Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12694 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12694 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso 638-2012 proposto da:
ALA SALVATORE LAASVT3OR02H5010, in proprio quale
originario conduttore ed attore e nella qualità di
cessionario del credito vantato da “il Mandarino di
Nicola Ruberto e C. s.n.c.” successore a titolo
particolare del conduttore originario, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA DEL RISORGIMENTO 36, presso
lo studio dell’avvocato ANTONIO CAPITELLA, che lo
rappresenta e difende giusta procura speciale a margine
del ricorso;
– ricorrente –

Data pubblicazione: 19/06/2015

contro

ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I DIPENDENTI
DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 97095380586;
– intimato –

avverso la sentenza n. 4298/2010 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/03/2015 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
MARIA CIRILLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il
rigetto;

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di ROMA, depositata il 09/11/2010, R.G.N. 9806/2003;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Salvatore Ala convenne in giudizio, davanti al Tribunale
di Roma, l’ENPAS e, sulla premessa di essere conduttore di un
immobile, destinato ad uso bar, di proprietà dell’ente
convenuto, chiese che lo stesso fosse condannato

aveva chiuso il transito sulla strada antistante il locale da
lui condotto in locazione, con conseguente riconoscimento del
suo diritto alla riduzione del canone in considerazione della
minore fruibilità del bene locato.
Si costituì l’ente convenuto, chiedendo il rigetto della
domanda.
Nel corso del giudizio l’azienda di cui era titolare
l’attore fu conferita nella s.n.c. “Il mandarino”, mentre la
causa continuò tra le parti originarie. Dichiarato estinto
l’ente locatore, il giudizio fu riassunto nei confronti
dell’INPDAP, il quale si costituì eccependo il difetto di
legittimazione attiva dell’Ala. Successivamente, intervenne
volontariamente la s.n.c. “Il mandarino”, chiedendo la
riduzione del canone ed il rimborso di quanto pagato in
eccedenza.
Il Tribunale accolse in parte la domanda con riferimento al
periodo dal marzo al dicembre 1990, condannando l’INPDAP a
pagare all’attore la somma di euro 2.840,51 e rigettò la

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all’eliminazione di un muretto, con sovrastante inferriata, che

domanda proposta dalla s.n.c. “Il mandarino” per difetto di
legittimazione attiva.
2. Dopo il deposito della sentenza, Salvatore Ala ha ceduto
le sue quote di proprietà della s.n.c. “Il mandarino” ed ha poi
acquistato da quest’ultima il credito rappresentato dal 25 per

gennaio 1991 al 12 giugno 2002.
La sentenza di primo grado è stata quindi impugnata in via
principale da Salvatore Ala nella qualità di cessionario del
credito e dall’INPDAP in via incidentale.
La Corte d’appello di Roma, con pronuncia del 9 novembre
2010, ha respinto l’appello principale, ha accolto quello
incidentale e, in riforma della sentenza di primo grado, ha
rigettato integralmente la domanda proposta da Salvatore Ala,
compensando tra tutte le parti le spese dei due gradi di
giudizio.
Ha premesso la Corte territoriale, esaminando il primo
motivo dell’appello principale relativo alla presunta
violazione dell’art. 111 cod. proc. civ., che la società
subentrata all’originario conduttore, cioè Salvatore Ala, «non
era mai cambiata sino al giudizio di primo grado», per cui era
rimasto «immutato il soggetto giuridico al quale imputare
diritti ed obblighi derivanti da rapporti anteriormente sorti».
Quanto al secondo motivo dell’appello principale
riguardante il

quantum della pretesa di restituzione di somme
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cento dei canoni di locazione corrisposti nel periodo dal l °

9.(.2

pagate in eccesso – la Corte d’appello l’ha esaminato insieme
all’appello incidentale dell’INPDAP. Ha osservato, in
proposito, che dall’espletata istruttoria era emerso che non
erano fondate le pretese avanzate dall’Ala e dai suoi danti
causa circa la riduzione del canone di locazione del bene

fotografie prodotte non risultava che la recinzione dell’area
compiuta a suo tempo dall’ENPAS avesse in qualche modo
diminuito la fruibilità del bene. Non risultava, infatti, che
tale recinzione avesse impedito o reso gravoso l’accesso
all’esercizio commerciale dell’appellante principale; per cui
tale modifica doveva considerarsi esercizio della facoltà del
proprietario di «delimitare la sua proprietà al fine di
renderla più sicura e ordinata», senza che potesse farsi
riferimento al concetto di innovazione pregiudizievole di cui
all’art. 1582 del codice civile.
3. Contro la sentenza della Corte di appello di Roma
propone ricorso Salvatore Ala, in proprio e nella qualità di
cessionario del credito vantato dalla s.n.c. “Il mandarino” di
– Nicola Ruberto, con atto affidato a due motivi.
L’INDPAP non ha svolto attività difensiva in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in
riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 4) cod. proc.

5

locato, perché sia dalla relazione del c.t.u. che dalle

civ., violazione degli artt. 99, 100, 101, 102, 111, 331 e 343
del codice di procedura civile.
Rileva il ricorrente di aver partecipato in proprio, come
originario conduttore, al giudizio di primo grado, assumendo,
dopo il conferimento di azienda alla s.n.c. “Il mandarino”, la

in primo grado un intervento adesivo autonomo, finalizzato a
far valere una pretesa derivante dal medesimo contratto di
locazione, ma relativa ad un periodo diverso. Ciò posto, il
ricorrente mette in evidenza che la sua partecipazione al
giudizio di appello è avvenuta nella sola qualità di
cessionario del credito della s.n.c. “Il mandarino”, e non in
proprio; egli non era parte del giudizio di appello in proprio,
né come appellante principale – perché vincitore in primo grado ,
– né come appellante incidentale, perché l’atto di appello non
gli era stato notificato. La sentenza in esame sarebbe quindi
nulla, in quanto pronunciata nei confronti di un litisconsorte
necessario non costituito, in assenza di rituale notificazione.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in
riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5) cod. proc. civ.,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio.
Rileva il ricorrente che la sentenza fonda la propria
decisione di rigetto della domanda sulla mancanza di lesività e
sull’esistenza di ragioni giustificative della innovazione
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veste di litisconsorte necessario; la società, infatti, esplicò

apportata.

Tale motivazione sarebbe,

in parte,

fondata

sull’errore di percezione consistente nel considerare estranea
al contratto di locazione l’area esterna al locale destinata al
parcheggio; in parte, sarebbe costituita da argomentazioni
apodittiche, prive di riscontro concreto negli atti del

3. La Corte ritiene opportuno cominciare la trattazione del
ricorso partendo dal secondo motivo.
Si rileva, innanzitutto, che la formulazione del medesimo,
pur lamentando un presunto vizio di motivazione, oscilla tra la
proposizione di un vizio revocatorio – quale emerge dai
richiami ripetuti all’errore di percezione, all’errore di fatto
ed al travisamento del dato obiettivo

e l’evidente tentativo

di ottenere una nuova valutazione delle prove esistenti.
La sentenza impugnata, al contrario, con una motivazione
corretta e priva di vizi logici – dopo aver ricordato che
rientra nella facoltà del proprietario il potere di limitare la
proprietà al fine di renderla più sicura e ordinata – ha
spiegato con dovizia di particolari le ragioni di fatto per le
• quali la recinzione costruita dall’ente locatore a difesa della
proprietà non impediva né rendeva più difficoltoso, da parte
del conduttore, il godimento del bene locato; ciò in quanto
tale recinzione risultava «aver determinato (legittimamente)
che l’accesso all’area avvenga dalla parte non recintata». A
tali argomentate conclusioni la Corte d’appello è giunta
7

processo.

richiamando la c.t.u., le planimetrie allegate e le fotografie
prodotte anche dallo stesso Salvatore Ala.
Da tanto consegue che il secondo motivo – anche volendo
tralasciare le suindicate ragioni che potrebbero condurre ad
una pronuncia di inammissibilità è comunque privo di

e non consentito esame del merito.
4. Tanto premesso, occorre esaminare il primo motivo.
La censura ivi proposta attiene alla formulazione
dell’appello incidentale da parte dell’INPDAP, appello che è
stato accolto dalla Corte romana. Quest’ultima avrebbe errato,
secondo l’assunto del ricorrente, in quanto l’accoglimento
dell’appello incidentale non poteva che avere come destinatario
Salvatore Ala in proprio, perché l’unica domanda che era stata
accolta dal Tribunale – e, perciò, l’unico punto in relazione
al quale l’INPDAP era soccombente – era quella avanzata da
Salvatore Ala in proprio, mentre quella proposta dalla società
“Il Mandarino” era stata rigettata. Dal che deriverebbe che la
sentenza impugnata sarebbe stata pronunciata in danno di un
‘ litisconsorte necessario non costituito in quanto non
destinatario di alcuna notifica.
4.1. Rileva il Collegio, innanzitutto, che tra gli atti
allegati al ricorso non risulta indicato anche l’appello
incidentale dell’INPDAP, né il ricorrente si è preoccupato di
il contenuto al fine di porre

riportarne, almeno in parte qua,
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fondamento, in quanto volto ad ottenere in questa sede un nuovo

la Corte di legittimità, nel rispetto dell’art. 366, primo
comma, n. 6), cod. proc. civ., in condizioni di comprendere
dalla sola lettura del ricorso quale fosse il reale contenuto
dell’atto di appello.
A tale rilievo formale va aggiunto che alcune recenti
pronunce di questa Corte hanno riconosciuto che la lesione
delle norme processuali non è invocabile in sé e per sé,
essendo viceversa sempre necessario che la parte che deduce
siffatta violazione adduca anche, a dimostrazione della
fondatezza, la sussistenza di un effettivo pregiudizio
conseguente alla violazione medesima (v., sia pure in relazione
a fattispecie diverse, le sentenze 18 luglio 2008, n. 19942, 7
ottobre 2010, n. 20811). È stato affermato nella sentenza 23
febbraio 2010, n. 4340, ad esempio, che in materia di
l

impugnazioni civili, dai principi di economia processuale, di
ragionevole durata del processo e di interesse ad agire si
desume quello per cui la denunzia di vizi dell’attività del
giudice che comportino la nullità della sentenza o del
procedimento, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod.
– proc. civ., non tutela l’astratta regolarità dell’attività
giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del
pregiudizio del diritto di difesa concretamente subito dalla
parte che denuncia il vizio.
Nel caso in esame, il rigetto del secondo motivo di ricorso
– che è il solo attinente al merito della decisione impugnata 9

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fa sì che non è affatto chiara quale sarebbe stata, in
concreto, la lesione del diritto di difesa patita da Salvatore
Ala in proprio, dal momento che la Corte d’appello, come si è
visto, ha ritenuto non sussistente alcuna diminuzione del
libero e proficuo godimento del bene da parte del conduttore; e

l’accertata assenza di ogni danno in capo al conduttore rileva
in riferimento a tutti i conduttori.
4.2. Tanto premesso da un punto di vista formale, la Corte
osserva che il primo motivo di ricorso è comunque privo di
fondamento.
Ed infatti, la sentenza di primo grado – prodotta in atti
ed esaminabile da questa Corte in considerazione del tipo di
vizio proposto – risulta pronunciata su domanda di Salvatore
Ala nella qualità di «titolare della ditta “Il Mandarino”»,
nonché dalla società «Il Mandarino di Ala Salvatore e C. s.n.c.
in persona del legale rappresentante

pro tempore»;

mentre

l’atto di appello è stato proposto, come risulta dall’epigrafe
e dal testo della sentenza impugnata, da Salvatore Ala nella
qualità di «cessionario del credito» della s.n.c. “Il
Mandarino”. Ne consegue che l’ente appellato, nel proporre il
proprio atto di appello incidentale, non poteva che
indirizzarlo nei confronti della parte così come si era
qualificata nel proporre l’appello principale; per cui la
mancata evocazione in giudizio di Salvatore Ala in proprio 10

poiché l’immobile era senza dubbio sempre il medesimo,

ammesso e non concesso che ciò risponda all’effettivo contenuto
dell’appello incidentale – non può che ricondursi alla stessa
iniziativa della parte appellante principale, senza alcuna
sostanziale lesione del diritto di difesa.
Anche il primo motivo di ricorso, pertanto, non è fondato.

Non occorre provvedere sulle spese, atteso il mancato
svolgimento di attività difensiva da parte dell’ente intimato.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza
Sezione Civile, il 25 marzo 2015.

5. Il ricorso, quindi, è rigettato.

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