Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12687 del 12/05/2021
Cassazione civile sez. I, 12/05/2021, (ud. 02/02/2021, dep. 12/05/2021), n.12687
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. MELONI Marina – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 11712/2019 proposto da:
S.K., elettivamente domiciliato presso l’avv. Antonino
Ciafardini che lo rappres. e difende, con procura speciale in atti;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., elett.te domic.
presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappres. e difende;
Procura della Repubblica presso il Tribunale di L’Aquila;
– intimati –
avverso il decreto del TRIBUNALE di L’AQUILA, depositata il
28/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
02/02/2021 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.
Fatto
RILEVATO
CHE:
S.K., cittadino del (OMISSIS), propose ricorso innanzi al Tribunale di L’Aquila, avverso il provvedimento della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale. Il ricorrente aveva dichiarato, innanzi alla Commissione, di aver lasciato il paese d’origine il 28.10.10, in quanto il padre, di religione (OMISSIS), aveva costruito una moschea nel villaggio ove viveva e che, per tale ragione, era stato ucciso dagli altri abitanti, tutti di religione (OMISSIS), mentre l’istante era stato aggredito, per poi abbandonare il (OMISSIS) e giungere in Italia nel 2016, dopo aver transitato per i vari Paesi.
Con decreto emesso il 28.2.19, il Tribunale ha rigettato il ricorso, osservando che: non ricorrevano i presupposti dello status di rifugiato, non risultando dal racconto del ricorrente una ipotesi di persecuzione, nè di protezione sussidiaria, poichè nella regione di provenienza non erano emersi provvedimenti comportanti la pena di morte, la tortura, o il pericolo di danno grave derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto, come desumibile dal report esaminato del 2017; non sussistevano i presupposti della protezione umanitaria, sia per la mancata allegazione di condizioni di vulnerabilità, sia per la mancata prova dell’integrazione in Italia (essendo stato prodotto un contratto a tempo determinato, ormai scaduto).
S.K. ricorre in cassazione con quattro motivi.
Il Ministero ha depositato atto di costituzione al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Diritto
RITENUTO
CHE:
Il primo motivo deduce la nullità del decreto impugnato per motivazione contraddittorìa e/o apparente, perchè articolata attraverso brevi proposizioni inidonee all’esplicitazione delle ragioni della decisione.
Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, per non aver il Tribunale applicato il principio dell’onere probatorio attenuato e per non aver valutato la credibilità del richiedente secondo i parametri legali.
Il terzo motivo denunzia violazione del D.Lgs. n. 251, art. 14, lett. c), per non aver il Tribunale riconosciuto la protezione sussidiaria, avendo escluso la situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato in (OMISSIS).
Il quarto motivo denunzia violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non aver il Tribunale riconosciuto la protezione umanitaria, adottando una motivazione apparente.
Il primo e quarto motivo, esaminabili congiuntamente poichè tra loro loro connessi, sono infondati poichè il decreto impugnato, riguardo ad ogni questione proposta, è sufficientemente motivato, mentre la censura di contraddittorietà è inammissibile ratione temporis in quanto declinata sulla base della fattispecie abrogata di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il secondo motivo è inammissibile poichè generico; peraltro, il ricorrente si duole anche della violazione dei criteri legali di valutazione della credibilità del ricorrente che, però, non ha costituito un motivo della decisione impugnata.
Il terzo motivo, infine, è inammissibile tendendo al riesame dei fatti circa la fattispecie D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), in tema di protezione sussidiaria, avendo il Tribunale pronunciato sulla questione sulla base dell’esame del report citato. Al riguardo, il ricorrente ha altresì lamentato genericamente l’erronea valutazione della situazione socio-politica nella regione di provenienza, limitandosi a indicare giurisprudenza su fattispecie ritenute analoghe.
Nulla per le spese del giudizio, atteso che il Ministero si è costituito, non svolgendo difese, al solo fine di partecipare all’udienza di discussione, che non è stata celebrata, senza depositare il controricorso.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021