Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12685 del 19/06/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 12685 Anno 2015
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 24861-2011 proposto da:
NICOLETTI MARIO NCLMRA51E02L433A, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA AURELIA 424, presso lo studio
dell’avvocato VINCENZO CIAFFI, rappresentato e difeso dagli
avvocati ALESSANDRA BELTRAMINI, FEDERICO PRANOVI
giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
BICEGO DIALMA, BICEGO DARIO;
– intimati –

Data pubblicazione: 19/06/2015

avverso la sentenza n. 207/2010 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 15/07/2010, R.G.N. 2038/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
28/01/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito l’Avvocato VINCENZO CIAFFI per delega;

CARMELO CELENTANO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nel 2005 Dialma e Dario Bicego, comproprietari di un immobile sito
in Trissino e condotto in locazione, per uso alberghiero, da Nicoletti
Mario, intimavano a quest’ultimo sfratto per morosità determinata da
autoriduzione del canone relativamente ai mesi da marzo 2004 a marzo
2005, avendo il conduttore, nei mesi indicati, versato un canone
mensile pari ad € 2.325,00 in luogo di quello pattuito, pari ad €
3.357,00.
Si costituiva il Nicoletti deducendo che i locatori non si erano limitati a
chiedere l’aumento ISTAT del canone, come pattuito con il contratto
del 21 ottobre 1999, ma, con due scritture private sottoscritte dalle
parti in data 18 aprile 2004, avevano preteso un sostanziale aumento
del canone pari, in base ad una delle dette scritture, registrata a
Valdagno, ad € 2.325,00 mensili, e pari, in virtù dell’altra scrittura, non
registrata, ad € 3.357,00; eccepiva la nullità di tali ultime pattuizioni ex
artt. 32 e 79 della legge n. 392 del 1978 e chiedeva il rigetto della
domanda di rilascio e la condanna dei locatori al pagamento
dell’importo di € 28.567,00 versato a titolo di illegittimo aumento del
canone, oltre interessi e rivalutazione monetaria.
Il Tribunale di Vicenza – sezione distaccata di Schio, ritenendo il
rapporto tra le parti regolato dal contratto del 1999, non novato dalle
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udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

successive scritture, rigettava la domanda dei locatori e, accogliendo la
domanda riconvenzionale, li condannava al pagamento, in favore del
conduttore, dell’importo di € 28.567,00, oltre interessi, nonché alle
spese di lite.
Avverso tale decisione Dialma e Dario Bicego proponevano gravame,

La Corte di appello di Venezia, con sentenza del 15 luglio 2010,
ritenendo che il rapporto di locazione tra le parti fosse regolato dal
contratto in data 18 aprile 2003, che prevedeva il canone mensile più
elevato, avendo le parti, con tale atto novato il precedente contratto del
21 ottobre 1999, in riforma dell’impugnata sentenza, accertava che il
contratto di locazione stipulato tra le parti prevedeva un canone
mensile di € 3.357,00 e condannava il Nicoletti a corrispondere ai
locatori l’importo di € 7.224,00, oltre interessi legali dalla domanda al
saldo; rigettava la domanda di risoluzione del contratto di locazione del
21 ottobre 1999 e la conseguente condanna di rilascio; rigettava la
domanda riconvenzionale proposta dal Nicoletti e compensava per
intero tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Avverso la sentenza della Corte di merito Nicoletti Mario ha proposto
ricorso per cassazione sulla base di nove motivi.
Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si lamenta nullità della sentenza e/o del
procedimento in quanto la Corte di merito, in violazione degli artt. 345
e 112 c.p.c., si sarebbe pronunciata su una domanda nuova introdotta
solo in grado d’appello e, quindi inammissibile, e non si sarebbe
pronunciata sulle domande poste dagli appellanti.

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cui resisteva il Nicoletti.

2. Con il secondo motivo si deduce che la Corte di merito, ritenendo
sussistente la novazione del contratto sottoscritto tra le parti il 21
ottobre 1999 e registrato il 28 ottobre 1999 ad opera della
“integrazione” al predetto contratto, avrebbe errato nell’applicare l’art.
1230 c.c., avendo omesso l’accertamento dell’akquid novi e dell’animus

3. Con il terzo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione
dell’articolo 1325 c.c., sostenendosi che la Corte di appello avrebbe
errato nel ritenere le “integrazioni” del contratto di locazione
commerciale del 1999, datate 18 aprile 2003, di cui una soltanto
registrata all’Agenzia delle Entrate, “costituenti autonomi e vincolanti
contratti locazione, in seguito alla novazione del precedente datato
21.10.1999, attesa l’assenza dei requisiti minimi necessari per la
costituzione di un contratto ai sensi dell’art. 1325 c.c.”, non
contenendo quelle scritture l’indicazione dell’immobile oggetto del
contratto e neppure l’indicazione della durata.
4. Con il quarto motivo si deduce omessa ovvero insufficiente e/o
contraddittoria motivazione, non avendo la Corte di merito “spiegato”
come la presunta novazione del contratto del 1999 possa coniugarsi
con la domanda giudiziale formulata dagli appellanti di inadempimento
del medesimo contratto ed è, quindi, contraddittoria sul punto.
5. Con il quinto motivo si lamenta omessa ovvero insufficiente e/o
contraddittoria motivazione, non avendo la Corte di merito “spiegato”
come la presunta novazione del contratto del 1999 possa coniugarsi
con il tenore letterale delle scritture integrative del 2003 / in cui “non
solo non si esprime alcuna volontà novativa, ma le parti espressamente
dichiarano di porre in essere un accordo integrativo del predetto
contratto datato 21.10.1999”.
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novandi.

6. Con il sesto motivo si prospetta omessa ovvero insufficiente e/o
contraddittoria motivazione, avendo la Corte di merito omesso di
valutare che alcuna allegazione e/o documentazione in conformità a
quanto richiesto dall’art. 2697 c.c. e confermato dalla costante
giurisprudenza sia stata fornita da locatori circa l’effettivo ampliamento

contestazione formulata dal conduttore sul punto.
7. Con il settimo motivo ci si duole di violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 2697 c.c., avendo la Corte di merito errato nel ritenere
sussistente il presunto ampliamento dell’albergo, non essendo stata
fornita al riguardo alcuna prova degli attori a fronte della contestazione
del convenuto.
8. Con l’ottavo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione
degli artt. 32 e 79 della legge n. 392 del 1978.
Ad avviso del ricorrente, la Corte territoriale avrebbe errato nel
ritenere meritevoli di tutela le scritture datate 18 aprile 2003, essendo
esse contrarie al combinato disposto dei richiamati articoli della legge
n. 392 del 1978 e perciò affette da nullità, stante la palese violazione
del diritto del conduttore di non vedersi aumentato il canone per la
durata legale del contratto salvo l’eventuale aumento cd. ISTAT, se
richiesto.
9. Con il nono motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 23 della legge 392 del 1978, atteso che le scritture del 18 aprile
2003 sarebbero affette da nullità, in base alla predetta norma, che
stabilisce che, in tema di locazioni ad uso non abitativo, qualora si
eseguano opere di straordinaria manutenzione di rilevante entità come, in ipotesi, per il Nicoletti, potrebbe essere considerato l’asserito
ampliamento -, il locatore può chiedere che il canone venga integrato
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dell’immobile, “in fatto e nella sua misura”, a fronte della

con un aumento non superiore all’interesse legale sul capitale
impiegato nelle opere e nei lavori effettuati, dedotte tutte le indennità e
i contributi di ogni natura che il locatore abbia percepito o che
successivamente venga a percepire per le opere eseguite, e si lamenta
che sull’eccezione, proposta al riguardo dall’appellato, nulla avrebbe

10. Al ricorso in esame non si applica il disposto di cui all’art. 366 bis
c.p.c. – inserito nel codice di rito dall’art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n.
40 ed abrogato dall’art. 47, coma 1, lett. d) della legge 18 giugno
2009, n. 69 – in considerazione della data di pubblicazione della
sentenza impugnata (15 luglio 2010), pur se la parte ricorrente ha,
comunque, formulato, per ogni motivo di ricorso, il relativo quesito.
11. I motivi proposti, essendo strettamente connessi, possono essere
esaminati congiuntamente.
11.1. Osserva questa Corte che la censura prospettata con il primo
motivo è infondata, atteso che, come evidenziato dalla Corte di merito,
la questione della novazione dell’originario rapporto contrattuale è
stata introdotta già in primo grado dallo stesso conduttore ed
esaminata, sia pure per escluderla, dal Tribunale. Inoltre, e tale punto
non risulta neppure espressamente censurato dal ricorrente, la Corte
territoriale ha pure evidenziato che “la parte appellante” (i locatori),
chiedendo “di accertare che il rapporto locatizio tra le parti prevede un
canone di € 3.357,00, ha, chiaramente, sin dall’inizio, inteso chiedere di
accertare che è proprio il contratto di locazione del 18 aprile 2003 (che
tale canone prevede) quello che regola il rapporto tra le parti”, sicché
non può ritenersi, come invece sostenuto dal ricorrente, che la Corte di
merito abbia omesso di pronunciarsi sul petitum e neppure può,
sostenersi, contrariamente a quanto assume il Nicoletti, che sulla
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argomentato la Corte territoriale.

novazione si sia formato il giudicato. È del tutto evidente che già solo
ai fini dell’accertamento dell’entità del canone necessariamente occorre
procedere a verificare la sussistenza o meno della natura novativa, o
eventualmente integrativa, delle scritture dell’aprile 2003.
A quanto precede deve aggiungersi che la novazione non forma

e dalla disciplina quali delineate negli artt. 1230 – 1235 c.c., poste a
raffronto con l’espressa previsione della non rilevabilità d’ufficio della
compensazione (art. 1242 c.c.), e quindi il giudice può rilevare d’ufficio
il fatto corrispondente, ove ritualmente introdotto nel processo (Cass.
8 aprile 2009, n. 8527; v. pure Cass. 29 marzo 1999, n. 3026).
11.2. Procedendo nello scrutinio delle censure proposte, si rileva che
non sussiste la lamentata violazione dell’art. 1230 c.c., avendo la Corte
di merito accertato la ricorrenza nella specie sia dell’ aliquid novi che
dell’ animus novandi (v.

sentenza p. 5 e 6), evidenziandosi che

l’accertamento della ricorrenza di tali elementi costituisce compìto
proprio del giudice di merito insindacabile in sede di legittimità se come nella specie – logicamente e correttamente motivato ( Cass. 21
maggio 2007, n. 11672; Cass. 9 marzo 2010, n. 5665 e Cass. 9 marzo
2010, n. 5673) e che, in particolare, l’ animus novandi ben può desumersi,
per implicito, da fatti concludenti (Cass. 23 ottobre 1979, n. 5538 e
Cass. 23 dicembre 1987, n. 9620).
11.3. Peraltro, in relazione al

thema decidendum

relativo alla

determinazione dell’entità del canone dovuto nel periodo in
contestazione, poco rileva che le pattuizioni sottoscritte nell’aprile
dell’anno 2003 abbiano valore novativo o meramente integrativo,
atteso che, comunque, tali pattuizioni si basano sull’intervenuto
ampliamento del bene locato, essendo state costruite quattro nuove
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oggetto di un’eccezione in senso proprio, come si deduce dalla nozione

camere pure completamente arredate dai locatori e rese disponibili per
l’utilizzo, da parte del conduttore, dal mese di maggio 2003, come
risulta espressamente da entrambe le predette scritture del 18 aprile
2003, sottoscritte da tutte le parti contraenti, il cui tenore letterale è
riportato in ricorso, né il conduttore ha dimostrato che tale

sia verificato, né potendosi ritenere lo stesso opera di straordinaria
manutenzione, come sostenuto dal Nicoletti, senza peraltro precisare come era suo onere per non incorrere nel vizio di inammissibilità della
censura per novità – se, in quali termini e in quale atto tale questione
sia stata già eventualmente dedotta dinanzi al giudice di merito, sicché
non sussistono le lamentate nullità delle pattuizioni in parola.
11.4. Da quanto precede consegue l’assorbimento dell’esame di ogni
ulteriore questione pure sollevata dal ricorrente.
12. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
13. Non vi é luogo a provvedere per le spese del presente giudizio di
legittimità nei confronti degli intimati, non avendo gli stessi svolto
attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Supre ia i assazione, il 28 gennaio 2015.

ampliamento, contrariamente a quanto risulta da prova scritta, non si

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