Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12720 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 13/05/2021, (ud. 15/01/2021, dep. 13/05/2021), n.12720

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22618-2019 proposto da:

D.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VARRONE 9,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VANNICELLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1297/2019 del TRIBUNALE di FOGGIA, depositata

il 21/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/01/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Foggia rigettava l’appello proposto da D.P.R. contro la sentenza del giudice di pace, che aveva accolto la domanda dell’avv. B.F., di pagamento degli onorari per attività difensiva svolta in giudizi civili.

Il Tribunale rilevava che le istanze di prova orale, articolate dal cliente, non ammesse in primo grado, non potevano trovare ingresso in sede di impugnazione. L’appellante, infatti, non aveva reiterato le richieste istruttorie nelle conclusioni del giudizio di primo grado, nè nell’atto di citazione in appello. Le istanze di prova, perciò, in applicazione di consolidati principi giurisprudenziali, dovevano ritenersi rinunciate. In ordine al quantum della pretesa del professionista, il Tribunale riteneva congrua la valutazione del primo giudice.

Per la cassazione della sentenza il D.P. ha proposto ricorso, sulla base di due motivi. Con il primo motivo censura la decisione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perchè il Tribunale non ha ammesso la prova orale articolata dall’attuale ricorrente, così impedendo al cliente di provare l’esistenza di un accordo fra le parti in deroga alla tariffa professionale e il pagamento dei compensi. Si sostiene che l’ammissibilità della prova non trovava ostacolo nell’art. 2721 c.c., in presenza, nel caso in esame di tutte, le condizioni che consentono all’autorità giudiziaria di superare il divieto previsto dalla norma. Con il secondo motivo si contesta la decisione assunta dal Tribunale relativa al quantum del compenso liquidato, ritenuto eccessivo rispetto all’attività svolta.

B.F. rimane intimato.

La causa è stata chiamata dinanzi alla sesta sezione civile della Suprema Corte su conforme proposta del relatore di inammissibilità del ricorso. I due motivi di ricorso sono inammissibili. Il primo è tale, perchè, con esso, si censura la mancata ammissione della prova per ragioni di merito, mentre il tribunale ha giustificato il diniego per ragioni di rito, per la mancata reiterazione della relativa richiesta in sede di precisazione delle conclusioni del giudizio di primo grado e poi nel giudizio d’appello. Non si denuncia, in altre parole, l’error in procedendo che avrebbe in ipotesi compiuto il tribunale nell’assumere siffatta decisione in rito, ma si deduce un error in indicando, ravvisato nella mancata considerazione delle condizioni che consentono la deroga al divieto della prova testimoniale in materia di contratti. In realtà, per questa parte, la censura si correla alla motivazione del diniego che era stata data dal giudice di primo grado, non dal tribunale, la cui decisione è limitata al rilievo che le richieste dovevano intendersi rinunciate, “con esonero di questo giudice da ogni valutazione in ordine alla motivazione offerta dal primo giudice in ordine alla loro mancata ammissione”.

Solo per completezza di esame, si rileva che, in linea di principio, la decisione assunta dal Tribunale sul punto è conforme alla giurisprudenza della Corte (Cass. n. 16886/2016; n. 22709/2017).

Il secondo motivo è inammissibile perchè, con esso, si denuncia la liquidazione in modo generico, senza assolvere agli oneri di specificità imposti a chi intenda proporre in cassazione una simile censura (Cass. n. 30716/2017: “la parte, la quale intenda impugnare per cassazione la liquidazione delle spese, dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, per pretesa violazione dei minimi tariffari, ha l’onere di specificare analiticamente le voci e gli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il ricorso che contenga il semplice riferimento a prestazioni che sarebbero state liquidate in eccesso rispetto alla tariffa massima”.). Si deve aggiungere che, nella liquidazione a carico del cliente, la valutazione del giudice di merito, in ordine ai parametri della stessa liquidazione, non è censurabile in sede di legittimità (Cass. n. 1422/1973). Si rileva ancora che non è stata censurata in questa sede l’affermazione del tribunale nella parte in cui si assume che “d’espletamento dell’attività defensionale svolta dal professionista è (…) comunque coperto da giudicato, in assenza di una impugnazione su tale capo della pronuncia (…)”.

Conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese.

Ci sono le condizioni per dare atto D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto”.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 15 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

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