Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12700 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12700 Anno 2015
Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA
Relatore: ARMANO ULIANA

SENTENZA

sul ricorso 10324-2012 proposto da:
DIMMITO SAVINO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA SOGLIANO 70, presso lo studio dell’avvocato
GIUSEPPE AMETRANO, rappresentato e difeso
dall’avvocato EMILIO BATTISTA BERETTA giusta procura
in calce al ricorso;
– ricorrente –

2015
813

contro

COMUNE DI MILANO , in persona del Sindaco pro tempore
GIULIANO PISAPIA, elettivamente domiciliato in ROMA,
LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso lo studio dell’avvocato

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Data pubblicazione: 19/06/2015

RAFFAELE IZZO,

che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ANTONELLO MANDARANO, ANNA
MARIA MORAMARCO, ELISABETTA D’AURIA, MARIA RITA
SURANO, SALVATORE AMMENDOLA giusta procura in calce
alla memoria;

avverso la sentenza n. 443/2011 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 21/02/2011 R.G.N. 3758/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/03/2015 dal Consigliere Dott. ULIANA
ARMANO;
udito l’Avvocato ALVISE VERGERIO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

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– controricorrente

Svolgimento del processo
Il Comune di Milano ha citato in giudizio Dimmito Savino, insieme ad altri presidenti
di cooperative assegnatarie in regime di concessione di aree pubbliche per la gestione
dei parcheggi a pagamento in Milano , per sentirli condannare al risarcimento dei
patrimoniali e morali subiti in conseguenza dei reati loro ascritti e dichiarati estinti per
prescrizione.
Il Comune ha dedotto di essersi costituito parte civile in data 24 novembre 1995 nel

danno del Comune per fatti relativi alla gestione dei parcheggi cittadini nel periodo
intercorrente tra il 1980 e il 1985.
Il Tribunale di Milano ha riconosciuto i convenuti i responsabili del reato di peculato e
li ha condannati alla pena della reclusione di due anni e sei mesi ed al risarcimento dei
danni da liquidarsi in separata sede, con riconoscimento di una provvisionale in favore
del Comune per la somma di euro 12.911,42.
La Corte di appello di Milano ha confermato la decisione di primo grado .
La Corte di Cassazione, qualificato il fatto come truffa aggravata , ha dichiarato
estinto per prescrizione il reato, ferme restando nei confronti degli imputati le
statuizione civili.
Alla fine del procedimento penale, il Comune di Milano ha citato in giudizio Dimitto
Savino e gli altri presidenti di cooperative deducendo che essi, incaricati della
riscossione anche della quota di pertinenza del comune sull’importo versato da ciascun
utente del servizio di parcheggio, si erano appropriati di somme appartenenti al
Comune, facendo risultare in contabilità una sottoutilizzazione dei parcheggi rispetto a
quella reale .
Il Comune ha chiesto la condanna dei convenuti al pagamento delle somme
determinate sulla base di un conteggio del danno presunto, predisposto dal consulente
di parte,oltre che al risarcimento del danno morale.
Per quello che qui interessa il Dimmito ha eccepito la nullità della citazione per
genericità del petitum e della causa petendi e per omessa indicazione delle generalità
del convenuto;1′ infondatezza nel merito;i1 valore non vincolante della provvisionale
liquidata dal giudice penale e la prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
Il Tribunale di Milano ha rigettato la domanda.
A seguito di impugnazione del Comune di Milano ,la Corte di appello ha
condannato,per quello che qui interessa, Dimmito Savino al pagamento della somma

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processo penale promosso nei confronti dei convenuti per il reato di peculato in

di euro 10.000,00 per danno patrimoniale e della stessa somma per danno morale,
oltre al pagamento delle spese del giudizio.
Avverso questa sentenza propone ricorso Dimmito Savino con quattro motivi.
Resiste con controricorso il Comune di Milano e presenta memoria ex art.378 c.p.c.
Motivi della decisione
1.Preliminare è l’esame del terzo motivo di ricorso con il quale si denuncia la nullità
della sentenza ex art. 360 n.3 c.p.c per violazione di norme processuali con

Sostiene il ricorrente che dall’atto introduttivo del giudizio non era rt=3 possibile
comprendere a quale titolo il Comune di Milano aveva avanzato la pretesa risarcitoria
nei confronti del Dimmito , il quale era stato convenuto nel giudizio civile non come
presidente della cooperativa, ma in proprio, per il risarcimento di un pregiudizio
assolutamente imprecisato .
2.11 motivo è inammissibile per genericità della censura.
Nella narrativa della sentenza di appello si legge che il Comune di Milano ha citato i
convenuti in qualità di presidenti delle cooperative a cui erano state date in
concessione le aree pubbliche per la gestione dei parcheggi e che in tale qualità si
erano appropriati delle somme spettanti al Comune, chiedendone la condanna degli
stessi sulla base del reato accertato dalle sentenze penali.
La Corte di appello ha confermato il rigetto della eccezione di nullità dell’atto di
citazione riportando per relationem la motivazione del giudice di primo grado:” infatti
il giudice di prime cure ha respinto le eccezioni di nullità dell’atto di citazione avendo il
Comune compiutamente indicato le generalità dei convenuti fra cui il Dimmito essendo
evidente che gli stessi erano stati chiamati a rispondere in proprio dei danni per il
periodo in cui gli stessi erano stati presidenti delle cooperative concessionarie. Inoltre
il Comune ha allegato i fatti facendo specificamente riferimento ai reati commessi dai
convenuti nella gestione dei parcheggi tra 1980 e il 1985, quantificando i danni sulla
base di una perizia svolta nel processo penale ed in relazione alle sentenze penali
indicate”
La Corte di merito ha concluso, quindi, che l’atto introduttivo conteneva tutti gli
elementi identificativi della domanda e che era sufficientemente specifico da
permettere l’individuazione sia della causa pietendi che del petitum.
3.11 ricorrente genericamente riproduce l’eccezione di nullità dell’atto di citazione come
formulata in primo grado, senza analiticamente censurare l’articolata motivazione
della Corte d’appello ,che ha messo in rilievo che i convenuti erano stati citati in
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riferimento all’articolo 164 c.p.c.

giudizio per rispondere in proprio dell’attività svolta come presidenti delle cooperative,
che la condotta dolosa era stata accertata da sentenze penali, che il danno era
parametrato ai mancati incassi che il Comune di Milano aveva avuto a seguito
dell’attività truffaldina dei convenuti, che avevano fatto apparire una sotto
utilizzazione dei parcheggi per incassare somme di competenza del Comune.
3.Con il primo motivo di ricorso si denunzia vizio di motivazione in ordine alla
esistenza delle prove relative all’entità delle pregiudizio riportato dal Comune di Milano

Sostiene il ricorrente che la sentenza impugnata ha calcolato il pregiudizio subito dal
Comune non su dati certi, ma su dati presuntivi senza fornire spiegazioni dell’entità
logiche che possano giustificare il fondamento degli elementi presuntivi.
4.Con il secondo motivo si denunzia vizio di motivazione in ordine alla concludenza
della prova relativa alla delibera dell’amministrazione comunale e conseguente nullità
della sentenza impugnata.
5.1 due motivi si esaminano congiuntamente per la connessione logico giuridica che li
lega e sono inammissibili.
La Corte di appello ha ritenuto che la delibera del Comune del 2 dicembre 1986 ,oltre
ad operare per il futuro , conteneva un’analisi della situazione pregressa individuando
ex post tutte le cooperative che avevano gestito i parcheggi cittadini.
La Corte riporta l’esordio della delibera, che prende atto delle concessioni in corso e
delle aree oggetto della concessioni, includendo fra le concessionarie proprio le
cooperative degli appellati; inoltre, secondo le ordinanze sindacali istitutive dei
parcheggi in alcune strade cittadine , le zone interessate ai parcheggi corrispondevano
a quelle affidate in gestione agli appellati, secondo le indicazioni della delibera del
1986; a ciò deve aggiungersi la prova in ordine ai tagliandi da consegnare ai clienti
per il parcheggio,acquistati dalle cooperative per gli anni oggetto di causa.
Di conseguenza, ritenuta raggiunta la prova della gestione degli spazi pubblici da
parte delle singole cooperative , della circostanza che i presidenti delle singole
cooperative , fra i quali anche il Dimmito, nell’esercizio di tale attività avevano omesso
di versare al Comune parte delle somme corrisposte dall’utenza come accertato nel
processo penale ,la Corte di merito ha ritenuto di utilizzare in relazione ai danni la
stima elaborata in sede penale in quanto, pur trattandosi di un mero documento
interno dell’amministrazione comunale, si basava su elementi certi .

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ex art. 360 numero 5 c.p.c

In particolare tale documento aveva preso in considerazione il numero dei biglietti
erogati in relazione ad una percentuale di rotazione del 60%, le singole aree e le loro
dimensioni, il periodo di concessione alle singole cooperative .
Il danno è stato calcolato in misura pari alla differenza tra le somme effettivamente
incassate dal Comune per i tagliandi venduti alle cooperative e quelle che il Comune
avrebbe dovuto incassare se i convenuti avessero sempre regolarmente emesso i
biglietti per il servizio di parcheggio ipotizzando una rotazione delle autovetture nei

6.11 ricorrente censura genericamente come vizio di motivazione la valutazione
equitativa del danno effettuata dalla Corte d’appello, senza alcuna contestazione
specifica relativa ai vari elementi che il giudice di merito ha utilizzato per giungere
all’entità del risarcimento del danno e senza indicare alcune effettiva contraddittorietà
della motivazione.
Al riguardo, deve premettersi che il potere di liquidare il danno in via equitativa,
conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 cod. civ., costituisce espressione del più
generale potere di cui all’art. 115 cod. proc. civ. ed il suo esercizio rientra nella
discrezionalità dei giudice di merito con l’unico limite di non potere surrogare il
mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata
individuazione della prova del danno nella sua esistenza, dovendosi, peraltro,
intendere l’impossibilità di provare l’ammontare preciso del danno in senso relativo e
ritenendosi sufficiente anche una difficoltà solo di un certo rilievo.
Nel caso di specie ,i1 giudice di appello ,certo in base alla statuizione del giudice
penale “l’an debeatur” , sulla base degli elementi in atti, ha proceduto alla liquidazione
in via equitativa dando atto di quali elementi della fattispecie concreta ha tenuto conto
nel decidere equitativamente.
Infatti, perché la sua decisione non presenti i connotati dell’arbitrarietà, deve indicare
i criteri seguiti per determinare l’entità del risarcimento e l’esercizio del suo potere
discrezionale è sottratto a qualsiasi sindacato in sede di legittimità, sempre che dia
conto dell’uso di tale facoltà, dimostrando di aver tenuto presenti i dati di fatto
acquisiti al processo come fattori costitutivi dell’ammontare dei danni liquidati (cfr.
Cass. 2910/02).
Ciò è avvenuto nel caso di specie, in quanto il giudice del merito ha evidenziato tutti
gli elementi posti a base della sua decisione .

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parcheggi in misura non inferiore al 60% della capienza

7.Qualora,poi , con il ricorso per cassazione si sollevino censure che comportino
l’esame di delibere comunali, decreti sindacali e regolamenti comunali, è necessario in virtù del principio di autosufficienza del ricorso stesso – che il testo di tali atti sia
interamente trascritto e che siano, inoltre, dedotti i criteri di ermeneutica
asseritamente violati, con l’indicazione delle modalità attraverso le quali il giudice di
merito se ne sia discostato, non potendo la relativa censura limitarsi ad una mera
prospettazione di un risultato interpretativo diverso da quello accolto nella sentenza.

8.Con il quarto motivo si denunzia nullità della sentenza dO se9eenza per
contraddittoria motivazione in ordine alla quantificazione del danno morale.
Il ricorrente censura la liquidazione del danno morale calcolato in misura uguale per
ogni cooperativa a fronte della diversità dell’entità del danno patrimoniale procurato
da ciascuna.
9.11 motivo è infondato.
Si osserva che il danno all’immagine di un ente pubblico è ovviamente unitario ai
sensi dell’articolo 2055 c.c. e le singole colpe si presumono uguali tra tutti i
danneggiati diversamente dal danno patrimoniale .
La Corte d’appello di Milano si è attenuta tali principio ed a fronte di comportamenti
costituenti reato di truffa , considerata la reiterazione dei comportamenti la loro
durata e sistematicità, avuto riguardo al bene oggetto di tutela ha liquidato in una
somma “attualizzata determinata in euro 10.000,00 a carico di ciascuna delle parti.
Il ricorso deve essere rigettato e le spese del giudizio seguono la soccombenza.
P.Q. M
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali liquidate in euro 4.200,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori e
spese generali come per legge.
Roma 27 marzo 2015

Cass.Ordinanza n. 1391 del 23/01/2014

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