Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12705 del 25/05/2010

Cassazione civile sez. III, 25/05/2010, (ud. 16/04/2010, dep. 25/05/2010), n.12705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.M. e Z.F., domiciliati in Roma presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 366 c.p.c.,

comma 2, rappresentati e difesi dall’avv. Della Ventura Francesco

giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

A.L., domiciliato in Roma presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 2,

rappresentato e difeso dagli avv.ti Alfano Agostino e Ernesto

Russomando in virtù di delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Salerno n. 689/05 in

data 25 ottobre 2005, pubblicata il 14 dicembre 2005;

Udita la relazione del Consigliere dott. Giancarlo Urban;

udito il P.M. in persona del Cons. Dott. MARINELLI Vincenzo che ha

concluso per l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 17 maggio 1999 A.L. aveva intimato sfratto per morosità nei confronti di S.M. e di Z.F., con riguardo ad un immobile sito in (OMISSIS) e li aveva convenuti innanzi al Tribunale di Salerno, Sezione distaccata di Eboli, per la relativa convalida, adducendo a sostegno della pretesa che l’immobile era stato concesso in locazione ai predetti dal (OMISSIS), dietro pagamento del canone mensile di L. 400.000, progressivamente aggiornato a L. 688.500, per l’uso di studio dentistico, e che dall'(OMISSIS) i convenuti si erano resi morosi rispetto all’obbligazione di pagamento del canone, restando debitori del complessivo importo di L. 9.639.000.

Gli intimati si erano costituiti resistendo e deducendo, a loro volta, che il dante causa dell’intimante, A.D., aveva loro dato in locazione il bene, costituito da un appartamento, per attività dentistica, ma, come avevano reso noto all’intimante con una serie di raccomandate, tale bene era stato da loro lasciato dal (OMISSIS), poichè non era più adatto all’attività dentistica a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 626 del 1994 sulla sicurezza dei luoghi di lavoro; per tali gravi e giustificati motivi, essi avevano comunicato la loro volontà, L. n. 392 del 1978, ex art. 27 di recedere dal contratto con dichiarazione del (OMISSIS) sottoscritta per accettazione da A.L., comproprietario dell’immobile; sicchè, scaduto il prescritto termine semestrale, essi nel (OMISSIS) avevano di fatto lasciato il bene consegnando le chiavi dell’immobile; tale circostanza era a conoscenza dell’intimante, come si evinceva dalla corrispondenza intercorsa fra le parti e dal fatto che gli altri eredi di A. D. avevano notificato loro un’altra intimazione, con procedimento pure pendente; concludevano per l’inammissibilità dell’ intimazione di sfratto avente ad oggetto un contratto già cessato al momento della proposizione della domanda.

Con sentenza del 17 marzo 2004 il Tribunale aveva dichiarato la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento dei conduttori, aveva condannato i conduttori al rilascio dell’immobile locato in favore di A.L. ed alla corresponsione sempre in favore di quest’ultimo della somma di Euro 1.936,27 (in motivazione era indicata la somma di Euro 4.978,13), oltre i canoni scaduti successivamente al (OMISSIS), sino alla data del rilascio, oltre interessi legali a decorrere dalle singole scadenze e rifusione delle spese.

Con sentenza del 14 dicembre 2005 la Corte d’Appello di Salerno rigettava l’appello proposto da S.M. e da Z. F., che condannava alle spese; riteneva che nella specie non fosse stata fornita la prova del recesso anticipato dei locatori, da comunicare secondo le formalità previste dalla L. n. 392 del 1978, art. 27 nè di una risoluzione consensuale delle parti.

Propongono ricorso per cassazione S.M. e Z. F. con due motivi.

Resiste con controricorso A.L..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è inammissibile perchè non risulta in atti la procura speciale conferita dai ricorrenti al difensore, ai sensi dell’art. 365 c.p.c.. Come è noto, la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato il principio che il requisito di specialità della procura implica l’esigenza che questa riguardi, “ex professo”, il giudizio di legittimità sulla base di una valutazione della sentenza impugnata. Ne consegue, come necessario corollario, che la procura non può considerarsi speciale se rilasciata in data precedente a quella della sentenza da impugnare, e, pertanto, è inammissibile un controricorso sottoscritto da difensore che si dichiari legittimato da procura a margine dell’atto di citazione o della comparsa di primo grado (tra le tante: Cass. 31 gennaio 2006 n. 2125).

Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile; segue la condanna dei ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi Euro 1.200, di cui Euro 1.000 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 25 maggio 2010

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