Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12690 del 05/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12690 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: NUZZO LAURENZA

SENTENZA

sul ricorso 26246-2008 proposto da:
MORTILLARO GIUSEPPA MRTGPP28D5OH933H, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA SALLUSTIO 9, presso lo
studio dell’avvocato BARTOLO SPALLINA, rappresentata e
difesa dall’avvocato PEPE FRANCESCO;
– ricorrente 2014
805

contro

GENCO CONCETTA GNCCCT53H43G273Y,

GENCO FLORIANA

GNCFRN76R46G273E, GENCO MARIA GNCMRA51S51G273F, GENCO
GIOVAN BATTISTA GNCGNB74S26G273E,

GENCO ORNELLA

GNCRLL81T60G273B, GENCO GIUSEPPA GNCGPP48M41G273R,

Data pubblicazione: 05/06/2014

GENCO ANTONIA

GENCO ANTONINO GNCNNN59C29G273Y,

GENCO ASSUNTA GNCSNT57M66G273S,

GNCNTN56M58G273D,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA OSLAVIA 6,
presso lo studio dell’avvocato MORANI GIOVANNI MARIA,
rappresentati e difesi dall’avvocato LEONE CALOGERO;

nonchè contro

RIBAUDO GIOVANNI, RIBAUDO VITA MARIA, RIBAUDO
ANTONINA, RIBAUDO VINCENZO, RIBAUDO ROSALIA, RIBAUDO
DOMENICO, MORTILLARO FILIPPA;

intimati

avverso la sentenza n. 905/2008 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 01/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/03/2014 dal Consigliere Dott. LAURENZA
NUZZO;
udito l’Avvocato SPALLINA LORENZO,
dell’Avvocato

PEPE

FRANCESCO

con delega

difensore

della

ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– controricorrenti –

Svolgimento del processo
Con atto di citazione 24.10.1990 le sorelle Mortillaro
Giuseppa, Mortillaro Filippa e Mortillaro Grazia convein giudizio, innanzi al Tribunale di Palermo,

Genco Concetta, Genco Maria e Genco Giovan Battista,
chiedendo

l’annullamento

dell’atto

di

donazione

18.2.1989, per notaio Di Liberto, con cui la loro zia,
Mortillaro Domenica, aveva donato a Genco Concetta e
Genco Maria, figlie di Genco G. Battista, il suo appartamento sito in Palermo, Via Felice Corazza, n. 37.
Assumevano le Mortillaro: la donante era deceduta in
Palermo il 17.3.1989 senza alcun erede legittimo ad eccezione di esse attrici, nipoti di primo grado, perché figlie del di lei fratello; la de cuius era stata ricoverata,
dal 20.1.1989 al 10.3.1989, presso l’ospedale Oncologico Maurizio Ascoli di Palermo, per un tumore al fegato
da cui era derivato

un grave stato di torpore fisio-

psichico ed era stata indotta a detta donazione da Genco
Giovan Battista, dietro promessa di una continua assistenza vita natural durante .
Si costituivano i convenuti

chiedendo il rigetto della

domanda.
Assunta la prova orale ed espletata C.T.U., con sentenza
4.6.2004, il Tribunale di Palermo dichiarava la nullità
dell’atto di donazione 18.2.1989, compensando fra le

nivano

parti le spese di lite.
Avverso tale sentenza proponevano appello Genco Maria,
Genco Concetta, in proprio e quali eredi, unitamente a

Antonino, Genco G. Battista, Genco Floriana e Genco
Ornella, di Genco Giovan Battista, (deceduto il
25.12.1999), chiedendo, in riforma della sentenza impugnata,che venisse dichiarata la validità dell’atto di donazione suddetto.
Resistevano all’impugnazione, chiedendo la conferma
della sentenza di primo grado, Mortillaro Giuseppa, Mortillaro Filippa e gli eredi di Mortillaro Grazia, Ribaudo
Giovanni, Ribaudo Vita Maria, Ribaldo Antonina, Ribaudo Vincenzo, Ribaudo Rosalia e Ribaudo Domenico.
Con sentenza depositata il 1°.7.2008 la Corte d’Appello
di Palermo, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava la validità dell’atto di donazione in questione,
compensando per metà le spese del grado e ponendo la
residua metà a carico degli appellati.
Osservava la Corte di merito che il primo giudice aveva
completamente trascurato

le risultanze

della C.T.U.,

disposta al fine di valutare l’effettiva capacità
d’intendere e di volere della donante , senza in alcun
modo motivare “sulle ragioni per cui aveva ritenuto erroneo il parere del C.T.U. ed argomentando, sulla base di

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Genco Giuseppa, Genco Antonia, Genco Assunta, Genco

considerazioni, non scientifiche, spesso basate “su presupposti fattuali inesatti”; sulla base dell’intero compendio probatorio( C.T.U. corredata dalle dichiarazioni dei

cuius; esame delle deposizioni testimoniali nonché degli
atti del procedimento penale, avviato su denuncia delle
attrici e conclusosi con decreto di archiviazione per la
natura remuneratoria della donazione derivante
dell’assistenza fisica e psichica prestata a in favore della donante, per quasi tre anni, da Genco Giovan Battista)
riteneva che la Mortillaro fosse rimasta lucida, nonostante la malattia che l’affliggeva, “sino all’ultimo dei suoi
giorni”, come pure testimoniato da Mortillaro Grazia,
nipote della de cuius.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso, affidato a tre motivi, Mortillaro Giuseppa.
Resistono con controricorso Genco Maria, Genco Concetta, Genco Giuseppa, Genco Antonia, Genco Assunta,
Genco Antonino,Genco Giovan Battista, Genco Floriana e
Genco Ornella, in proprio e nella qualità di eredi di Genco Giovan Battista.
Motivi della decisione
La ricorrente deduce:
1)omessa, insufficiente e illogica motivazione in relazione alle prove espletate nel corso del giudizio di primo

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sanitari dell’ospedale ove era stata ricoverata la de

grado ed alla valutazione della C.T.U. nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.;
in particolare, la Corte di merito aveva erroneamente ri-

ed, adeguatamente motivata, senza considerare che, ai
fini dell’annullamento dell’atto di donazione, non era
necessario dimostrare la totale mancanza di intendere
e di volere, essendo sufficiente “solo un turbamento
anche momentaneo tale da non rendere il soggetto consapevole dell’atto da compiersi”;
2)omessa, contraddittoria, illogica ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in
relazione alla valutazione dell’esito del procedimento
penale; la Corte d’appello aveva desunto la capacità dì
intendere e di volere della Mortillaro dal decreto di ar/\)mift
chiviazione penale senza conto dell’autonomia del giudizio penale rispetto a quello civile;
3) omessa, contraddittoria, illogica ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia in
relazione all’attestazione sulla capacità d’intendere e di
volere della Mortillaro da parte del Notaio che aveva
rogato l’atto di donazione, attestazione da ritenersi liberamente valutabile dal Giudice di merito e priva del
carattere di prova inconfutabile.
Il ricorso è infondato.

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tenuto la sentenza di primo grado non sufficientemente

I tre motivi di ricorso investono l’apprezzamento di fatto del materiale probatorio e si risolvono in una valutazione delle prove alternativa rispetto a quella del giudice

una motivazione immune da vizi logici e giuridici.
Va rammentato che il vizio di omessa od insufficiente
o illogica motivazione, denunciabile con ricorso per cassazione, ex art. 360 n. 5 c.p.c., è configurabile solo
quando nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento, per avere omesso di
indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero per avere indicato tali elementi senza
una approfondita disamina logica e giuridica, così rendendo impossibile il controllo dell’esattezza del suo ragionamento. Il vizio di contraddittoria motivazione sussiste, invece, ove le ragioni poste a fondamento della
decisione risultino contrastanti, così da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della “ratio decidendi” . Tali vizi non possono, com’è noto, consistere
in un differente apprezzamento dei fatti e della prove f
spettando solo al giudice di merito individuare le fonti
del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e scegliere tra le risultanze istruttorie

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di merito,esulante dal sindacato di legittimità a fronte di

quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione,
dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo
i casi tassativamente stabiliti dalla legge in cui è assegnato un valore legale alla prova (Cass.n.9113/2012; n.

7394/2010; n. 6064/2008).
Orbene, nella specie, la Corte territoriale ha dato conto
analiticamente delle prove e delle ragioni su cui ha
fondato la decisione ed, in particolare, ha accertato,
sulla base della conclusioni del C.T.U.‘ completamente
trascurate dal primo giudice) e del complesso degli elementi di prova acquisiti che la donante era rimasta sempre lucida e capace di autodetemínarsi avendo, fra
l’altro, il C.T.U., “chiaramente affermato che il tipo di
malattia che affliggeva la donante non comportava situazioni di deficit mentale, specificando che la stessa
era rimasta per tutto il periodo di ricovero in ospedale, e
quindi anche il giorno in cui ebbe a stipulare la donazione, mentalmente lucida” ( pag. 7 sent. imp.).
Il secondo motivo attiene ad una circostanza probatoria
(valutazione dell’esito del procedimento penale a carico
di Genco Giovan Battista, conclusosi con decreto di archiviazione) che, oltre a non escludere la rilevanza degli altri elementi probatori, è stata correttamene esaminata dal giudice di appello che ha desunto dal decreto
stesso il carattere remunertorio della donazione, per a-

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\,

vere il Genco assistito sia fisicamente che psichicamente, per quasi tre anni, la donante, rimasta costantemente
sana di mente e perfettamente consapevole del significa-

deposizioni testimoniali rese dal personale sanitario che
aveva avuto in cura la Mortillaro e quelle dei testi presenti all’atto di donazione.
Il giudice di appello ha pure tenuto conto della testimonianza del notaio Di Liberto ( che aveva redatto l’atto
di donazione) precisando che questi, sentito in prime cure, aveva sottolineato di avere sondato, al momento
dell’atto, le condizioni di salute mentale della Mortillaro, con apposite domande, “ricavando il convincimento
che la donna fosse assolutamente lucida e capace di
comprendere l’importanza dell’atto” e dandone ivi attestazione.
E’ pur vero che l’atto pubblico fa fede fino a querela
di falso solo relativamente alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l’ha formato, alle dichiarazioni dal medesimo rese ed agli altri fatti dal medesimo compiuti, non estendendosi, invece, tale efficacia
probatoria anche ai giudizi valutativi che lo stesso abbia svolto, tra i quali va compreso quello relativo al
possesso, da parte di uno dei contraenti, della capacità
di intendere e di volere(Cass. n. 9649/2006; n.

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to giuridico e sociale dell’atto di donazione, secondo le

3787/2012); nella specie, però, detta testimonianza del
Notaio, sulla verificata sussistenza della capacità della
donante, al momento della donazione, è solo integrativa

tro e conferma di altre testimonianze che hanno determinato il convincimento del giudice, da ritenersi sorretto,
come già detto, da congrua e corretta motivazione.
In conclusione, il ricorso va rigettato. Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in E
3.200,00 di cui e 200,00 per esborsi oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma il 28.3.2014

di altre prove ed è stata richiamata in sentenza a riscon-

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