Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12711 del 25/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 25/06/2020, (ud. 27/03/2019, dep. 25/06/2020), n.12711

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1872-2015 proposto da:

C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E.QUIRINO

VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato FABIANA CORSI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PIETRO BAGALA’;

– ricorrente –

contro

IVM CHEMICALS S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 14,

presso lo studio dell’avvocato FEDERICO HERNANDEZ, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO GOFFREDO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 601/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 24/07/2014 R.G.N. 248/2012.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Milano, con sentenza pubblicata in data 24.7.2014, ha accolto il gravame interposto da IVM Chemicals S.r.l., nei confronti di C.L., avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede n. 4769/2010, con la quale, in accoglimento della domanda del lavoratore, la società datrice era stata condannata a corrispondere a quest’ultimo la somma di Euro 8.268,59 a titolo di differenze retributive dovute per il riconoscimento del superiore inquadramento del C. nel livello C2;

che, pertanto, in riforma della sentenza gravata, la Corte territoriale ha respinto le originarie domande del dipendente;

che per la cassazione della sentenza ricorre C.L. sulla base di tre motivi, cui resiste con controricorso la IVM Chemicals S.r.l.;

che sono state comunicate memorie nell’interesse del lavoratore; che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si censura: 1) la violazione o falsa applicazione degli artt. 113,115,116 c.p.c., e 2697 c.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per erronea valutazione, da parte della Corte di merito, delle prove documentali, ed in particolare, del documento n. 6, denominato “scrittura privata di patto di non concorrenza 19.6.2006”; 2) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 112,113 e 356 c.p.c., per mancata e non motivata ammissione dei mezzi di prova orale dedotti; 3) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il “vizio di motivazione per omesso esame circa un fatto decisivo discusso tra le parti in relazione agli artt. 112,113,116 c.p.c.”, per anomalia motivazionale relativamente alla mancata deduzione di prove sulle effettive mansioni svolte dal dipendente;

che il primo motivo è inammissibile, perchè all’evidenza teso ad ottenere un nuovo esame del merito attraverso una nuova valutazione delle prove, pacificamente estranea al giudizio di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014), poichè “il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza spetta in via esclusiva al giudice di merito”; per la qual cosa “la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio della sentenza impugnata, per omessa, errata o insufficiente valutazione delle prove, o per mancata ammissione delle stesse, non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito” (cfr., ex multis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014 citt.; Cass. n. 2056/2011); e, nella fattispecie, la Corte distrettuale è pervenuta alla decisione impugnata attraverso un iter motivazionale del tutto condivisibile dal punto di vista logico-giuridico, anche in ordine alla analitica valutazione delle risultanze istruttorie (v., in particolare, pag. 3 della sentenza impugnata);

che il secondo motivo è inammissibile per difetto del requisito di specificità, prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, (cfr., tra le molte, Cass., Sez. VI, ord. nn. 187/2014; 635/2015; Cass. nn. 19959/2014; 18421/2009), perchè non confuta la argomentata esclusione (cfr., ancora, pag. 3 della sentenza impugnata, pen. cpv.) delle prove orali fatta dalla Corte di Appello in mancanza di ogni riferimento, da parte del ricorrente, alle mansioni svolte in concreto, mentre, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle disposizioni asseritamente violate, ma anche con specifiche argomentazioni intese motivatamente a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con le disposizioni regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le molte, Cass., Sez. VI, ord. nn. 187/2014; 635/2015; Cass. nn. 19959/2014; 18421/2009); che, comunque, la denunciata “omessa pronuncia” non ricorre, poichè la statuizione sulle istanze istruttorie non costituisce un capo autonomo della sentenza, suscettibile di dare luogo alla inesistenza di una decisione sul punto, per la mancanza di un provvedimento indispensabile alla soluzione del caso concreto (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 7472/2017; 2085/1995);

che il terzo motivo è inammissibile, poichè si limita, nella sostanza, a censurare una valutazione probatoria operata dai giudici di seconda istanza, non condivisa dal ricorrente; al riguardo, si osserva che, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanzè processuali (tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso dello controversia). Orbene, poichè la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata depositata, come riferito in narrativa, in data 24.7.2014, nella fattispecie si applica, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5), come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ma nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale non indica il fatto storico (Cass. n. 21152/2014), con carattere di decisività, che sarebbe stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare; nè, tanto meno, fa riferimento, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza “così radicale da comportare” in linea con “quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione”. E, dunque, non potendosi più censurare, dopo la riforma del 2012, la motivazione relativamente al parametro della sufficienza, rimane il controllo di legittimità sulla esistenza e sulla coerenza del percorso motivazionale dei giudici di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 25229/2015), che, nella specie, è stato condotto dalla Corte territoriale con argomentazioni logico-giuridiche del tutto congrue poste a fondamento della decisione impugnata; che per le considerazioni innanzi svolte, il ricorso va dichiarato inammissibile;

che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 27 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2020

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