Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12716 del 13/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 13/05/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 13/05/2021), n.12716

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30051-2019 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARIANNA

DIONIGI 57, presso lo studio dell’avvocato LUCA PARMEGGIANI,

rappresentato e difeso da se medesimo;

– ricorrente –

contro

LINDAM SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

VODAFONE ITALIA SPA, in persona della società procuratrice Lindam

Srl, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DELLA CONCILIAZIONE, 44,

presso lo studio dell’avvocato SERGIO POMARICO, rappresentate e

difese dall’avvocato ALBERTO VENEZIA;

– controricorrenti –

avverso l’ordinanza n. R.G. 1159/2019 del TRIBUNALE di PAVIA,

depositata il 07/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA

GIANNACCARI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il giudizio trae origine dal ricorso per decreto ingiuntivo proposto, innanzi al Tribunale di Pavia, dall’avv. C.D. nei confronti della Lindam s.r.l. e della Vodafone Italia s.p.a. per il pagamento delle prestazioni professionali dal medesimo svolte nella misura di Euro 19.737,78.

Propose opposizione la Lindam s.r.l. e dedusse che il difensore aveva svolto solo la funzione di mero domiciliatario per la fase di notifica e deposito dell’atto introduttivo.

Il Tribunale di Pavia, con ordinanza del 7.6.2019, accolse parzialmente l’opposizione ed accertò che l’avv. C. non aveva svolto le funzioni di domiciliatario perchè la procura era stata a lui conferita congiuntamente all’avv. Crema e che, in qualità di difensore, aveva sottoscritto l’atto introduttivo; liquidò, quindi, il compenso in relazione all’attività effettivamente svolta che era consistita nel deposito del ricorso introduttivo, nella fascicolazione, nella predisposizione di originali e copie e nella notifica dell’atto introduttivo mentre non aveva partecipato alle udienze.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’avv. C.D. sulla base di due motivi.

Hanno resistito, con unico controricorso la Lindam s.r.l. e la Vodafone Italia s.p.a..

Il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di inammissibilità del ricorso.

In prossimità dell’udienza, le controricorrenti hanno depositato memorie illustrative.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 794 del 1942, art. 6 e del D.M. n. 55 del 2014, art. 8 per avere il tribunale liquidato il compenso per l’attività svolta come domiciliatario mentre l’incarico sarebbe consistito nell’assistenza e nella difesa tecnica del cliente, come risulterebbe dal conferimento della procura alle liti.

Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi, avendo il Tribunale accertato che il ricorrente non era domiciliatario ma difensore della Lindam s.r.l. e della Vodafone ed ha liquidato il compenso sulla base dell’attività effettivamente svolta, che era consistita nel deposito del ricorso introduttivo, nella fascicolazione, nella predisposizione di originali e copie e nella notifica dell’atto introduttivo (Cassazione civile sez. VI, 18/11/2019, n. 29822; Cass. 19.7.2018 n. 19255).

Questa Corte ha affermato, con orientamento consolidato al quale il collegio intende dare continuità, che, nel caso in cui più avvocati siano incaricati della difesa in un procedimento civile, ciascuno di essi ha diritto all’onorario nei confronti del cliente solo in base all’opera effettivamente prestata, in virtù del principio di cui alla L. n. 794 del 1942, art. 6 potendosi, peraltro, limitare il diritto al compenso in capo ad ogni procuratore solo previa dimostrazione che lo stesso abbia svolto in parte l’attività professionale per la quale chieda di essere ricompensato (Cassazione civile sez. VI, 18/11/2019, n. 29822).

Con il secondo motivo di ricorso, si contesta la violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 10 per avere il Tribunale liquidato il compenso tenendo conto dell’importo stabilito in sentenza, pari ad Euro 23.967,00 e non del valore della causa, sulla base della domanda, tenendo conto anche della domanda riconvenzionale.

Il motivo è inammissibile.

Va premesso che il giudice di merito ha correttamente liquidato il compenso, ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, con riferimento allo scaglione di valore compreso tra Euro 5.201,00 ad Euro 26.000,00 sulla base del valore della domanda principale, che era pari ad Euro 25.000,00 (accolta per Euro 23.967,00).

Quanto alla doglianza secondo cui il Tribunale avrebbe dovuto tener conto anche del valore della domanda riconvenzionale, si osserva che, secondo l’insegnamento di questa Corte, nella determinazione del valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari difensivi, occorre tener conto anche del valore delle domande riconvenzionali la cui proposizione sia diretta all’attribuzione di beni diversi da quelli richiesti dalla controparte, così determinando un ampliamento della lite (Cassazione civile sez. III, 29/11/2018, n. 30840); nel ricorso non risulta adeguatamente riportato ii contenuto della domanda riconvenzionale, cosicchè la Corte non viene messa in condizione di apprezzare se tale domanda abbia comportato un ampliamento della lite; donde l’inammissibilità della doglianza medesima, per difetta di specificità.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2900,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3 della Corte di cassazione, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2021

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