Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12719 del 25/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 25/06/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 25/06/2020), n.12719

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22713-2015 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA TIBURTINA

150, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO ANTONELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPA LA ROCCA;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI GRAMMICHELE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 66, presso

lo studio dell’avvocato FRANCESCO CONSOLI XIBILIA, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANTONIO FRANCESCO VITALE;

– controricorrente –

e contro

MU.SE., A.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 310/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata l’11/03/2015 R.G.N. 674/2009.

Fatto

RILEVATO

1. il Tribunale di Caltagirone aveva dichiarato il diritto di M.A., dipendente del Comune di Grammichele, all’attribuzione del livello economico differenziato per l’anno 1997 previsto dal D.P.R. n. 333 del 1990, artt. 35 e 36, in luogo di Mu.Se. ed aveva condannato il Comune al pagamento della relativa indennità economica;

2. adita dalla Mu. e dal Comune di Grammichele, la Corte di Appello di Catania, con la sentenza indicata in epigrafe, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato le domande proposte dal M. e lo ha condannato al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio in favore del Comune e della Mu.;

3. la Corte territoriale ha rilevato che la delibera di giunta Municipale del Comune di Grammichele n. 425 del 6 luglio 1995, di recepimento del verbale di delegazione trattante, aveva annullato la precedente delibera commissariale n. 224 del 1994, “che a sua volta aveva recepito il protocollo d’intesa della delegazione trattante del 5.6.1995” (“recte” dell’11.5.1994, in ricorso pg. 10), nella parte relativa alla valutazione del servizio preruolo prestato dai dipendenti comunali assunti ai sensi della L. n. 285 del 1977, disponendo “nel senso che detto periodo dovrà essere calcolato per l’intero” ed ha escluso che tale criterio fosse in contrasto con la L.R. Sicilia n. 125 del 1980;

4. richiamati i principi affermati da questa Corte con la sentenza n. 26378 del 2007, ha ritenuto che le disposizioni contenute nel D.P.R. 3 agosto 1999, n. 333, art. 36 (di recepimento dell’accordo del 23 dicembre 1989), nel disporre che l’anzianità di servizio da computare per l’ammissione alla selezione prevista per l’attribuzione del livello economico differenziato è esclusivamente quella del “triennio di effettivo servizio di ruolo” con conseguente irrilevanza del servizio preruolo, non escludono che la contrattazione collettiva decentrata possa attribuire rilevanza ai servizi prestati in posizione non di ruolo ai fini della valutazione dei “titoli di servizio” ed ha rilevato che tanto era accaduto nella fattispecie dedotta in giudizio;

5. ha rilevato, poi, che le statuizioni della sentenza di primo grado volte ad escludere il diritto del M. a vedersi riconosciuto un maggiore punteggio, sia in termini di valutazione dei titoli di servizio che dei titoli culturali, non erano state oggetto di appello incidentale da parte del M. e ha aggiunto che, anche valutando il servizio espletato sia dal M. che dalla Mu. (ma per quest’ultima calcolato l’intero periodo preruolo dal 16.9.1978 al 31.5.1985) nel soppresso 8 livello del D.P.R. n. 810 del 1980 (già sesto livello ex D.P.R. n. 191 del 1979 secondo la tabella di corrispondenza di cui al D.P.R. n. 810 del 1980, art. 2) come effettuato in qualifica corrispondente alla VII qualifica funzionale di appartenenza, ex D.P.R. n. 347 del 193, comunque la Mu. “prevarrebbe”.

6. avverso questa sentenza M.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi al quale ha resistito con controricorso il Comune di Grammichele, mentre M.S. e A.M. sono rimasti intimati.

Diritto

CONSIDERATO

7. il ricorrente denuncia: ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 violazione e falsa applicazione del D.L. n. 663 del 1979, artt. 26 ter e quater convertito in L. n. 333 del 1980 in relazione alla norma costituzionale “che sancisce l’accesso al pubblico impiego mediante pubblico concorso” (primo motivo); violazione e falsa applicazione del D.P.R. 3 agosto 1990, n. 333, art. 36 (di recepimento dell’accordo del 23 dicembre 1989 concernente il personale del comparto delle regioni ed enti locali

(secondo motivo); violazione e falsa applicazione della L.R. n. 125 del 1980, artt. 3 e 7, recante provvedimenti per l’inserimento delle giovani leve del lavoro nella pubblica amministrazione e nelle attività produttive (terzo motivo); violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c. in ordine alla condanna al pagamento delle spese del primo e del secondo grado del giudizio (quinto motivo); ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa fatti/atti essenziali ai fini della decisione in violazione dell’art. 111 Cost., comma 4, omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti (quarto motivo);

8. con il primo motivo sostiene che il servizio prestato dalla Mu. dal 16.9.1978 al 16.9.1980 non poteva essere considerato come servizio valido ai fini dell’attribuzione del LED in quanto si era trattato di servizio non di ruolo prestato dal in forza del contratto stipulato dal Comune ai sensi della L.R. n. 37 del 1978; asserisce che a seguito dell’esperimento positivo dell’esame di idoneità coloro che sono stati assunti ai sensi della L. n. 285 del 1977 acquisiscono, prima di entrare in ruolo, lo status di dipendenti non di ruolo e solo a seguito della chiamata in ruolo per la copertura di posti disponibili nell’organico delle Amministrazioni acquisiscono lo stato di pubblici dipendenti in ruolo; invoca la giurisprudenza del giudice amministrativo e, in particolare, richiama le decisioni del Consiglio di Stato ad. Plen. del 7.2.1991, n. 2717/1994, del TAR del Lazio n. 1208 del 1989 e n. 5136 del 28.5.2008).

9. con il secondo motivo asserisce che non è rinvenibile nel verbale della delegazione trattante del 5.6.1995 alcun accordo collettivo decentrato volto a derogare alla disposizione contenuta nel D.P.R. n. 333 del 1990, art. 36 e a prevedere criteri determinati e oggettivi volti a valorizzare il servizio preruolo ai fini della valutazione dei titoli di servizio e deduce che in realtà sulla proposta di modifica avanzata da uno dei rappresentati sindacali non era intervenuto alcun accordo;

10. con il terzo motivo, riproponendo e sviluppando le argomentazioni difensive esposte nel primo motivo, assume che la sentenza impugnata è erronea nella parte in cui ha escluso l’illegittimità del criterio di calcolo per l’intero del servizio preruolo contenuto nella delibera della G. M. n. 425 del 6 luglio 1995;

11. con il quarto motivo imputa alla sentenza impugnata il vizio di omessa e/o insufficiente e/o contraddittoria motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione per mancato esame delle questioni correlate: alla equiparabilità o meno del servizio prestato prima del superamento dell’esame di idoneità previsto dalla L. n. 33 del 1980; alla possibilità di deroga di una norma di rango superiore ad opera di un protocollo d’intesa sindacale; alla esistenza e alla portata del verbale di delegazione trattante del 5.6.1995; ai criteri di calcolo del servizio preruolo (servizio prestato nella qualifica inferiore a quella rivestita ovvero nella qualifica in atto rivestita);

12. con il quinto motivo addebita alla Corte territoriale di non avere dichiarato la compensazione delle spese dei due gradi del giudizio di merito nonostante: il rigetto delle eccezioni formulate dagli appellanti, il rigetto implicito della domanda riconvenzionale proposta dalla Mu. e la complessità e novità delle questioni trattate;

13. l’primi quattro motivi di ricorso, da trattarsi congiuntamente, in quanto investono, sotto più profili, la statuizione con la quale la Corte territoriale ha ritenuto che il D.P.R. 3 agosto 1990, n. 333, art. 36 poteva essere derogato dalla contrattazione collettiva di livello decentrato e nella parte in cui ha ritenuto che la contrattazione collettiva di livello decentrato tanto avesse disposto, presentano profili di infondatezza e di inammissibilità;

14. il primo motivo è infondato;

15. questa Corte (Cass. 26378/2007) ha già affermato che in materia di trattamento normativo e retributivo dei dipendenti comunali, in relazione all’istituto denominato “livello retributivo differenziato” di cui al D.P.R. n. 333 del 1990, artt. 35 e 36, il servizio prestato prima dell’immissione in ruolo, non può rilevare ai fini del requisito necessario per essere ammessi a selezione (essendo richiesti tre anni di “effettivo servizio di ruolo nella qualifica”), ma può dar luogo all’attribuzione di punteggi alla stregua di eventuali previsioni in tal senso della contrattazione collettiva decentrata (il principio è stato ribadito nella successiva sentenza Cass. n. 9930/2011);

16. il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nella sentenza sopra richiamata condividendone le ragioni esposte, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., atteso che il ricorrente non apporta argomenti decisivi che impongano la rimeditazione dell’orientamento giurisprudenziale innanzi richiamato;

17. di questi principi la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione alla fattispecie dedotta in giudizio perchè ha rilevato che le parti collettive in sede decentrata, con il verbale di delegazione trattante del 5.6.1995, fermo il requisito di accesso alla selezione costituito dalli effettivo servizio di ruolo nella qualifica dall’anzianità di servizio, avevano previsto la possibilità di valutare il servizio di preruolo tra i titoli di servizio utili per l’attribuzione del punteggio di merito;

18. le prospettazioni difensive (secondo motivo) sviluppate con riguardo al verbale di delegazione trattante del 5.6.1995 sono inammissibili laddove mirano a mettere in discussione l’esistenza dell’accordo decentrato in quanto il denunciato errore avrebbe dovuto formare oggetto di impugnazione della sentenza per revocazione, ex art. 395 c.p.c., n. 4, e non ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Cass. n. 4893/2016, 19921/2012, 10776/2006; Cass. 1427/2005);

19. le medesime prospettazioni sono inammissibili se intese a contrastare la portata ed il significato attribuito dalla Corte territoriale al citato verbale del 5.6.1995 perchè il ricorrente non ha dedotto, come era suo onere, la violazione dei criteri di ermeneutica negoziale di cui agli artt. 1362 c.c. e segg. (Cass. 14449/2017, 17716/2016, 7671/2016, 6748/2010).

20. le censure formulate nel primo e nel terzo motivo, con le quali il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 663 del 1979, artt. 26 ter e 26 quater conv. in L. n. 333 del 1980 e della L.R. n. 125 del 1980, artt. 3 e 7, presentano plurimi profili di inammissibilità;

21. il ricorrente non si confronta con la “ratio decidendi” della sentenza impugnata che, come innanzi osservato, ha ritenuto che il servizio preruolo era stato valorizzato in sede di negoziazione collettiva decentrata come titolo di servizio e non come requisito di accesso alla selezione;

22. le questioni in diritto relative alla acquisizione da parte della Mu. dello “status” di dipendente in ruolo, comportanti accertamenti in fatto (superamento dell’esame di idoneità, chiamata in ruolo della medesima) non risultano trattate nella sentenza impugnata;

23. il ricorrente, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4 aveva l’onere (Cass. SSUU 8077/2012; Cass. 5696/2018, 24883/2017, 13713/2015, 19157/2012, 6937/2010), di dimostrare se e in che termini le questioni in diritto, comportanti accertamenti in fatto (superamento dell’esame di idoneità da parte della Mu., chiamata in ruolo della medesima) erano state ritualmente proposte nel giudizio di primo grado, luogo processuale in cui si definiscono irretrattabilmente, ai sensi degli artt. 414 e 416 c.p.c., gli ambiti del “thema decidendum” e del “thema probandum” (Cass. 23694/2017, 8700/2017, 10688/2016, 22641/2015, 21176/2015, 22161/2015, 26859/2013, 18207/2010) e, successivamente, sottoposte al giudice dell’appello (Cass. 5191/2019, 3315/2019, 105102018, 27568/2017, 167/2017, 22934/2016, 23045/2015,5070/2009, 20518/2008, 4391/2007, 25546/2006, 14599/2005);

24. tale onere non è stato adempiuto dal ricorrente il quale non ha allegato l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito e non ha riprodotto nel ricorso, nelle parti salienti e rilevanti, il contenuto del ricorso introduttivo del giudizio e della memoria di costituzione nel giudizio di appello e di indicarne la specifica sede di produzione processuale;

25. le censure formulate nel quarto motivo sono inammissibili nella parte in cui imputano alla sentenza impugnata il vizio di motivazione omessa, insufficiente e/o contraddittoria perchè estranee al rimedio impugnatorio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nel testo oggi vigente e applicabile “ratione temporis”, posto che la sentenza impugnata è stata pubblicata l’11.3.2015 (Cass. SSUU N. 8054/2014);

26. le censure sono inammissibili anche nella parte in cui denunciano l’omesso esame di un fatto decisivo in quanto, lungi dall’indicare il fatto storico che la Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare, si compendiano in una serie di quesiti che richiamano le norme di legge e della contrattazione collettiva citate nelle rubriche dei primi tre motivi di ricorso e le prospettive difensive sviluppate in ciascuno di detti motivi e nella sollecitazione del riesame del merito della causa relativamente ai punteggi spettanti al ricorrente ed alla Mu., riesame inammissibile in sede di legittimità (Cass.SSU 24148/ 2013, 8054/2014; Cass. 1541/2016, 15208 /2014, 24148/2013, 21485/2011, 9043/2011, 20731/2007; 181214/2006, 3436/2005, 8718/2005);

27. il quinto motivo è infondato in quanto: a) il criterio della soccombenza deve essere riferito alla causa nel suo insieme, con particolare riferimento all’esito finale della lite, sicchè è totalmente vittoriosa la parte nei cui confronti la domanda avversaria sia stata totalmente respinta, a nulla rilevando che siano state disattese eccezioni di carattere processuale o anche di merito (Cass. 18503/2014); b) in tema di spese processuali, la Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve limitarsi ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, il sindacato sulla valutazione dell’opportunità o meno di compensarle in tutto o in parte (Cass. n. 29884/2019, n. 24502/2017, n. 10305/2016, 20324/2010, 14563/2008);

28. sulla scorta delle conclusioni svolte il ricorso deve essere rigettato;

29. le spese del giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza;

30. ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfetarie, oltre IVA e CPA.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 29 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2020

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