto dalla frana del fronte della cava e precipitava nella fossa di
scavo sottostante alla strada carrabile asservita – alla cava. Nel corso del giudizio
interveniva volontariamente l’INAIL esercitando l’azione di rivalsa nei confronti dei
responsabili civili per ottenere il rimborso delle prestazioni previdenziali erogate in
favore dei supersiti del lavoratore deceduto.
Il Tribunale di Roma nel 2006 condannava gli originari convenuti in solido a risarcire agli
attori la somma di euro 519.815,40, ed a rifondere all’INAIL curo 281.114,07.
La Corte d’Appello di Roma. accoglieva l’appello principale del Comune di Roma,
dichiarandolo estraneo ad ogni responsabilità e respingeva gli appelli incidentali degli
altri condannati confermando per il resto la sentenza impugnata.
Ferdinando Borseia, direttore dei lavori nella cava ove lavorava il defunto Sebastiano
Inglese, propone ricorso per cassazione che consta di un solo motivo nei confronti di

Giovanni Inglese Bazan, conveniva in giudizio la F.11i Francucci s.r.1., Borscia

Sebastiana Speranza, Giovanni Inglese Bazzan (ora Giovanni Inglese ), Regione Lazio,
Comune di Roma (ora Roma Capitale), I.N.A.I.L. e F.11i Francucci s.r.l. per la riforma
della sentenza n. 4429 del 2011 emessa dalla Corte d’Appello di Roma il 24.10.2011.
Hanno depositato controricorso l’I.N.A.I.L., Sebastiana Speranza, Giovanni Inglese e
Roma Capitale.
La Regione Lazio ha depositato un atto in cui comunica che parteciperà alla discussione
orale alla quale in effetti non ha poi preso parte.
Il ricorrente ha anche depositato memoria illustrativa.
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I VL- .

t

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con l’unico motivo di ricorso proposto, Ferdinando Borscia deduce censure

Denuncia in primo luogo la violazione dell’art. 164 n. 4 c.p.c. per aver la corte d’appello
mancato di dichiarare la nullità dell’atto di citazione in primo grado per omessa
indicazione dei fatti, quindi la violazione dell’art. 342 c.p.c. e del principio tantum
devolutum quantum appellatum in appello e l’esistenza di un difetto di motivazione (non
individuato tra le varie, alternative tipologie contemplate dalla legge) in relazione a
quanto dedotto dallo stesso Borscia con l’appello incidentale.
Sostiene, giacchè il giudice di primo grado lo ha ritenuto responsabile ritenendo che le
scelte di approfondire lo scavo aumentandone oltremisura la pendenza sarebbero da
addebitare oltre che all’imprenditore Francucci anche al direttore dei lavori, di aver
dedotto con l’appello incidentale la nullità dell’atto di citazione di primo grado per
mancata esposizione dei fatti di causa, perché dalla laconica ricostruzione dei fatti offerta
dalla Speranza non si poteva evincere quale fatto addebitasse al Borscia a fondamento
della sua responsabilità nella prosecuzione dell’attività di estrazione benché la cava non
fosse più in condizioni di sicurezza, e che non emergesse neppure l’allegazione del
nesso causale tra la condotta del direttore dei lavori e il danno riportato dall’operaio.
Lamenta che la corte d’appello non si sia occupata affatto del secondo profilo e solo
incidentalmente del primo, limitandosi a ribadire che il Borscia, in quanto direttore dei
lavori, dovesse ritenersi responsabile.
Lamenta poi che la corte d’appello non abbia adeguatamente considerato che il
procedimento penale a suo carico per omicidio colposo fosse stato archiviato.
2. Roma Capitale si costituisce al solo fine di denunciare l’inammissibilità del ricorso nei
propri confronti, non essendo state proposte doglianze in relazione a quanto statuito
dalla Corte d’Appello di Roma in relazione alla sua posizione.

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plurime, affermando che necessitano di una trattazione congiunta.

3. Sebastiana Speranza e il figlio, Giovanni Inglese, nel controricorso chiariscono di
aver imputato la morte del defunto Sebastianó Inglese nell’ atto di citazione in giudizio,
in primo luogo alla ditta F.11i Francucci per la quale l’Inglese stava lavorando al momento
dell’incidente, e quindi al direttore dei lavori Borscia, responsabili entrambi, ciascuno
nell’ambito delle reciproche competenze, per aver continuato imprudentemente l’attività

documentalmente priva dei necessari requisiti di stabilità e sicurezza, nonchè agli Enti
territoriali, per l’omissione delle attività di controllo sulla cava.
4.L’INAIL nel suo controricorso contesta le affermazioni del ricorrente, laddove questi
ha asserito che l’eventuale accoglimento del ricorso sotto il profilo della nullità dell’atto
di citazione per violazione dell’art. 164 c.p.c. travolgerebbe anche la pronuncia di
condanna in favore dell’Istituto, avendo questi svolto intervento volontario autonomo,
in quanto titolare di un autonomo diritto ad agire in via surrogatoria, e quindi domanda
relativa ad una causa scindibile.
5.11 ricorso del Borscia è infondato.
5.1. In ordine alla dedotta nullità dell’atto di citazione per mancata indicazione ed
allegazione dei fatti di causa, ribadita dal ricorrente in ricorso, in memoria, nella
discussione orale e finanche nelle note di replica alle conclusioni del P.M., va premesso
che il vizio denunciato implica il potere-dovere di questa Corte di procedere all’esame
diretto degli atti su cui si fonda la domanda (S.U. 8077 del 2012, Cass. n. 11751 del
2013).
Ciò premesso, la decisione della Corte di merito si è conformata al principio secondo il

estrattiva nella cava nonostante che la stessa fosse risultata già da tempo

quale la nullità della citazione comminata dall’art. 164 c.p.c., comma 4 si produce solo
quando “l’esposizione dei fatti” prescritta dall’art. 163 c.p.c., n. 3 “costituenti le ragioni
della domanda” sia stata del tutto omessa o sia assolutamente incerta, con valutazione da
compiersi caso per caso, nel rispetto di alcuni criteri di ordine generale, occorrendo, da
un canto, tener conto che l’identificazione della causa petendi della domanda va operata
avendo riguardo all’insieme delle indicazioni contenute nell’atto di citazione e dei
documenti ad esso allegati; dall’altro, che la nullità della citazione deriva dall’assoluta
incertezza delle ragioni della domanda. In particolare perciò l’incertezza dei fatti

v)-

costitutivi deve essere vagliata in coerenza con la ragione ispiratrice della norma che
impone all’attore di specificare sin dall’atto introduttivo, a pena di nullità, le ragioni della
sua domanda, e che, principalmente, risiede nell’esigenza di porre immediatamente il
convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese (prima ancora che di
offrire al giudice l’immediata contezza del “thema decidendum”).

ampiamente richiamate in sentenza dalla corte d’appello : che la cava nella quale perse la
vita lo Speranza continuava a lavorare benché l’attività estrattiva nella stessa fosse
divenuta pericolosa; che tanto risultasse dal Piano Stralcio per le attività estrattive del
bacino del Rio Galeria,predisposto dal Comune di Roma pochi mesi prima
dell’infortunio sul lavoro ed inviato da questo per competenza alla Regione; che nel
Piano Stralcio fossero indicati alcuni elementi di allarme, quali le rischiose condizioni di
escavazione dei materiali con pareti di scavo che superano i 15 metri di altezza totale,
l’assenza di ripristino del reticolo idrogeografico , la presenza di aree di sovra
escavazione con affioramento delle superfici di falda, fanno ritenere, in conformità con
la valutazione del giudice di appello, che l’attrice avesse pienamente ottemperato al suo
onere di allegazione dei fatti di causa, mettendo ampiamente il Borscia in condizioni di
difendersi.
Da tutte le circostanze sopra dettagliatamente esposte, nonché dalla modalità
dell’incidente sul lavoro (in cui il povero Inglese alla guida dell’autocarro della società
sulla pista di accesso al fronte di escavazione veniva travolto dalla frana della parete
sovrastante al fronte che trascinava l’autocarro fin sul fondo della cava e lo ricopriva, in
modo tale che quando l’Inglese fu estratto dall’automezzo schiacciato e ricoperto di
terra era ormai morto) l’attrice desumeva che l’incidente si fosse verificato per
responsabilità sia della società che gestiva la cava sia del direttore dei lavori, che avevano
mancato ai compiti che gravavano su ciascuno di essi, facendo proseguire l’attività
estrattiva nella cava di sabbia e ghiaia nonostante ne mancassero i requisiti minimi di
sicurezza. In ciò l’individuazione, oltre che dei fatti, del nesso causale tra l’operato ( o per
meglio dire la mancanza della necessaria attività di sorveglianza sulle condizioni di
sicurezza del cantiere ) del direttore dei lavori e il verificarsi del danno.
6

Nella specie, le circostanze di fatto contenute nella citazione della Speranza e

La corte d’appello ha escluso i profili di nullità dedotti ritenendo, con motivazione
congrua e coerente, che risultasse chiaramente dalla narrativa dell’atto di citazione in
primo grado la causa petendi della pretesa risarcitoria dei congiunti del defunto Sebastiano
Inglese nei confronti del Borscia, citato in giudizio quale direttore dei lavori.
Il ricorrente non ravvisa quale potrebbe essere stata la sua responsabilità nell’incidente,

comunale e sulla base di un parere favorevole reso dalla Commissione Regionale Cave
per il Lazio che aveva prescritto alla F.11i Francucci di effettuare gli scavi con una
inclinazione media nella scarpata del 30 % sull’orizzontale, in cui sempre la Regione
Lazio ( come risulta dalla sentenza di appello) ha individuato con un suo rapporto
successivo ai fatti, prodotto in giudizio e richiamato in sentenza, le cause del sinistro
nella formazione di pareti di 25-30 metri di altezza con una inclinazione del 50 \ 60 %
sull’orizzontale.
A fronte di ciò, il ricorrente non considera che il direttore dei lavori, lungi dall’essere un
semplice operaio che deve solo eseguire gli ordini della proprietà, è un professionista
qualificato e remunerato anche perché i lavori si svolgano in condizioni di sicurezza.
A fronte di ciò, non metteva conto evidenziare una particolare condotta attiva e colposa
del direttore dei lavori per allegarne la responsabilità, in quanto il direttore dei lavori,
quale ausiliario e mandatario del proprietario, è obbligato ad attuare quella stessa
sorveglianza e quella medesima ingerenza alle quali è tenuto il proprietario e comunque
tenuto a norma dell’art. 2043 cod. civ. ad adoperarsi affinché l’attività sia eseguita a
regola d’arte ed in guisa da non arrecare danni a terzi e agli operai che agiscono sotto la
sua responsabilità. Egli è il primo tramite attraverso il quale gli ordini dell’imprenditore
arrivano agli operai, ma non è un semplice nuncius, bensì è una persona dotata della
qualifiche professionali per far sì che il lavoro vada avanti, oltre che a regola d’arte, in
condizioni di sicurezza nei confronti degli operai e dei terzi. Il che gli impone, se queste
condizioni di sicurezza non sussistono più -come è stato provato in causa e come
risultante ampiamente dalle stesse modalità dell’incidente – di tutelare gli operai facendo
presente all’imprenditore gli accorgimenti necessari da introdurre per proseguire ove

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verificatosi in una cava che operava in prosecuzione, in attesa della autorizzazione

possibile i lavori in condizioni di sicurezza, o se ciò non è possibile, per andare esente da
responsabilità, deve jesprimere il suo parere professionale di fermare i lavori.
La sentenza impugnata ha fatto buon governo di questi principi ed ha effettuato, sulla
base sia delle risultanze documentali che delle testimonianze acquisite, un accertamento
della responsabilità civile in capo al Borscia non in quanto astrattamente titolare

compiti e conseguenti responsabilità in tema di direzione e controllo del cantiere – ma in
quanto, concretamente, si è accertato che lui stesso abbia fornito di giorno in giorno
indicazioni agli operai in ordine alle modalità di esecuzione dello scavo ché hanno
portato, il giorno dell’incidente, ad una situazione in cui le pareti di scavo avevano
raggiunto una inclinazione doppia rispetto a quella indicata dalla Regione come massima
per ottenere l’autorizzazione comunale. A fronte di una tale situazione in fatto, compito
del direttore dei lavori sarebbe stato quello di informare la proprietà dell’impossibilità di
procedere oltre, ammesso che questa non ne fosse perfettamente consapevole e
comunque di fermare i lavori opponendosi a continuare ad emettere direttive che erano
contrastanti con la sicurezza delle persone poste sotto la sua direzione.
Questo accertamento in fatto peraltro avrebbe potuto essere censurato solo sotto il
profilo del vizio di motivazione e non lo è stato, e quindi è idoneo a fondare la decisione
senza che i rilievi formulati dal ricorrente possano porlo in discussione.
5.2 Egli limita infatti i rilievi sul vizio di motivazione ( peraltro formulando il rilievo del
tutto genericamente, senza neppure individuare uno dei possibili ed alternativi difetti
della motivazione ) solo sull’omessa considerazione da parte della corte d’appello della
archiviazione del procedimento penale a suo carico, circostanza del tutto irrilevante ai
fini di una sua responsabilità in sede civile. Il rilievo, oltre che generico, è infondato
perché tocca un punto non determinante della motivazione, attesa la nota non
vincolatività degli esiti del procedimento penale in sede civile (salvo che in individuate
ipotesi)e la previsione specifica, contenuta negli artt. 651 e 652 c.p.p., in base alla quale
l’archiviazione in sede penale non spiega alcun effetto nel giudizio civile di danno.
6. Le spese seguono la soccombenza, con la precisazione che esse vanno liquidate
esclusivamente nei confronti dei controricorrenti INAIL e. Sebastiana Speranza e

dell’incarico di direttore dei lavori — incarico che comunque comporta determinati

Giovanni Inglese ( ai quali, essendosi costituiti congiuntamente con unico controricorso
ed avendo posizioni perfettamente coincidenti, spetta la liquidazione di un’unica nota
spese).
La Regione Lazio non ha svolto alcuna attività difensiva e non ha pertanto diritto alla
liquidazione. Quanto al Comune di Roma, ora Roma Capitale, il ricorso gli è stato

di ricorso toccasse in alcun modo la sua posizione. La notifica del ricorso ha pertanto
valore di semplice litis denuntiatio, e la sentenza di appello in mancanza di impugnazione è
passata in giudicato nei confronti di Roma Capitale, che non aveva alcuna necessità di
svolgere in questa sede attività difensiva. Ad essa non spetta quindi la liquidazione di
spese di lite, in conformità al principio di diritto già enunciato da questa Corte, secondo
il quale “In un giudizio svoltosi con pluralità di parti in cause scindibili ai sensi dell’art.332 cod. proc.
civ., cioè cause cumulate nello stesso processo per un mero rapporto di connessione, la notificazione
dell’impugnazione (nella specie, l’appello) e la sua conoscenza assolvono alla funzione di ” litír
denuntiatio”, così da permettere l’attuazione della concentrazione nel tempo di tutti i gravami contro la
stessa sentenza. In tal caso, pertanto, il destinatario della notificazione non diviene per ciò solo parte
nella fase di impugnazione e, quindi, non sussistono i presupposti per la pronuncia a suo favore della
condanna alle spese a norma dell’art. 91 cod. proc. civ., che esige la qualità di parte, e perciò una
“vocatioin ius”, e la soccombei.zzol’ (Cass. n. 2208 del 2012).

P.Q.M.

t

La Corte rigetta il ricorso. Liquida in favore dei controricorrenti 22 11Inail elSebastiana
Speranza e Inglese Giovanni le spese di giudizio in complessivi earo 8.000,00 ciascuno, c
di cui 200,00 per spese, oltre accessori e contributo spese generali.
Così deciso nella camera di consiglio della Corte di cassazione il 10 aprile 2015

Il Consigliere estensore

Il Presidente

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notificato in quanto parte del giudizio di appello in causa scindibile, senza che il motivo

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