Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12688 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12688 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: DE STEFANO FRANCO

Data pubblicazione: 19/06/2015

PU
SENTENZA

sul ricorso 1977-2012 proposto da:
SOLLAZZO LUIGI SLLLGU73M25B619I, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 213, presso lo
studio dell’avvocato CRISTIANO D’UBALDO,
rappresentato

e

difeso

dall’avvocato

VINCENZO

PRINCIGALLI giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

jI

contro

D’AMBRA LEONARDO, ALLIANZ ASSICURAZIONI SPA ;
– intimati

avverso la sentenza n. 87/2011 del TRIBUNALE DI TRANI

1

SEDE DISTACCATA DI CANOSA DI PUGLIA, depositata il
14/06/2011 R.G.N. 16095/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 18/03/2015 dal Consigliere Dott. FRANCO
DE STEFANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

2

udito l’Avvocato PIETRO SCIUME’ per delega orale;

Svolgimento del processo
§ 1.

– La domanda proposta – con atto notificato tra il 27.3 ed il

2.4.07 – al giudice di pace di Canosa di Puglia da Luigi Sollazzo per
conseguire la solidale condanna della RAS spa (FGVS) e di Leonardo
D’Ambra al risarcimento dei danni, quantificati in complessivi € 1.020, da
lui patiti per un sinistro stradale occorso il 30.5.06, fu respinta con
sentenza n. 21 del 5.2.09: e l’appello proposto dal Sollazzo avverso
quest’ultima fu dichiarato inammissibile dal tribunale di Trani – sez. dist.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre oggi Luigi Sollazzo,
affidandosi a quattro motivi corredati da una richiesta di sospensione
dell’esecutività delle sentenze di merito e di rideterminazione del carico
delle spese di lite; gli intimati non espletano qui attività difensiva.
Motivi della decisione
§ 2.

– Il ricorrente si duole:

– col primo motivo, di generica “violazione o falsa applicazione delle
norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c., nullità della sentenza”,
sostanzialmente contestando la dichiarata inammissibilità dell’appello
nonostante la lamentata allegazione della violazione delle norme che
scandiscono l’evoluzione del procedimento dinanzi al giudice di pace;
– col secondo motivo, di “contraddittoria motivazione della sentenza
ex art. 360 c.p.c. comma 1, n. 5”, ribadendo che l’intervenuta
proposizione di domanda di regresso dell’assicuratrice aveva comportato,
anche perché cumulata con la principale, la sottrazione della sentenza del
giudice di pace al regime di appellabilità limitata e la conseguente
ammissibilità del dispiegato gravame;
– col terzo motivo, di “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 339
c.p.c. con riferimento al combinato disposto degli artt. 7 e 36 c.p.c.”,
riproponendo la tesi dell’ammissibilità dell’appello in dipendenza del
valore delle due domande, principale e di regresso dell’assicuratrice;

col quarto motivo, di “motivazione omessa, insufficiente e

contraddittoria della sentenza – errato convincimento del giudice
d’appello – art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c.”, censurando sotto vari profili
l’esclusione di responsabilità delle controparti e la condanna alle spese.
§ 3. – Va ricordata, preliminarmente, la necessità (sul punto, tra le
molte anche solo dell’ultimo anno, v. Cass., ord. 26 agosto 2014, n.

rg 1977-12- ud. 18.3.15 – est. cons. F. De Stefano

3

di Canosa di Puglia con sentenza 1.6.11, n. 87.

18218) che, per consentire a questa Corte di legittimità di prendere
cognizione delle doglianze ad essa sottoposte, nel ricorso si rinvengano
sia l’indicazione della sede processuale di produzione dei documenti o di
adduzione delle tesi su cui si fondano ed in cui si articolano le doglianze
stesse, sia la trascrizione dei primi e dei passaggi argomentativi sulle
seconde (tra le innumerevoli, v.: Cass., ord. 16 marzo 2012, n. 4220;
Cass. 1 febbraio 1995, n. 1161; Cass. 12 giugno 2002, n. 8388; Cass. 21
ottobre 2003, n. 15751; Cass. 24 marzo 2006, n. 6679; Cass. 17 maggio

2010, n. 17915, resa anche ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, cod. proc.
civ.; Cass. 31 luglio 2012, n. 13677; tra le altre del solo 2014: Cass. 11
febbraio 2014, nn. 3018, 3026 e 3038; Cass. 7 febbraio 2014, nn. 2823
e 2865 e ord. n. 2793; Cass. 6 febbraio 2014, n. 2712, anche per gli

errores in procedendo; Cass. 5 febbraio 2014, n. 2608; 3 febbraio 2014,
nn. 2274 e 2276; Cass. 30 gennaio 2014, n. 2072).
§ 4. – Ciò posto:
– il primo motivo – in disparte seri dubbi sulla specificità della
censura, per carente indicazione in rubrica delle norme di legge che si
vorrebbero violate – è infondato; è evidente che la mancata ammissione
di una c.t.u. non viola alcuna scansione del procedimento dinanzi al
giudice di pace, risolvendosi non già la c.t.u. stessa in un momento
indefettibile dello sviluppo di quello, ma piuttosto la determinazione del
giudice nella sua discrezionale scelta di non avvalersi di un mezzo di
integrazione valutativa del materiale istruttorio già ritualmente acquisito
e nei limiti in cui la parte onerata aveva assolto tale onere; pertanto, tale
censura non rientra tra le sole ammesse a fondamento dell’appello a
motivi limitati, previsto dal nuovo art. 339 cod. proc. civ., applicabile

ratione temporis;
– il secondo motivo ed il terzo motivo, unitariamente considerati,
sono inammissibili: in primo luogo, non è trascritta in ricorso la comparsa
con cui sarebbe stata dispiegata la domanda della convenuta, così
violando il disposto dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. ed impedendo a
questa Corte di riscontrare i termini di formulazione; in secondo luogo,
tali doglianze non colgono la ratio decidendi, di determinazione del valore
della domanda di regresso anch’essa entro il limite della pronunzia
secondo equità; in terzo luogo, le censure in esame invocano

rg 1977-12- ud. 18.3.15- est. cons. F. De Stefano

4

2006, n. 11501; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984; Cass., ord. 30 luglio

giurisprudenza di questa Corte non tanto relativa a fattispecie anteriori
alla novella dell’art. 339 cod. proc. civ., quanto soprattutto ad ipotesi in
cui la domanda riconvenzionale eccedeva i limiti per la decisione secondo
equità, mai potendo, per la determinazione del valore e secondo nozioni
di scolastica evidenza, sommarsi i valori della principale e della
riconvenzionale (o di domande proposte da soggetti diversi) ai fini
dell’individuazione della competenza;
– il quarto motivo è, infine, quanto alle prime doglianze

doglianza – infondato: con esso, da un lato, si pretende il riesame del
merito nonostante la preventiva e preclusiva valutazione di
inammissibilità dell’appello, valutazione che – per la sorte dei motivi che
la contestavano – va definitivamente confermata; dall’altro, è evidente il
tentativo di conseguire, per di più da questa Corte, il riesame del merito
e dei fatti, pretendendo il ricorrente di sostituire la sua personale
ricostruzione del materiale istruttorio a quella del giudice del merito: ciò
che è sempre proibito in sede di legittimità; ancora, nessun diritto
potrebbe mai avere la parte soccombente, quale inequivocabilmente
doveva qualificarsi il Sollazzo per aver visto respinta ogni sua pretesa, a
vedersi compensate le spese di lite.
§ 5. – Infondato il primo ed inammissibili – o, in parte, infondati gli altri motivi, come pure inammissibili risultando le istanze di
sospensione rivolte direttamente a questa Corte e discendendo dalla
sorte dei motivi di doglianza anche la reiezione di ogni domanda di nuova
regolamentazione delle spese di lite, il ricorso va rigettato. Ma non vi è
luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità, per
non avere gli intimati svolto in questa sede alcuna attività difensiva.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione
civile della Corte suprema di cassazione, addì 18 marzo 2015.

inammissibile, sotto un duplice profilo, nonché – quanto all’ultima

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