Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12708 del 19/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/05/2017, (ud. 08/02/2017, dep.19/05/2017),  n. 12708

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1159/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati MAURO RICCI, EMANUELA

CAPANNOLO e CLEMENTINA PULLI;

– ricorrenti –

contro

R.E., R.P., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA PALESTRO 56, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO FATICA,

rappresentati e difesi dall’avvocato ANGELO PALLADINO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 195/2013 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 20/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nelle Camere di consiglio non

partecipate dell’8/02/2017 e del 19/04/2017, dal Consigliere Dott.

ROSSANA MANCINO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. la Corte di appello di Campobasso ha accolto il gravame svolto dagli attuali intimati, nella qualità di eredi di R.G. er l’effetto ha riconosciuto il diritto del loro dante causa all’indennità di accompagnamento;

2. per quanto in questa sede rileva, la Corte territoriale ha ritenuto infondata l’eccezione di improcedibilità del gravame – sollevata dall’INPS, per omessa notifica dell’appello e del pedissequo decreto di fissazione dell’udienza di discussione per il 2 dicembre 2011 sulla base della “sanatoria integrata dalla costituzione in giudizio dell’appellato che…ha svolto difese anche nel merito” (così la motivazione della sentenza impugnata sull’eccezione di improcedibilità);

3. avverso tale sentenza ricorre l’INPS e denuncia, con unico motivo, violazione dell’art. 435 c.p.c., comma 2 e artt. 421, 291 c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento, per avere la Corte territoriale, all’udienza di discussione del 27 gennaio 2012 – a tale data differita, d’ufficio, l’udienza di discussione già fissata per il 2 dicembre 2011 – concesso all’appellante nuovo termine per la notifica dell’appello anzichè dichiarare improcedibile il gravame, non notificato con il pedissequo decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione già fissata per il 2 dicembre 2011;

4. è sempre la parte ricorrente ad esporre che la Corte di merito, all’udienza di discussione del 27 gennaio 2012, aveva accolto la richiesta degli eredi dell’appellante, nel frattempo deceduto, concedendo nuovo termine per rinnovare la notificazione, e aveva fissato nuova udienza di discussione per il 9 novembre 2012 (il gravame veniva notificato all’INPS in data 19 marzo 2012);

5. gli intimati hanno resistito, con controricorso, ed eccepito l’infondatezza dell’eccezione svolta dalla controparte, rimarcando il disposto rinvio d’ufficio dell’udienza di discussione (già fissata per il 2 dicembre 2011), comunicato all’appellante con biglietto di cancelleria del 30 novembre 2011; l’avvio del procedimento notificatorio in data 3 gennaio 2012 e l’avvenuta notificazione, il 4 gennaio 2012, presso il domicilio eletto dall’INPS, in primo grado; la richiesta (all’udienza di discussione del 27 gennaio 2012), previa esibizione dell’atto di appello notificato, di termine per la rinnovazione della notificazione per insufficienza del termine ex art. 435 c.p.c., comma 3 (tra la notifica del 4 gennaio 2012 e l’udienza del 27 gennaio 2012); la nullità (non inesistenza) della notificazione, per cui correttamente la Corte territoriale aveva concesso termine per la rinnovazione della notificazione;

6. il Collegio, nella camera di consiglio dell’8 febbraio 2017 e, a seguito della riconvocazione del 19 aprile 2017 per un supplemento di discussione, ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

7. come già rilevato da questa Corte di legittimità, con la sentenza 22 gennaio 2015, n. 1175, il rinvio di ufficio dell’udienza di discussione che, a mente della consolidata, condivisibile giurisprudenza di legittimità, osta al rilievo di preclusioni e decadenze in danno delle parti, è quello disposto, come nella specie all’esame del Collegio, prima della data fissata per la discussione e prima che l’udienza stessa sia aperta, seppure senza svolgimento di una concreta attività processuale, dovendosi ravvisare in tale prima ipotesi una sostanziale revoca del precedente provvedimento di fissazione (tra le altre, Cass. 20 giugno 2007 n. 14288, Cass. 3 marzo 2003 n. 3126, Cass. 27 maggio 2000 n. 7013, Cass. 6 novembre 1999 n. 12388);

8. in particolare, come di recente riaffermato anche da Cass., sez. sesta-L, 5 agosto 2016 n. 16517, il rinvio di ufficio deve essere espressamente, ed in modo chiaro, disposto prima della udienza fissata (il che è avvenuto nel giudizio all’esame) ed implicitamente è stato ritenuto che la natura e gli effetti di un rinvio dell’udienza di trattazione disposto d’ufficio prima della stessa sono diversi da quelli attribuibili ad un rinvio deliberato nel corso della stessa, rispetto al quale, la parte che non vi abbia già provveduto, si attivi autonomamente per notificare il gravame ed il provvedimento di fissazione della nuova udienza di rinvio;

9. nella prospettiva di una valorizzazione dei principi di diligenza e di correttezza delle condotte di quanti agiscono, seppure a diverso titolo, nel giudizio, funzionali pur sempre alla garanzia dei principi di ragionevole durata del processo e di certezza delle situazioni giuridiche (cfr. Cass. 1175/2015 cit.) non può ritenersi, per converso, che la coincidenza di un’esigenza dell’ufficio con una convenienza della parte, rimasta inattiva rispetto all’onere notificatorio, al differimento della prima udienza, possa rilevare in termini sanzionatori per quest’ultima, pure ove manchi ogni lesione di siffatti principi (cfr. Cass. 16517/2016 cit.);

10. inoltre, la sentenza delle Sezioni Unite della Corte, 30 luglio 2008, n. 20604 (seguita da numerose conformi, tra le quali, da ultimo, Cass. n. 17326/2016; Cass. n. 16319 del 2014 e Cass. n. 6876 del 2015), innovando il precedente prevalente orientamento, ha affermato il principio secondo cui, nel rito del lavoro, l’appello, pur tempestivamente proposto nel termine previsto dalla legge, è improcedibile ove la notificazione del ricorso depositato e del decreto di fissazione dell’udienza non sia avvenuta, non essendo consentito al giudice, alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata imposta dal principio della ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., comma 2, assegnare alla parte un termine perentorio per provvedere ad una nuova notifica a norma dell’art. 291 c.p.c.;

11. più di recente, fra le tante in continuità con la decisione delle Sezioni unite della Corte, Cass. 9 settembre 2013, n. 20613, sempre in tema di giudizio di appello soggetto al rito del lavoro, ha ribadito che il vizio della notificazione omessa o inesistente è assolutamente insanabile e determina la decadenza dell’attività processuale cui l’atto è finalizzato (con conseguente declaratoria in rito di chiusura del processo, attraverso l’improcedibilità), non essendo consentito al giudice di assegnare all’appellante un termine per provvedere alla rinnovazione di un atto mai compiuto o giuridicamente inesistente;

12. nella vicenda all’esame del Collegio, rinviata d’ufficio l’udienza di discussione, dal 2 dicembre 2011 al 27 gennaio 2012, con comunicazione di tale rinvio con biglietto di cancelleria del 30 novembre 2011, l’avvio del procedimento notificatorio soltanto in data 3 gennaio 2012, in mancanza di allegazione di legittimo impedimento, non giustifica – alla luce della giurisprudenza richiamata – la concessione all’appellante del termine per rinnovare la notificazione, con ulteriore slittamento, a tale fine, dell’udienza di discussione;

13. il rispetto del termine di 25 giorni, di cui all’art. 435 c.p.c., comma 3, in riferimento alla nuova data dell’udienza di discussione, ben poteva essere garantito iniziando il procedimento notificatorio in data immediatamente successiva alla comunicazione di cancelleria del 30 novembre 2011, così evitando una declaratoria in rito di improcedibilità (v., fra le altre, Cass. 29 aprile 2015, n. 8684), ma gli appellanti, ricevuta la predetta comunicazione del rinvio dell’udienza di discussione, hanno atteso più di un mese dalla comunicazione, hanno avviato il procedimento notificatorio solo martedì 3 gennaio 2012, all’udienza del 27 gennaio hanno chiesto nuovo termine per la notificazione, fatta ma senza il rispetto del termine di 25 giorni, e la Corte territoriale ha concesso nuovo termine per la notifica, rinviando l’udienza di discussione al 9 novembre 2012 per la quale, alfine, gli appellanti provvedevano alla notifica nel rispetto del termine di 25 giorni;

14. le molteplici inadempienze degli appellanti, nell’assolvimento degli oneri di notificazione sorti, ex art. 435 c.p.c., dalla comunicazione, ai medesimi, dell’avvenuto deposito del decreto di fissazione e variazione, nella specie, dell’udienza di discussione del 27 gennaio 2012 (sull’insorgenza degli oneri di notificazione, a carico dell’appellante, ex art. 435 c.p.c., dalla comunicazione, al medesimo, dell’avvenuto deposito del decreto di fissazione dell’udienza di discussione, v., da ultimo, Cass. 28 settembre 2016, n. 19176) non erano in alcun modo sanabili dalla costituzione dell’appellata per l’udienza del 9 novembre 2012, e la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare l’improcedibilità dell’appello;

15. il ricorso va, pertanto, accolto, la sentenza cassata senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., u.c., perchè il giudizio di appello era improcedibile;

16. le spese del giudizio di legittimità e del pregresso giudizio di appello, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata; condanna gli intimati al pagamento delle spese processuali del giudizio di appello, liquidate complessivamente in Euro 950,00, di cui Euro 900,00 per compensi professionali; e del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 1.200,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2017

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