Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12700 del 05/06/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 12700 Anno 2014
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: CAMPANILE PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 9051-2007 proposto da:
COMUNE DI MILANO (c.f. 01199250158), in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso l’avvocato IZZO

Data pubblicazione: 05/06/2014

RAFFAELE, che lo rappresenta e difende unitamente
agli avvocati SURANO MARIA RITA, TEMPESTA ARMANDO,
2013

giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –

1739

contro

DAMIANI

MARIA

LUISA

(c.f.

DMNMLS45R54F205VC),

1

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO V. EMANUELE
M 18,

presso il dott. GREZ GIAN MARCO,

rappresentata e difesa dall’avvocato BESOSTRI FELICE
C., giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente
2298/2006

della CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 23/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/11/2013 dal Consigliere Dott. PIETRO
CAMPANILE;
udito, per il ricorrente, l’Avvocato RAFFAELE IZZO
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
l’accoglimento del primo motivo di ricorso e per il
rigetto dei restanti motivi.

avverso la sentenza n.

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Svolgimento del processo

1 – Con atto di citazione notificato in data 15 ottobre 2003 la Sig.ra Maria Luisa Damiani proponeva
opposizione alla stima definitiva determinata per

zione di un collegamento stradale fra la via Fermi
e la via Graziano Imperatore e di un nuovo accesso
al Pronto soccorso dell’Ospedale Niguarda, di un
complesso immobiliare, di cui era comproprietaria,
sito in Milano, via Graziano Imperatore.
1.1 – Sosteneva l’opponente l’incongruità per difetto della stima dell’immobile, ammontante complessivamente ad Euro 733.235, con riferimento al
valore del bene alla data del decreto di esproprio,
emesso in data 5 novembre 2002.
1.2 – Sotto tale profilo sarebbe in seguito emerso
che tale provvedimento era stato annullato con sentenza del TAR competente del 7 ottobre 2003, a sua
volta annullata con decisione del Consiglio di Stato del 9 aprile 2004, n. 252.
Con successiva determinazione del 3 maggio 2004, n.
468, il dirigente del Servizio espropri del Comune
di Milano aveva annullato il suddetto decreto di
esproprio, in quanto la sospensione del procedimento conseguente all’impugnazione davanti al TAR non
ne aveva consentito la tempestiva trascrizione, dovendosi, d’altra parte, tener conto del decesso di

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l’espropriazione, disposta ai fini della realizza-

uno dei comproprietari. Era stato quindi emesso, in
data 3 maggio 2004, nuovo decreto di esproprio degli stessi immobili.
1.3 – La Corte di appello di Milano, con sentenza

maggiormente rileva, premetteva che il giudizio di
opposizione alla stima, ancorché promossa da uno
solo dei comproprietari, riguardava la determinazione dell’intera indennità; escludeva che potesse
attribuirsi rilievo, ai fini dell’attribuzione di
un’indennità aggiuntiva, all’attività esercitata
dalla Damiani nel fabbricato, non potendo trovare
applicazione, neppure in via analogica, la normativa disposta esclusivamente a favore di fittavoli,
coltivatori diretti, compartecipi o mezzadri in relazione all’espropriazione di fondi agricoli.
Sempre in via preliminare, la Corte, a fronte
dell’annullamento del decreto di esproprio emesso
nell’anno 2002 da parte dello stesso ente territoriale, e dell’emanazione, nel maggio del 2004, di
nuovo atto in sostituzione del primo, riteneva che
dovesse tenersi conto, ai fini della determinazione
del valore dell’immobile, della data successiva,
richiamando a tal fine il principio secondo cui esiste un indissolubile collegamento tra indennità
di espropriazione e trasferimento della proprietà
del bene attuato attraverso il decreto di espro-

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depositata in data 23 settembre 2006, per quanto

prio: l’esercizio del potere di autotutela da parte
del Comune in relazione al primo decreto consentiva
di affermare che l’effetto traslativo della proprietà fosse da attribuirsi esclusivamente al de-

vedimento.
1.4 – Veniva ancora affermata l’inammissibilità
della richiesta dell’ente territoriale circa la
determinazione di un valore inferiore alla stima
definitiva, in quanto non avanzata mediante rituale
proposizione di domanda riconvenzionale.
1.5 – La corte territoriale procedeva alla liquidazione dell’indennità, sulla base della determinazione analitica del valore del bene effettuata dal
consulente tecnico d’ufficio, alla luce del criterio temporale sopra evidenziato, osservando, quanto
alla natura abusiva di una delle costruzioni, dedotta dal Comune di Milano, che tale circostanza
avrebbe dovuto essere da tale ente dimostrata, configurandosi al riguardo un’eccezione in senso proprio, e che, in ogni caso, dalla consulenza, anche
sulla base dei dati catastali, non emergeva alcun
elemento che potesse far desumere, con riferimento
al compimento o meno dell’opera in epoca posteriore
alla 1. urbanistica del 1942, ilt carattere abusivo
della stessa.

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creto emanato in sostituzione del precedente prov-

Pertanto l’indennità complessiva veniva determinata
in euro 858.957,00, ordinando il deposito della
differenza della maggior somma rispetto a quella
risultante dalla stima definitiva, maggiorata degli

1.6 – Per la cassazione di tale decisione propone
ricorso il Comune di Milano, deducendo quattro motivi, cui la Damiani resiste con controricorso.
Motivi della decisione

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Con il primo motivo, denunciandosi violazione e

falsa applicazione degli artt. 50 della 1. n. 2359
del 1865 e dell’art. 112 c.p.c., nonché contraddittorietà della motivazione, si deduce l’erroneità
della valutazione del bene alla data del secondo
decreto di esproprio, emesso soltanto per ragioni
formali, in quanto contenente una mera rettifica di
dati riguardanti soggetti diversi dalla Damiani, e,
quindi, non incidente sulle posizioni sostanziali
di costei, cristallizzate alla data del primo provvedimento.
2.1 – Viene formulato il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte Suprema se è corretto ritenere
che, ai fini della determinazione dell’indennità di
espropriazione nell’ambito di un giudizio di opposizione alla stima, si debba fare riferimento al
momento dell’emanazione dell’unico decreto di esproprio esistente all’epoca della stima opposta, e

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interessi legali.

non certo a un momento successivo alla stima opposta in cui è intervenuto, in corso di causa, un decreto di esproprio che ha rettificato quello precedente esclusivamente inserendo i nomi degli eredi

2.2 – Il motivo è fondato. A prescindere, e ciò
valga anche per le censure che seguono, dalla mancata formulazione di idoneo quesito in relazione al
dedotto vizio motivazionale, per altro privo di rilievo, venendo in considerazione una questione giuridica, al proposto quesito bisogna rispondere positivamente.
Infatti il provvedimento ablativo emesso nei confronti della Damiani in data 5 novembre 2002, privo
di vizi di natura sostanziale e procedurale, e tale da determinare il trasferimento della proprietà
del bene espropriato, non può non costituire il
punto di riferimento, sia cronologico che giuridico, ai fini della determinazione degli effetti tipici di tale atto e, quindi, della determinazione
del valore di mercato del bene medesimo.
Non assume rilievo, per i fini sopra indicati, la
mera integrazione del primo provvedimento con
l’indicazione dei nominativi di alcuni eredi di altri comproprietari (allo scopo, si sostiene, di facilitare la trascrizione), in quanto si tratta di
una modifica meramente formale, che non incide – al

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di un comproprietario espropriato”.

di là dal nomen iuris utilizzato, di certo non vincolante – sulla validità e sull’efficacia traslativa del primo decreto. Sulle stesse, per altro, non
refluisce l’omessa trascrizione, pur valorizzata

to, né l’affermazione, per altro contraddetta
dall’ente ricorrente con specifico riferimento alle
risultanze processuali, che il decreto non sarebbe
stato notificato.
Vele bene richiamare, in proposito, il principio
affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il trasferimento del bene espropriato in
favore dell’espropriante si verifica alla data della pronuncia del relativo decreto, indipendentemente dalla successiva notificazione del provvedimento, la quale, rispetto al decreto stesso, avente
natura di atto non ricettizio, non è né elemento
integrativo, né condizione di efficacia, ma ha solo
la funzione di far decorrere il termine di opposizione alla stima, sicché i vizi su di essa incidenti non costituiscono motivi di carenza del potere
espropriativo (Cass., 1 0 agosto 1994, n. 7154).
3 – Parimenti fondato, nei limiti appresso indicati, è il secondo motivo, con il quale si deduce violazione degli artt. 19 della 1. n. 865 del 1971,
112 c.p.c. e 2908 c.c., nella parte in cui, ben evidenziata nel quesito di diritto all’uopo propo-

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dalla Corte di appello di Milano, del provvedimen-

sto, si contesta la statuizione inerente al deposito della somma corrispondente all’indennità relativa al bene espropriato complessivamente considerato, pur in presenza dell’opposizione alla stima di

ha già affermato che quando, come nel caso di specie, vi siano posizioni di comproprietari definite
mediante cessione volontaria, il deposito
dell’intera somma non è dovuto, apparendo del tutto
irragionevole e privo di valide giustificazioni
(Cass., 17 maggio 2012, n. 7777; Cass., 3 maggio
2005, n. 9172).
Tale orientamento deve essere in questa sede confermato, con la precisazione che si tratta di specifica deroga al principio, che appare opportuno
ribadire, secondo cui in caso di espropriazione di
bene indiviso, l’opposizione del singolo comproprietario avverso la stima effettuata in via amministrativa è idonea ad estendere il giudizio alla
determinazione dell’intero diritto e, quindi,
dell’intera indennità, anche a beneficio dei comproprietari non opponenti, conseguendone, altresì,
il diritto dell’opponente di domandare il deposito
per l’intero di quest’ultima (o della differenza
fra quest’ultima e quella che già sia stata eventualmente depositata).

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uno dei comproprietari. In proposito questa Corte

4 – Con il terzo motivo il Comune di Milano lamenta
la violazione dell’art. 16, comma 8 della 1. n. 685
del 1971: la corte territoriale, pur avendo escluso
l’indennizzabilità dei locali adibiti a spogliatoi,

abusivamente e non condonati, avrebbe erroneamente
omesso di considerare il carattere illegittimo
(quanto meno parziale) del fabbricato di mq 206,40,
adibito ad officina, sulla base di una sua ipotetica realizzazione in epoca anteriore all’anno 1942,
quando la licenza edilizia avrebbe dovuto considerarsi facoltativa.
4.1 – La censura, corredata da idoneo quesito di
diritto, è parzialmente fondata.
La corte territoriale utilizza come unico elemento
di displuvio temporale il 1942, ritenendo che in
epoca anteriore all’entrata in vigore della legge
urbanistica n. 1150 di tale anno la licenza di costruzione e l’abitabilità fossero facoltative.
Deve in proposito condividersi il rilievo dell’ente
ricorrente, il quale richiama il regolamento edilizio del Comune di Milano, entrato in vigore in data
1 0 agosto 1921, che all’art. l prevedeva, per
l’esecuzione di nuovi edifici, o per variazioni,
aggiunte o demolizioni da compiersi in fabbricati
esistenti, la presentazione del progetto e la richiesta del nulla osta.

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deposito e centrale termica, in quanto realizzati

Tale disciplina, di certo cogente e non derogabile,
per altro corrispondente a quanto previsto
dall’art. 111 del regolamento approvato col regio
decreto 12 febbraio 1911, di attuazione dell’allora

dentemente costituito il presupposto per il rilascio del titolo abilitativo rilasciato in data 9
gennaio 1929, per una superficie inferiore, pari a
mq. 80 in luogo di quella, effettivamente constatata, di mq 206,40.
Deve quindi trovare applicazione il principio secondo cui, con riferimento a un fabbricato parzialmente abusivo per difformità rispetto al progetto
approvato, non si deve escludere dal computo
dell’indennità tutto il valore del fabbricato, ma
soltanto quello della parte costruita in difformità
(Cass. 30 novembre 2006, n. 25523).
5 – La quarta censura, con la quale si contesta
l’affermazione della Corte territoriale circa la
necessità, ai fini della determinazione di
un’indennità inferiore a quella corrispondente alla
stima opposta, di rituale proposizione, da parte
dell’opposto, di domanda riconvenzionale, nella
specie carente, è infondata, ragion per cui al relativo quesito di diritto deve rispondersi in maniera negativa.

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vigente testo unico sugli enti locali, aveva evi-

5.1 – La tesi posta a fondamento della doglianza
confligge, infatti, per altro in maniera del tutto
consapevole, con il costante orientamento di questa
Corte, che il Collegio condivide ed al quale inten-

zione alla stima dell’indennità di espropriazione
(o di occupazione temporanea), oggetto del giudizio
è la congruità e conformità di essa ai criteri di
legge, principi che devono essere coordinati a
quello della domanda, derivandone che, se questa è
formulata soltanto dall’espropriato, l’opposizione
può condurre a determinare un’indennità maggiore, e
non inferiore, rispetto a quella calcolata in sede
amministrativa, in difetto di una domanda formulata
dall’espropriante; pertanto, nel caso in cui l’accertamento conduca ad un tale risultato, il giudice
deve limitarsi a respingere la domanda, altrimenti
incorrendo nel vizio di ultrapetizione, salvo che
l’espropriante, convenuto in opposizione, abbia ritualmente proposto a tal fine domanda riconvenzionale (Cass., 28 maggio 2012, n. 8442; Cass., 23
giugno 2008, n. 17022; Cass., 28 febbraio 2006, n.
4388).
6 – In accoglimento, nei limiti sopra indicati,
dei primi tre motivi di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte
di appello di Milano, che, in diversa composizione,

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de dare continuità, secondo cui, in tema di opposi-

applicherà i principi sopra enunciati, provvedendo
altresì al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.

i primi tre motivi di ricorso, rigetta il quarto.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi
accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di
appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 14 novembre 2013.

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione,

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