Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1270 del 22/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1270 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

Data pubblicazione: 22/01/2014

SENTENZA
17-2
Sul ricorso proposto da:
Madonna del Carmine di Fameli Antonio & c. s.a.s., Fameli Antonio e
Fameli Saverio, rappr. e dif. dall’avv. Tiziana Parenti, elett. dom. presso e nello
studio del difensore, in Roma, via Cesare Pascarella n.34, come da procura in calce
all’atto
-ricorrente Contro
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dora nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12

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estensore c

ferro

3

-controricorrenteper la cassazione delle sentenze Comm. Tribut. Regionale di Genova 4.9.2007 nn.
96, 97 e 98;

udito l’avvocato dello Stato Marco La Greca per il controricorrente;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Ennio Sepe, che ha
concluso per l’inammissibilità o in subordine l’accoglimento del ricorso.

IL PROCESSO
Madonna del Carmine di Fameli Antonio & c. s.a.s. [società], Fameli Antonio
(accomandatario) e Fameli Saverio (accomandante) impugnano le sentenze della
Commissione Tributaria Regionale di Genova nn. 96, 97 e 98, tutte del 4.9.2007, che,
in accoglimento dell’appello dell’Ufficio avverso le sentenze C.T.P. di Savona
rispettivamente n. 256/05/2004 (per la società), 255/05/2004 (per l’accomandante)
e 254/05/2005 (per l’accomandatario), ribadirono la legittimità dell’impugnato
avviso di accertamento, relativo ad ILOR del 1993 ed a conseguente IRPEF per i
due soci, avente per oggetto il maggior reddito della partecipata società, imputato ai
soci in base alla rispettiva quota e, quanto alla s.a.s., riveniente da corrispettivi reali e
diversi rispetto a quelli apparenti della compravendita di un immobile a terzi.
Ritenne a tal proposito la C.T.R., nella prima sentenza, che il prezzo della
compravendita di un immobile a destinazione alberghiera fosse solo fiscalmente pari
a 300 milioni Lit ed invero effettivo e reale, all’esito di indagini e controlli anche
bancari, nella diversa cifra di 2, 250 miliardi Lit, così ascendendo il reddito d’impresa
da 6,2 milioni Lit circa a 1.893 milioni Lit circa. Nelle due ulteriori pronunce,
attinenti al riaccertamento dei redditi dei soci, la medesima C.T.R. indicò per
relationem che gli stessi andavano determinati in modo del tutto conseguente alla decisione
assunta sulla società.
Il ricorso, con il quale si contestano tutte e tre le sentenze, è affidato ad un unico
motivo, cui resiste con controricorso Agenzia delle Entrate.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il motivo, i ricorrenti società di persone e soci hanno dedotto, in relazione
all’art.360 n. 5 cod.proc.civ., il vizio di omessa motivazione, non avendo la decisione
impugnata affrontato ex professo alcuno degli elementi di causa già documentati in
primo grado e riproposti dagli appellati in secondo, in particolare non dando conto
di come la citata compravendita immobiliare fosse stata accertata quale reale, posto
che la sentenza della C.T.P. l’aveva invece esclusa, in quanto simulata ed inoltre
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estensore cons. m

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 28 novembre
2013 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

rtNT’F-AI _

Il ricorso è inammissibile, per tardività della sua notifica ai sensi dell’art.327 cod.proc.civ.,
come richiamato dall’art.38 d.lgs. 31.12.1992, n.546. Constando invero la richiesta di
notifica in data 5 dicembre 2008, per l’impugnazione unitaria delle tre sentenze e
risultando esse depositate nel medesimo giorno (4 settembre 2007), trova applicazione
il termine lungo, ratione temporis annuale, ampiamente sorpassato dalla citata iniziativa
difensiva di contestazione nella finale sede di legittimità e pur soggetto nella
circostanza a sospensione per il periodo feriale.
La soccombenza dei ricorrenti giustifica la rispettiva condanna alle spese del
procedimento, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento
delle spese del procedimento, liquidate in Euro 9.000, oltre alle spese prenotate a
debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 novembre 2013.

trascurando che si trattava di vicenda intercorsa tra una società venditrice ed
un’altra le cui quote erano solo fiduciariamente intestate a terzi, che invero
rispondevano all’accomandatario della prima, solo apparente dante causa nell’atto
oggetto di accertamento.

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