Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12687 del 05/06/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 12687 Anno 2014
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 18631-2008 proposto da:
NUZZO

GIANLUCA

NZZGLC71D05B180Y,

NUZZO ANTONIO

NZZNTN66S23B180E, SAPONARO COSIMA SPNCSM32E54B180L,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA A SCARLATTI 4,
presso lo studio dell’avvocato CAROLI CASAVOLA HILDE,
rappresentati e difesi dall’avvocato CAROLI CASAVOLA
2014

FRANCESCO;
– ricorrenti –

752

contro

CONTU PIERO;
– intimato –

Data pubblicazione: 05/06/2014

avverso la sentenza n. 64/2008 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositata il 25/01/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/03/2014 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;

dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento delle
proprie difese;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
l’inammissibilità,

in subordine rigetto del primo

moivo e per l’accoglimento del secondo motivo del
ricorso.

udito l’Avvocato CAROLI CASAVOLA Francesco, difensore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 7/6/1994 i coniugi Francesco Nuzzo e
Cosima Saponaro convenivano in giudizio Contu Piero per
sentire dichiarare la risoluzione di un contratto
preliminare, stipulato il 23/8/1991, con il quale si

circa 51 ettari al prezzo di lire 350.000.000 dei quali
già ricevuti 40.000.000.
Gli attori esponevano:
– che era stabilito che il saldo prezzo sarebbe stato
versato al momento della conclusione della pratica di
mutuo con la Cassa per la formazione della piccola
proprietà

contadina

da

perfezionarsi

entro

il

30/3/1993; se il mutuo fosse stato erogato dopo tale
data il Contu avrebbe dovuto corrispondere gli
interessi sul capitale dovuto a saldo;

che tuttavia la pratica di mutuo non si era

perfezionata

e

per

tale

motivo

chiedevano

la

risoluzione del contratto, il rilascio del bene e il
risarcimento dei danni.
Il Contu opponeva che la pratica di mutuo non si era
perfezionata per fatto addebitabile agli stessi attori
e in riconvenzionale chiedeva sentenza costitutiva del
trasferimento e il risarcimento dei danni.

.

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erano impegnati a vendergli una azienda agricola di

La causa proseguiva nei confronti degli eredi del
Nuzzo, odierni ricorrenti.
Con sentenza dell’11/4/2006 il Tribunale di Brindisi
accoglieva la domanda dei Nuzzo e dichiarava la
risoluzione del contratto per inadempimento del Contu

rigettava la domanda riconvenzionale di esecuzione in
forma specifica del contratto.
Contu proponeva appello e la Corte di Appello di Lecce
con sentenza del 25/1/2008 rigettava sia la domanda di
risoluzione per inadempimento proposta nei confronti
del Contu, sia la domanda di esecuzione specifica del
contratto proposta dal Contu nei confronti degli attori
principali.
La Corte di Appello rilevava che l’inadempimento del
Contu non risultava provato e che la mancata erogazione
del finanziamento non era addebitabile al Contu; traeva
questo convincimento dalla testimonianza del perito
agrario Trinchera al quale il Contu aveva affidato
l’incarico di seguire la pratica per il finanziamento,
nonché dai riscontri desunti dalla testimonianza del
teste De Leonardis e del teste De Grosso e alla luce
dei documenti prodotti in causa; al contrario il
mancato perfezionamento della pratica era addebitabile

che condannava all’immediato rilascio del bene;

ai venditori in quanto l’ulteriore documentazione
necessaria doveva essere fornita anche dai venditori i
quali, tuttavia, con telegramma del 20/4/1993 avevano
diffidato il Trinchera dal produrre documentazione a
loro nome senza autorizzazione e gli avevano comunicato

Cassa;

successivamente

a quella

comunicazione

venditori non avevano posto in essere alcun concreto
adempimento; infine il 10/3/1994 la Cassa rendeva noto
che la pratica era archiviata per mancanza della
documentazione

per

l’istruttoria

legale

e

amministrativa.
La Corte di Appello osservava inoltre che

nel

preliminare era stato fatto espresso riferimento
all’erogazione del mutuo da parte della Cassa sicchè la
circostanza che la stessa dovesse erogare il mutuo solo
con patto di riservato dominio non si poneva in
contrasto con gli accordi di cui al preliminare.
La Corte territoriale, infine, rilevava:
– che la concessione del mutuo integrava una condizione
sospensiva che non si era verificata e che non poteva
considerarsi ancora pendente tenuto conto della
risposta negativa data dalla Cassa e del lasso di
tempo

trascorso

(17

anni)

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dalla

comunicazione

che era impossibile il prosieguo della pratica Contu –

dell’archiviazione della pratica per la concessione del
mutuo;
– che per il mancato avveramento della condizione il
preliminare era divenuto inefficace e, in ogni caso, la
domanda di esecuzione in forma specifica del contratto

acquirente non aveva offerto in pagamento del prezzo;
– che i provvedimenti restitutori del bene non potevano
essere pronunciati in assenza di domanda.
Saponaro Cosima e Nuzzo Gianluca e Antonio hanno
proposto ricorso affidato a due motivi.
Contu Piero è rimasto intimato.
Motivi della decisione
l. Con il primo motivo i ricorrenti deducono il vizio
di motivazione della sentenza anche in relazione agli
artt. 113 e 116 c.p.c. e sostengono che la Corte di
appello non avrebbe considerato che la documentazione
mancante non era quella che doveva essere fornita dai
proprietari di allora (gli Intini), ma quella che
doveva essere fornita dallo stesso Contu; questa
conclusione, a loro dire, sarebbe suffragata da
argomenti che possono essere definiti “inferenziali” e
desunti di stralci di testimonianze (del Trinchera), da
una particolare lettura del telegramma 20/4/93, che

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non poteva trovare accoglimento perché il promissario

invece, secondo il giudice di appello costituiva
diffida a produrre documentazione a loro nome e da una
particolare lettura della lettera 9/7/1993 che secondo
i ricorrenti avrebbe costituito revoca della precedente
diffida e che secondo la Corte di Appello è invece atto

concreto da parte dei venditori.
Aggiungono stralci di testimonianze

(Del Grosso,

Antonio Nuzzo) dalla quali dovrebbe risultare
l’intenzione del Contu di non coltivare la pratica non
volendo aderire alla richiesta di pagamento degli
interessi sulle somme ricevute in ritardo.
Lamentano inoltre la mancata revoca del sequestro
giudiziario.
1.1 Il motivo è inammissibile per due autonome, ma
concorrenti ragioni:
– manca il momento di sintesi con riferimento al vizio
di motivazione e manca il quesito di diritto con
riferimento alla violazione di legge, invece prescritti
a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c.
vigente

ratione temporis e in relazione alla data di

pubblicazione della sentenza impugnata;
privo di specificità e, dunque, inammissibilmente
generico: la Corte di Appello mostra di ritenere che

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irrilevante in quanto non seguito da alcun adempimento

anche gli attori erano tenuti a compiere qualche
adempimento; ciò risulta in particolare alla pagina 8
della sentenza laddove la Corte di Appello, dopo avere
riferito che nella lettera 9/7/1993 la Saponara si
dichiarava disponibile per la sollecita definizione
“nessun adempimento concreto

da parte dei venditori risulta dimostrato”;

tuttavia

nel motivo di ricorso manca l’indicazione di quali
sarebbero stati i documenti mancanti per il
perfezionamento della pratica, onde potere valutare la
rilevanza delle censure sotto il profilo della non
imputabilità ai ricorrenti (promittenti venditori e
quindi presumibilmente in possesso di tutta la
documentazione pertinente al bene di proprietà) delle
rilevate carenze documentali; neppure è indicato come e
in quali termini questa questione di puro merito,
sollevata con il ricorso, fosse stata introdotta
davanti alla Corte di Appello.
Inammissibile è pure la censura sulla mancata revoca
del sequestro giudiziario che doveva essere dedotta
come omessa pronuncia e potendo la revoca essere in
ogni caso disposta con ordinanza dal giudice che ha
emesso il provvedimento ai sensi dell’art. 669 novies
comma 3 c.p.c.

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della pratica, osserva che

2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono
l’erronea interpretazione e la violazione dell’art.
189 c.p.c. e il vizio di motivazione.
I ricorrenti sostengono che la Corte di Appello ha
errato nel ritenere non proposta la domanda di

stata proposta in primo grado e accolta con la sentenza
di primo grado; di tale statuizione era implicitamente
richiesta la conferma con la richiesta di integrale
rigetto del gravame, formulata con la costituzione in
appello.
I ricorrenti,

formulando il quesito di diritto,

chiedono se vi è stata violazione dell’art. 189 c.p.c.
premettendo che la richiesta di rigetto dell’appello
era di per sé sufficiente, tenuto conto della condotta
processuale degli appellati, per ritenere che la
stessa postulasse la conferma di tutte le statuizioni
del primo giudice.
2.1 Le domande proposte in primo grado erano:
a) quella degli attori, diretta ad una pronuncia
costitutiva di risoluzione del contratto per
inadempimento del Contu con la connessa domanda di
rilascio del bene oggetto del contratto;

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restituzione del bene perché invece la domanda era

b) quella del Contu, di esecuzione specifica del
contratto preliminare.
Entrambe le domande sono state rigettate dalla Corte di
Appello: quella di risoluzione perché era stato escluso

specifica perché il contratto preliminare era divenuto
inefficace e, in ogni caso, perchè il Contu non aveva
offerto il prezzo.
La Corte di Appello ha poi ritenuto di non potere
adottare provvedimenti restitutori del bene perché non
era stata proposta domanda in tal senso, implicitamente
ritenendo che tali provvedimenti avrebbero potuto
essere adottati se vi fosse stata domanda.
Così

delimitato

l’ambito del giudizio,

si deve

osservare che domanda di restituzione del bene detenuto
dal Contu era stata formulata e accolta in primo grado
ancorchè come conseguenza dell’accoglimento della
domanda di risoluzione.
La Corte di Appello ha accertato l’inefficacia del
preliminare per il mancato avveramento della condizione
sospensiva, accertamento rilevante anche ai fini del
rigetto della domanda di esecuzione in forma specifica
(osservando inoltre che il Contu, il quale chiedeva
l’esecuzione in forma specifica non aveva offerto il

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l’inadempimento del Contu e quella di esecuzione

prezzo), ma non ha valutato, omettendo ogni motivazione
al riguardo (e ritenendo senza alcuna motivazione la
mancanza di domanda), la rilevanza della domanda di
rilascio del bene già formulata e accolta in primo

di costituzione in appello con la quale era richiesta
la conferma della sentenza di primo grado che disponeva
la restituzione del bene.
Pertanto, in accoglimento del secondo motivo, la
sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio,
anche per le spese, ad altra sezione della Corte di
Appello di Lecce per l’esame della domanda di rilascio
del bene.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie
il secondo motivo.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione
della Corte di Appello di Lecce.
Così deciso in Roma, addì 25/3/2014.

grado e la rilevanza delle conclusioni della comparsa

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