Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12710 del 05/06/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12710 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: AMENDOLA ADELAIDE

ORDINANZA
sul ricorso 4702-2012 proposto da:
RAMPULLA FILIPPO (RMPFPP52S14B7450) elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA ANAPO 46, presso lo studio dell’avvocato
CORBO SETTIMIO, rappresentato e difeso dall’avvocato
MANGIONE FRANCESCO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
MPS GESTIONE CREDITI BANCA SPA, non in proprio ma in
nome e per contro della BANCA MONTE PASCHI SIENA SPA, in
persona del Responsabile dell’Ufficio Periferico di Palermo e come tale
legale rappresentante, elettivamente domciliata in ROMA, PIAZZA
CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall’avvcoato DI MICELI SALVATORE giusta procura a margine del
controricorso;

Data pubblicazione: 05/06/2014

- C011tf011C0frelltC –

avverso la sentenza n. 1791/2010 della CORTE D’APPELLO di
PALERMO del 29/10/2010, depositata il 27/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ADELAIDE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA
DECISIONE
È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente
comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti.
“Il relatore, cons. Adelaide Amendola
esaminati gli atti,
osserva:
1. All’esito di un contenzioso estremamente complesso e articolato,
iniziato con il pignoramento, effettuato il 19 settembre 1986, a istanza
della Banca Popolare Siciliana, dei frutti pendenti di un vigneto, già
sottoposto a sequestro giudiziario, il custode Filippo Rampulla, che, su
autorizzazione del giudice, li aveva venduti al prezzo di lire 76.078.125,
con l’onere di vincolare la somma nella forma dei depositi giudiziari, in
attesa della definizione di due giudizi di opposizione all’esecuzione, fu
condannato dal Tribunale di Agrigento, con sentenza del 9 agosto
2005, n. 119, al pagamento, in favore del Monte dei Paschi di Siena
(società incorporante la Banca Popolare Siciliana), della somma di euro
41.420,83, oltre accessori, a titolo di risarcimento dei danni per
violazione dei doveri del buon padre di famiglia nello svolgimento
dell’incarico di custode. Il predetto Istituto, invero, constatato che il
libretto di deposito a risparmio sul quale il ricavato della vendita era
stato versato recava, al 18 maggio 1995, un saldo apparente di sole lire

Ric. 2012 n. 04702 sez. M3 – ud. 07-05-2014
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AMENDOLA.

36.478, lo aveva citato in giudizio, chiedendone la condanna, ai sensi
dell’art. 67, secondo comma, cod. proc. civ., al ristoro dei pregiudizi da
essa subiti per la dispersione dell’attivo.
2. Proposto gravame del Rampulla, la Corte d’appello, in data 27
dicembre 2010, lo ha respinto.

Rampulla, formulando due motivi.
Resiste con controricorso il Monte dei Paschi di Siena.
3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata,
successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall’art. 360 bis,
inserito dall’art. 47, comma 1, lett. a) della legge 18 giugno 2009, n. 69.
Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in
applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi
dichiarato inammissibile.
Queste le ragioni.
4. Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione delle norme di
diritto in ordine ai doveri concernenti l’istituto della custodia giudiziale,
l’impugnante sostiene che ingiustamente il giudice di merito aveva
ritenuto fondata la domanda risarcitoria contro di lui proposta, senza
considerare che la somma depositata sul libretto, una volta che il
giudice ne aveva autorizzato il prelievo, non faceva più parte del
compendio affidato alla sua custodia. Aggiunge che l’Istituto aveva
proposto un’azione di condanna alla ricostituzione della provvista, non
già un’azione di responsabilità per violazione dei doveri di custodia.
Con il secondo mezzo, denunciando vizi motivazionali, chiede alla
Corte, formulando quesito di diritto, se l’autorizzazione data dal giudice al
custode giudiziario del prelievo di una parte di somma custodita in margine al
processo trattato, integri la violazione dei doveri di custodia della somma medesima
sanzionabile con risarcimento.
Ric. 2012 n. 04702 sez. M3 – ud. 07-05-2014
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Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte Filippo

5. Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente, per
la loro intrinseca connessione, sono inammissibili.
Valga al riguardo considerare che, nel primo motivo di ricorso,
formulato in relazione al n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ., l’impugnante
non indica né nell’intestazione, né nel corpo delle argomentazioni

merito, così disattendendo il criterio per cui le censure, pur scevre da
rigidità formali, devono comunque essere strutturate in modo tale da
consentire, senza il sussidio di altre fonti, la immediata e pronta
individuazione delle questioni giuridiche da risolvere e, in particolare,
la denunciata discrasia tra ratio decidendi della sentenza impugnata e
principio che si chiede alla Corte di affermare.
Nel secondo mezzo, invece, che si risolve nella formulazione di un
improprio quesito ex art. 366 bis cod. proc. civ. (peraltro nella versione
non più applicabile al presente ricorso), neppure sono specificate le
pretese lacune, illogicità e contraddizioni dell’iter argomentativo della
sentenza impugnata.
6. A ciò aggiungasi che entrambe le censure sono gravemente carenti
sotto il profilo dell’autosufficienza posto che non riportano il
contenuto del provvedimento del giudice di autorizzazione al prelievo
delle somme depositate sul libretto, né ne indicano l’esatta allocazione
nel fascicolo processuale.
7. Non è superfluo infine evidenziare, per puro spirito di completezza,
che correttamente la Corte territoriale ha affermato che il Rampulla, in
quanto custode della somma ricavata dalla vendita dei frutti del
vigneto, doveva dare contezzà, anche in presenza di autorizzazione del
giudice, della destinazione data agli importi prelevati dal libretto sul
quale il prezzo del prodotto era stato depositato.

Ric. 2012 n. 04702 sez. M3 – ud. 07-05-2014
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illustrative, le norme di diritto pretesamente violate dal giudice di

In proposito difficilmente comprensibile è la deduzione secondo cui
l’azione intentata nei confronti del custode non era un’azione di danni:
non par dubbio, infatti, che, quand’anche il Monte dei Paschi di Siena
si fosse limitato a chiedere la condanna dell’attore alla ricostituzione
della provvista, tale richiesta altro non era che una domanda di restituito

2058 cod. civ.
Il ricorso appare pertanto destinato alla declaratoria di
inammissibilità”.
A seguito della discussione svoltasi in camera di consiglio, il collegio ha
condiviso le argomentazioni in fatto e in diritto esposte nella relazione
e la proposta di decisione nella stessa formulata.
Alla declaratoria di inammissibilità della impugnazione segue la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio nella
misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al
pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi euro
4.300,00 (di cui euro 200,00 per esborsi), oltre IVA e CPA, come per
legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 7 maggio
2014.

in integrum per responsabilità aquiliana, ex artt. 67 cod. proc. civ., 2043 e

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