Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12705 del 05/06/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 12705 Anno 2014
Presidente: LUCCIOLI MARIA GABRIELLA
Relatore: CAMPANILE PIETRO

SENTENZA

Ud. 10.12.2013

sul ricorso proposto da:
CONSORZIO CPR 3

Elettivamente domiciliato in Roma, via Donatello,
n. 75, nello studio degli avv.ti Bruno Capponi e
Domenico Di Falco, che lo rappresentano e difendono, giusta procura speciale a margine del ricor-

,t959

2o.A3

t

1

Data pubblicazione: 05/06/2014

SO.

ricorrente

AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI NAPOLI

Elettivamente domiciliata in Roma, via G. B. Tiepolo, n. 21, nello studio dell’avv. Brunello Mileto;
rappresentata e difesa dall’avv. Aldo Di Falco,
giusta procura a margine del controricorso.
controricorrente

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, n. 2354, depositata in data 5 luglio 2007;
sentita la relazione all’udienza del 10 dicembre
.

2013 del consigliere Dott. Pietro Campanile;
Udite le richieste del Procuratore Generale, in
persona del Sostituto Dott. Lucio Capasso, che
ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

l – Con atto notificato in data 15 ottobre 2002 alla Provincia di Napoli il Consorzio CPR3 intraprendeva il giudizio arbitrale previsto dall’art. 28
della Convenzione in data 21 novembre 1981, con la
quale gli erano stati affidati i lavori di ristrutturazione della eircumvallazione esterna Lago Patria Lufrano, deducendo la nullità dell’art. 5, r

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contro

contenuto nell’atto aggiuntivo del 5 giugno 1990,
il quale escludeva la maggiorazione per le opere da
eseguire, introdotta dall’art. 33 della 1. 28 agosto 1986, n. 41, con conseguente condanna

risultato dovuto, oltre interessi e spese.
1.1 – La Provincia di Napoli, costituitasi, eccepiva in via pregiudiziale la carenza di potestas iudicandi del collegio arbitrale in virtù del divieto
di affidamento ad arbitri di tutte le controversie
inerenti opere pubbliche comprese in programmi di
ricostruzione di territori

otAL calamità naturali,

previsto dall’art. 3, comma 2, del d.l. n. 180 del
1998.
1.2 – Avverso il lodo sottoscritto in data 24 gennaio 2005, con il quale il collegio arbitrale aveva accolto le domande proposte dal Consorzio, la
Provincia di Napoli proponeva impugnazione ribadendo l’eccezione fondata sulla carenza di potestas
ludicandi del collegio arbitrale.
1.3 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte
di appello di Napoli, rigettata l’eccezione del
Consorzio di inammissibilità dell’impugnazione per
carenza di interesse, dichiarava la nullità del lodo, per essere gli arbitri privi del potere di giudicare.

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dell’Amministrazione al pagamento di quanto sarebbe

Veniva a tal fine richiamato l’art. 3, comma 2, del
d.l. 11 giugno 1998 n. 180, convertito nella 1. n.
267 del 1998, che prevede il divieto di devoluzione
a collegi arbitrali delle controversie relative

grammi di ricostruzione dei territori coliti da calamità naturali, da ritenersi, anche sulla base di
quanto affermato dalla Corte costituzionale con la
sentenza n. 376 del 2001, applicabil3L anche alle
opere del programma straordinario di cui al titolo
VIII della legge n. 219 del 1981.
Aggiungeva la Corte territoriale che detta disposizione aveva efficacia retroattiva, ragion per cui
non veniva in considerazione un’ipotesi di nullità
sopravvenuta, bensì originaria, dell’accordo di arbitrato, e che non poteva trovare applicazione la
norma contenuta nell’art. 7 della legge n. 166 del
2002, che prevedeva l’abrogazione delle disposizioni prevedenti limitazioni al ricorso all’arbitrato
nelle controversie in materia di lavori pubblici,
in quanto priva di efficacia retroattiva.
1.4 – In via alternativa, si richiamava un orientamento già espresso in materia dalla stessa corte di
appello, secondo cui il divieto di arbitrato introdotto dall’art. 3, comma 2, del dl n. 180 del 1998
non poteva ritenersi abrogato dalla citata legge n.
166 del 2002, in quanto il legislatore, con l’art.
l, coma 2 quater, del dl n. 15 del 2003, converti-

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all’esecuzione di opere pubbliche comprese in pro-

to nella legge n. 62 del 2003, avente natura interpretativa, lo aveva escluso, confermando che il
divieto di arbitrato non era mai stato abrogato in
relazione alle opere relative a interventi di rico-

1.5 – Per la cassazione di tale decisione il Consorzio propone ricorso, affidato a quattro motivi,
cui la Provincia di Napoli resiste con controricorso, illustrato da memoria.
Motivi della decisione

2 – Con il primo motivo di ricorso il Consorzio
CPR3, formulando idoneo quesito di diritto, ha denunciato violazione del D.L. n. 180 del 1998, art.
3, in ragione dell’errata interpretazione della
normativa sul divieto di arbitrato. La statuizione
sul punto infatti non sarebbe corretta perché: a)
in contrasto con la formulazione della norma, che
limita l’esclusione alle controversie relative all’esecuzione di opere pubbliche comprese in programmi di ricostruzione di territori colpiti da calamità naturali, fra le quali non sarebbe possibile
annoverare i programmi contemplati dal titolo 8^
della L. n. 219 del 1981.
La disposizione in questione avrebbe carattere di
eccezionalità e non si applicherebbe pertanto oltre
i casi in essa espressamente considerati, fra i
quali non rientrerebbero quelli contemplati dal ci-

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struzione di aree colpite da calamità naturali.

tato titolo 8^, nè rileverebbero in senso contrario
le statuizioni della Corte Costituzionale, trattandosi di decisioni interpretative di rigetto, che in
quanto tali avrebbero efficacia vincolante esclusi-

tivo intervento era stato sollecitato.
Inoltre il complesso normativo della L. n. 219 del
1981 si suddividerebbe in due parti nettamente distinte fra loro ed autonome, di cui una prima finalizzata alla ricostruzione delle zone colpite dal
sisma del 1980, ed una seconda diretta invece alla
realizzazione di un programma di edilizia residenziale per la costruzione nell’area metropolitana di
Napoli.
2.1 – Con la seconda censura si denuncia violazione
del D.L. 7 febbraio 2003, n. 15, art. l, comma 2,
convertito nella L. 8 aprile 2003, n. 62, il quale
stabilisce che alle controversie derivanti dall’esecuzione di opere pubbliche inerenti programmi di
ricostruzione dei territori colpiti da calamità naturali, in essi compresi quelli previsti dalla L.
n. 219 del 1981, continua ad applicarsi il disposto
di cui al D.L. n. 180 del 1998, art. 3, comma 2
(che esclude dalla competenza arbitrale le controversie in materia di opere pubbliche comprese in
programmi di ricostruzione di territori colpiti da
calamità naturali), disposizione tuttavia venuta
meno per effetto dell’entrata in vigore della L. 1

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vamente nell’ambito del giudizio nel quale il rela-

agosto 2002, n. 166, art. 7, che modificando la L.
n. 109 del 1994, art. 32, con l’introduzione del
comma 4 bis, ha disposto l’abrogazione delle disposizioni che prevedono limitazioni ai mezzi di riso-

pubblici. La L. n. 62 del 2003, art. 1, comma 2
quater, non avrebbe natura interpretativa rispetto
alla precedente norma del 1998, ma ad esso avrebbe
dovuto essere riconosciuta efficacia innovativa,
circostanza da cui sarebbe discesa l’abrogazione
della normativa limitativa della competenza arbitrale, contenuta nel D.L. n. 180 del 1998; g) non
sarebbe stato nella specie applicabile il D.Lgs. n.
354 del 1999, art. 8, coma 1, lett. d (Disposizioni per la definitiva chiusura del programma di ricostruzione di cui al titolo 8^ L. n. 219 del
1981), che riguarda i giudizi arbitrali in corso o
le istanze di accesso ad arbitrato notificate prima
dell’entrata in vigore del D.L. n. 180 del 1998,
essendo intervenuta nella specie in data 15.11.99
la notifica dell’atto introduttivo dell’arbitrato.
2.2 – Con il terzo motivo, denunciandosi violazione
degli artt. 5 e 806 c.p.c., artt. 1321 e 1372 c.c.,
della normativa sul divieto di arbitrato, dei principi costituzionali ex artt. 3, 24, 41, 111 Cost.,
nonchè del principio di affidamento nella sicurezza
giuridica, si sostiene che la contestata interpretazione della norma avrebbe effetti anche sotto il
profilo sostanziale, per l’incidenza che avrebbe

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luzione delle controversie in materia di lavori

sulle caratteristiche del sinallagma contrattuale,
e limiterebbe significativamente il diritto delle
parti di far decidere ad arbitri le questioni fra
loro insorte, pur a fronte di una volontà manife-

della norma limitativa della facoltà di accesso all’arbitrato.
2.3 – Con la quarta censura, infine, deducendosi
violazione del principio della

perpetuatio iuri-

sdictionis di cui all’art. 5 c.p.c., si sostiene
che la competenza del collegio arbitrale sarebbe
stata prorogata in considerazione della proposizione della domanda di arbitrato in un momento in cui
non era vigente il divieto di arbitrato.
3 – I motivi di ricorso, che non presentano profili
di inammissibilità per essere state osservate, in
relazione ad ogni censura, le prescrizioni di cui
all’art. 366 bis c.p.c.,e che, in considerazione
della loro connessione, vanno esaminati congiuntamente, sono infondati.
Vale bene precisare che in merito a questioni sostanzialmente sovrapponibili, insorte fra le stesse
parti, questa Corte si è già pronunciata con decisione n. 13464 del 2010, affermando principi che il
Collegio condivide ad ai quali intende dare continuità.

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stata in tal senso prima dell’entrata in vigore

4 – Non appare conforme a diritto, in primo luogo,
l’affermazione dell’erroneità dell’interpretazione
secondo cui il divieto di arbitrato si applicherebbe anc e alla realizzazione dei programmi edilizi

La censura, articolata in diversi profili, si incentra essenzialmente su due aspetti, vale a dire:
a) la L. n. 219 del 1981 conterrebbe due autonomi
programmi di intervento, del tutto diversi e fra
loro completamente distinti, avendo l’uno ad oggetto l’esecuzione di opere pubbliche inerenti a programmi di ricostruzione dei territori colpiti da
calamità naturali e l’altro (titolo 8″) la costruzione di alloggi con le relative opere di urbanizzazione nell’area metropolitana di Napoli, sicché
sarebbe errato far discendere il divieto di arbitrato per le controversie relative a tali ultime
opere dal divieto espressamente prescritto per le
prime; b) pur tralasciando quanto esposto sub a),
il divieto di arbitrato nella controversia in oggetto non sarebbe stato desumibile dalla normativa
vigente per le seguenti considerazioni: l) il D.L.
n. 180 del 1998, art. 3, comma 2, vieta l’arbitrato
per le controversie sorte in relazione all’e ecuzione di opere pubbliche comprese in programm

i-

costruzione per calamità naturali, salvi i lodi emessi o quelli per i quali sia stata proposta domanda di arbitrato, situazione non ricorrente nel
caso in esame; 2) la detta preclusione sarebbe sta-

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di cui titolo 8^ L. n. 219 del 1981.

ta tuttavia rimossa dalla L. n. 109 del 1994, art.
32, comma 4 bis, introdotto dalla L. l agosto 2002,
n. 166, art. 7, comma i, lett. v, che avrebbe eliminato ogni limitazione di accesso all’arbitrato;
tratta dal disposto del D.L. 7 febbraio 2003, n.
15, art. l, comma 2 quater, convertito in L. 8 aprile 2003, n. 62, che espressamente dispone la
continuazione dell’applicazione del disposto di cui
al D.L. 11 giugno 1998, n. 180, art. 3, comma 2,
convertito nella L. 3 agosto 1998, n. 267, che secondo il ricorrente avrebbe efficacia innovativa.
Osserva in proposito il Collegio che la distinzione, nell’ambito della L. n. 219 del 1981, della
parte relativa ai provvedimenti organici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti da
calamità naturali ì, da quella concernente l’intervento statale per l’edilizia a Napoli, non comporta
le conseguenze. indicate dal ricorrente in ordine ad
una pretesa diversità di disciplina relativamente
alla facoltà di accesso all’arbitrato. Ed infatti
va innanzitutto considerato che il legislatore ha
individuato uno stretto collegamento fra le due
fattispecie avendole disciplinate con un unico
provvedimento normativo; detto collegamento, oltre
che sotto l’aspetto formale, si desume sotto un aspetto sostanziale, per il fatto che le disposizioni in questione sono destinate ad essere applicate
in una medesima (parzialmente) area geografica (Ba-

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3) ulteriore conferma di tale assunto si sarebbe

silicata e Campania la prima, area metropolitana di
Napoli la seconda) e sono comunque riconducibili
all’esigenza di far fronte convenientemente a situazioni di emergenza. L’esistenza di tale collega-

delineate nella L. n. 219 del 1981 debbano trovare
una disciplina unitaria anche per quanto concerne
l’accesso all’arbitrato.
5 – D’altra parte, la correttezza di tale conclusione è confortata dall’analoga valutazione compiuta in proposito dalla Corte Costituzionale (sent.
2001/376).
È ben vero che, come sostenuto dal ricorrente, 16,
detta valutazione non ha efficacia vincolante nel
giudizio in esame, trattandosi di decisione interpretativa di rigetto; tuttavia il contenuto della
statuizione costituisce un precedente di particolare autorevolezza, dal quale non vi è ragione di derogare, che ha espressamente affermato sia la costituzionalità del divieto di arbitrato anche con
riferimento alle controversie insorte nella fase
realizzativa del programma straordinario di edilizia residenziale per Napoli di cui al titolo 8^
della L. n. 219 del 1981, sia il carattere generale
del divieto di arbitrato per le opere di ricostruzione nei territori colpiti da calamità naturali,
in esse comprese, quindi, anche quelle relative al
programma straordinario per Napoli di cui al titolo
8^ L. n. 219 del 1981 (divieto sancito dal D.L. n.

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mento induce dunque a ritenere che le fattispecie

80 del 1998 e dal D.Lgs. n. 354 del 1999).
6 – Quanto poi all’asserita abrogazione della disposizione limitativa dell’arbitrato, rj_conducibile
cuaii—a. 43,
alla L. n. 109 del 1994, art. 32,j/introdotto dalla

n. 3, giova innanzitutto osservare che la disposizione ha un carattere del tutto generale e riguarda, in particolare, tutte le disposizioni che prevedono limitazioni ai mezzi di risoluzione delle
controversie nella materia dei lavori pubblici.
Poiché, viceversa, la disposizione della cui applicazione si discute è norma di carattere speciale,
attinente alle questioni insorte nell’ambito dell’attività di ricostruzione in zone colpite da calamità naturali, ne discende che non si è determinato il preteso effetto abrogativo.
7 – La stessa formulazione, poi, del D.L. 7 febbraio 2003 art. 1, comma 2 quater, convertito con
modificazioni nella L. 8 aprile 2003, n. 62, che
precisa che alle controversie derivanti dall’esecuzione di opere pubbliche nell’ambito di programmi
di ricostruzione nei territori colpiti da calamità
naturali, in essi compresi quelli di cui alla L. n.
219 del 1981, “continua ad applicarsi” il divieto
di deferimento ad arbitri previsto dalla L. n. 267
del 1998 induce a ritenere che il divieto non sia
mai venuto meno (non altrimenti si giustificherebbe
l’adozione della locuzione “il divieto continua ad
applicarsi”) e che il citato art. l, comma 2 quater

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L. l agosto 2002, n. 166, art. 2′, comma lett. V,

contenga una norma interpretativa, con efficacia
quindi retroattiva.
8 – Quanto alla denuncia concernente la violazione

sull’efficacia dei contratti, e delle disposizioni
in tema di arbitrato, per il fatto che la volontà
derogatrice alla giurisdizione ordinaria sarebbe
stata già manifestata con la previsione dell’apposita clausola, al momento dell’entrata in vigore
della legge preclusiva dell’arbitrato, ed una interpretazione costituzionalmente orientata della
normativa vigente deporrebbe nel senso dell’applicazione del detto divieto soltanto alle clausole
compromissorie poste in essere successivamente all’entrata in vigore del D.L. n. 180 del 1998, si
ritiene che anche tale rilievo non possa essere
condiviso.
Ed infatti valgano in proposito le seguenti considerazioni: a) la giurisdizione e la competenza si
determinano con riguardo alla legge vigente e allo
stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda (art. 5 c.p.c.), sicché sotto
questo riflesso risultano irrilevanti gli accordi
di diverso tenore precedentemente assunti; b) il
fluire del tempo costituisce idoneo elemento di
differenziazione delle situazioni soggettive e non
sussiste alcuna ingiustificata disparità di trattamento per il solo fatto che situazioni, pur identi-

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delle norme sull’autonomia contrattuale, oltre che

che, siano soggette a diversa disciplina “ratione
temporis” (Corte Cost. d1/376); c) la garanzia costituzionale dell’autonomia contrattuale non è incompatibile con la prefissione di limiti a tutela

ravvisabile una violazione del principio di “affidamento” legislativo, che va interpretato nel senso
dell’impossibilità di ritenere applicabile una nuova disciplina all’atto già formato, ipotesi certamente insussistente nella specie; e) la Corte Costituzionale, cui era stata sottoposta la relativa
questione, ha già esplicitamente affermato la costituzionalità delle disposizioni che precludono la
devoluzione a collegi arbitrali delle controversie,
già oggetto di compromesso arbitrale, relative ale

l’esecuzione di opere pubbliche comprese in programmi di ricostruzione in territori colpiti da calamità naturali (Corte Cost. 03/11).
9 – Conclusivamente, dunque, il ricorso deve essere
rigettato, con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo
P.Q.M

La Corte rigetta il ricorso e condanna il Consorzio
CPR3 al pagamento delle spese processuali, liquidate in C 5.200,00, di cui C 200,00 per spese, oltre
&ccessori di legge.
.

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di interessi generali (Corte Cost. 03/11); d) non è

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del-

la prima sezione civile, il 10 dicembre 2013.

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